Toscana

Trapianti, un errore umano mette in crisi un settore all’avanguardia

Una task force internazionale che comprende i più importanti infettivologi europei e americani seguirà i tre pazienti ai quali sono stati impiantati organi infettati da Hiv espiantati all’Ospedale fiorentino di Careggi. Con i massimi esperti internazionali lavoreranno anche i medici Francesco Menichetti, di Pisa, e Francesco Leoncini di Careggi coordinati dal professor Paolo Grossi infettivologo del programma nazionale Hiv.

Intanto, continua l’inchiesta della procura di Firenze che ipotizza il reato di lesioni colpose, mentre è stata avviata la procedura per la sospensione dal servizio della biologa responsabile dell’errore. Un errore «gravissimo» quanto «inevitabile» agiudizio del direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa, che così commentato quanto avvenuto a Careggi dove gli organi espiantati da una donna di 41 anni, sieropositiva, sono stati impiantati su tre pazienti toscani.

A rendere noto il fatto, a poche ore dall’emergere dell’errore, sono stati il direttore dell’Organizzazione toscana trapianti, Franco Filipponi, e il direttore sanitario dell’Azienda ospedaliero universitaria di Careggi, Mauro Marabini. All’origine c’è lo sbaglio da parte di una dirigente biologa del laboratorio di analisi dell’Ospedale fiorentino che ha trascritto manualmente come «negativo», anziché «positivo» al virus Hiv, il risultato fornito dal macchinario utilizzato per l’esame del sangue. L’incidente è emerso nel corso di una analisi successiva al trapianto compiuta su campioni di sangue e tessuti della donatrice nel laboratorio di analisi dell’archivio biologico di Pisa.

I tre organi, fegato e reni, erano stati espiantati nei giorni scorsi all’Ospedale di Careggi da una donna morta per una emorragia cerebrale che, secondo i sanitari, era quasi sicuramente all’oscuro di essere sieropositiva.

L’errore, ha precisato Nanni Costa, «è avvenuto all’esterno delle procedure standardizzate, che sono state messe in atto anche in questo caso, e la cui validità è riconosciuta a livello internazionale», mentre «non è possibile impedire un errore umano».

Il Tribunale del malato di Firenze invita comunque a non lasciare ad un unico operatore «il controllo, la gestione e la comunicazione di un dato così importante», mentre l’associazione dei Donatori di organi (Aido) chiede di aggiornare il protocollo per consentire «un ulteriore passaggio», «un doppio livello di controllo» ritenuto indispensabile anche dal coordinatore del Gruppo di lavoro del ministero della Salute sulla sicurezza dei pazienti. «Quanto accaduto è assolutamente intollerabile e inaccettabile», a giudizio dell’Associazione toscana trapianti organi: «Non si possono giustificare – dice la presidente Loriana Collaveri – errori che provocano conseguenze così gravi sui pazienti».

Per il Codacons si tratta di un grave episodio di «malasanità». «È impensabile che al giorno d’oggi e con le moderne apparecchiature possano ancora verificarsi episodi di tale gravità», afferma il presidente dell’associazione dei consumatori, Carlo Rienzi. Ma «creare allarmismo dopo questo caso, per fortuna rarissimo, potrebbe avere – avverte il direttore dell’Organizzazione toscana trapianti – conseguenze negative su tante persone che sono in attesa di trapianto».

E la Toscana, fra l’altro, è una delle regioni dove le donazioni sono numerose e i tempi di attesa per i trapianti molto più bassi della media nazionale. Ma «quanto accaduto – a giudizio anche dell’assessore regionale per il diritto alla salute, Enrico Rossi – è di una estrema gravità, una tragedia che ci addolora tutti profondamente, sulla quale vogliamo prima di tutto che si accerti la verità». Rossi ha quindi espresso «la più profonda solidarietà e il sostegno pieno della Regione ai pazienti e ai loro familiari. È terribile affidarsi al servizio sanitario con la speranza e la fiducia di poter risolvere gravi problemi di salute e trovarsi poi ad affrontare altri e così gravi rischi. Adesso è nostro dovere seguire questi pazienti sotto ogni profilo per aiutarli nei prossimi accertamenti e nelle cure appropriate e per assicurare loro il giusto risarcimento».

La biologa scrive una lettera ai pazienti. Sospesi prelievi tessuti dopo il ritardo di due giorni nella comunicazione della positività ad Hiv degli organi trapiantati.

Poli (Medici cattolici): più collaborazione Il problema dell’errore in medicina è vecchio come il mondo – afferma Riccardo Poli, presidente dei Medici cattolici della Toscana – e per questo nella nostra regione c’è un sistema di protezione molto meticoloso, soprattutto nelle aeree più a rischio come i trapianti. Non dobbiamo dimenticare però che, nella sanità, il rischio zero non è contemplato e che, soprattutto negli interventi più difficili e delicati, in cui si lavora con tempi molto stretti e in cui sono coinvolte tante persone, le possibilità di errore esistono. Questo non significa che ci si debba rassegnare, anzi ci deve spingere ad affinare sempre di più le procedure. Per questo quello che conta non è tanto la repressione, quanto prevenire gli errori eliminando tutti i rischi evitabili. E questo lo si può fare solo con la collaborazione serena e responsabile di tutti: infermieri, medici, scienziati». UNIMED: L’errore zero è un illusione Quanto è successo a Careggi riporta alla “necessità di omettere definitivamente l’illusione dell’errore zero sia nell’ambito umano e sanitario sia nello specifico settore dei trapianti”. Lo scrive in una nota Clemente Crisci, responsabile dell’associazione Unimed. “Firenze, Durham (USA) e Zurigo sono tre città unite da un tragico evento nel settore dei trapianti dovuto ad errore umano non chirurgico – scrive Crisci -. Il 7 febbraio del 2003 nella struttura clinica della Duke University (North Carolina), una delle 10 più prestigiose università americane, ad una ragazza furono trapiantati cuore e polmoni di un donatore con gruppo sanguigno non compatibile. Il 23 aprile 2004 nell’ospedale universitario di Zurigo ad una paziente fu trapiantato il cuore di un donatore non compatibile come gruppo sanguigno”.

Questi due decessi “e la probabile contaminazione da HIV del caso fiorentino – prosegue Crisci – devono rappresentare uno stimolo a riesaminare i gradini dei diversi percorsi clinici ed i protocolli con l’intento di evidenziare i punti critici e di proporre soluzioni sicure e innovative. Le sanzioni non servono e tanto meno le chiusure delle strutture assistenziali coinvolte. Nello specifico dei trapianti si rende necessaria una ponderata presa d’ atto che porti ad un’ampia e partecipata revisione del sistema utilizzato e seguito. Anche a Firenze – conclude Crisci – per il controllo dei parametri laboratoristici di vitale importanza si potrebbe inserire l’obbligo di un doppio controllo sia strumentale sia umano”. (ANSA).

ORA IL RISCHIO E’ IL CROLLO DELLE DONAZIONI L’anonimato del donatore e dei riceventi è “uno strumento di garanzia” e la legge proibisce di diffondere qualsiasi dato che possa consentire a chicchessia di scoprirne le generalità. Franco Filipponi, direttore dell’organizzazione toscana trapianti non nasconde le sue preoccupazioni sul futuro delle donazioni, sul loro numero che potrebbe avere un’inversione di tendenza, e chiede “tutela” proprio per quanti fanno la scelta di “donare una o più parti del loro corpo gratuitamente”.

L’errore umano della biologa di Careggi, “tragico, ma sempre un errore”, precisa ancora Filipponi, oltre a mettere a repentaglio il futuro dei tre trapiantati, rischia di aprire un altro fronte di “crisi”, quello delle donazioni, che dal 1992 ad oggi sono state in costante crescita con un’impennata dopo il 2000, quando venne creato il Centro trapianti nazionale. L’appello Filipponi non sembra rivolgerlo a qualcuno in particolare, ma da lui arriva l’invito a “stare attenti a non maltrattare i donatori: bisogna tutelarli – ribadisce – perché si è visto che per un errore si può finire sui giornali, si può essere offesi anche da morti”. Una tutela per la quale basterebbe attenersi alle norme contenute nella legge, a ricordarsi “il grande gesto di civiltà che si compie decidendo di donare gli organi, senza dimenticare quando eravamo emigranti per le donazioni e pochi erano i malati che riuscivano a salvarsi”.

Se oggi l’Italia è il secondo Paese al mondo, dietro la Spagna per numero di donatori (nel 2006 erano 21,7 per milione di abitanti) lo si deve in gran parte “all’impegno dei centri regionali, ma anche alla sensibilità dimostrata ogni giorno da quanti fanno questa scelta”, aggiunge. Scelta che porta ad un’equazione semplice, con un risultato scontato: “più donatori significa più trapianti, più trapianti vuol dire meno morti tra i malati in lista di attesa”.

Filipponi fa parlare le cifre: “La Toscana è la regione italiana dove il numero dei donatori è più alto, nel 2006 quasi il doppio di quelli nazionali 42,3 per milioni di abitanti. Se nel 2005 i trapianti effettuati erano stati 271, lo scorso anno – ricorda il direttore – siamo arrivati a 333. Cerchiamo di non creare allarmismi inutili e di tutelare tutti”. (ANSA).

Le dieci tappe della sicurezza Sono dieci i passaggi fondamentali sui quali si basa il protocollo italiano per la sicurezza dei trapianti, considerato uno dei migliori al mondo. Le procedure, consolidate da una pratica di 40 anni in questo campo, sono riportate nelle Linee guida del ministero della Salute per la valutazione di idoneità del donatore. Questo è il principale punto di riferimento, ma non l’unico: gli esperti di tutta Italia hanno a disposizione 24 ore su 24 una task force di esperti, chiamata Second opinion, alla quale possono rivolgersi per esaminare casi clinici di dubbia interpretazione. Ne fanno parte due medici del Centro nazionale trapianti, un medico legale, un infettivologo, un anatomopatologo e un rianimatore.

Introdotte nel 2002, le Linee guida sono state predisposte per ridurre al minimo i fattori di rischio, o quantomeno per renderli evidenti molto precocemente. Ecco i dieci punti delle linee guida per valutare lo stato di salute del donatore prima e durante il prelievo di un organo:

– ANAMNESI: attraverso interviste a familiari e conoscenti del potenziale donatore i medici acquisiscono informazioni su malattie (autoimmuni, infettive o tumori), abitudini sessuali, uso di sostanze stupefacenti.

– ESAME OBIETTIVO: serve a evidenziare segni di malattie infettive o tumori. Vengono esaminati cicatrici, ittero, tatuaggi (considerati un possibile rischio di infezione), esantemi, segni evidenti di uso di stupefacenti. Vengono inoltre esaminati tiroide, mammelle e testicoli. Esplorazione rettale per donatori di oltre 50 anni.

– ESAMI STRUMENTALI: comprendono radiografia del torace, ecografia di addome, tiroide, mammella e testicolo elettrocardiogramma ed ecocardiogramma nei potenziali donatori di cuore, tomografia toraco-addominale e visita senologica su indicazione clinica.

– ESAMI COLTURALI: sangue, urine ed escreto.

– VALUTAZIONE BIOCHIMICA: comprende 20 analisi che vengono fatte di routine e oltre una decina che possono essere seguite su richiesta.

– VALUTAZIONE SIEROLOGICA: prevede la ricerca di anticorpi con i virus di Aids (HIV), epatiti B (HBV), C (HCV) e delta (HDV), contro l’agente infettivo della Lue e della toxoplasmosi, contro il citomegalovirus e il virus di Epstein-Barr.

– INDAGINI BIOMOLECOLARI SUPPLEMENTARI: vengono eseguite quando i precedenti esami fanno emergere dubbi. Se le precedenti valutazioni danno risultati tale da poter procedere al prelievo, durante l’espianto dell’organo sono previsti i seguenti esami:

– ACCERTAMENTO DI MALATTIE TRASMISSIBILI (si esegue prima e dopo avere ispezione e palpazione degli organi).

– ISPEZIONE E PALPAZIONE ORGANI TORACE (anche i linfonodi).

– ISPEZIONE E PALPAZIONE ORGANI ADDOME (compresi i reni).