Toscana
Volontari, una ricchezza per la Toscana
Professor Salvini, qual è lo stato di salute del volontariato nella nostra regione?
«È un soggetto sociale e politico rilevante, utile nell’animazione della società e nel far fronte ai meccanismi di disagio e di esclusione sociale. Le associazioni di volontariato sono ben radicate: il 18% delle organizzazioni presenti sono nate prima del 1961, anche se tra il 1990 ed il 2000 si è avuta l’esplosione del fenomeno, quando sono nati il 48,2% dei sodalizi attualmente presenti: nel 1995 le organizzazioni di volontariato iscritte all’albo regionale della Toscana erano 1.340, nel 2003 erano arrivate a 2.144. La presenza delle associazioni di volontariato è ormai divenuta capillare in tutto il territorio regionale: il rapporto tra numero di organizzazioni attive e popolazione è uno dei più alti in Italia (sei organizzazioni ogni diecimila abitanti) superiore alla Lombardia (3,8) al Veneto (4,3) e alla vicina Emilia Romagna (5,3)».
Sono realtà organizzate?
«I dati offerti dal Centro di servizio per il volontariato in Toscana (Cesvot) dicono di sì. Il Cesvot ha elaborato un indice di strutturazione delle organizzazioni, tenendo conto, ad esempio, dell’articolazione organizzativa e della disponibilità della sede. Ebbene, solo il 6,5% delle organizzazioni presenta un basso indice di strutturazione e ben il 40% di esse presenta un indice alto. E l’organizzazione cresce con l’età dell’associazione. Dall’indagine emerge anche un altro fattore: le associazioni rispondono sempre meglio alle procedure richieste dalle istituzioni pubbliche».
Come giudica il livello di maturità delle associazioni di volontariato?
«Il volontariato toscano è sempre più maturo. Le organizzazioni di volontariato stanno comprendendo l’importanza della comunicazione sociale, della collaborazione tra di esse e con le istituzioni. È migliorata la capacità delle associazioni di progettare interventi e di farne una valutazione, di organizzare e partecipare a percorsi formativi e la disponibilità a lavorare in sinergia».
Parliamo della capacità delle organizzazioni di far rete
«L’indagine del Cesvot ha misurato anche questo ultimo aspetto: il 22,4% delle organizzazioni lavora in rete con almeno dieci soggetti di diversa natura (altre associazioni di volontariato, terzo settore, istituzioni) mentre il 35,4% delle organizzazioni ha una rete di relazioni meno ampia, da uno a tre soggetti. Sei organizzazioni su dieci collaborano con almeno un’altra associazione di volontariato, ancora sei su dieci con le amministrazioni locali (comuni, province, ausl), quattro su dieci con le scuole, 57 su cento collaborano con il Cesvot».
Le associazioni di volontariato sono sufficientemente flessibili?
«Nella loro storia possono incidere molti elementi: i volontari, le risorse, la scelta della mission, il cambiamento o l’ampliamento dei bisogni sociali e culturali, le politiche pubbliche, la legislazione. Per adattarsi alle novità, reagire agli stimoli, anticipare i processi serve un certo dinamismo. Ebbene, il 26% delle organizzazioni fa registrare un livello di dinamismo decisamente elevato, il 21% un livello basso. L’età e la dimensione giocano anche in questo caso un ruolo discriminante: più l’organizzazione è giovane e piccola, meno risulta dinamica».
Su quali valori si fonda il volontariato?
«Negli ultimi anni non si sono affievoliti i valori storici su cui si fonda il volontariato: la gratuità e la solidarietà. Ma la gratuità non implica necessariamente il sacrificio, né offrire solidarietà implica necessariamente l’assenza di reciprocità. Il Cesvot ha chiesto alle organizzazioni di esprimersi sulle due prospettive prevalenti nel mondo del volontariato: quella che invoca un maggior radicamento nei valori originari della gratuità e della spontaneità quei valori che hanno caratterizzato il volontariato soprattutto nel momento del suo decollo e quella che invece reclama una maggiore attenzione alla professionalità e alla competenza nello svolgimento dei servizi. Le risposte sono abbastanza sorprendenti: per il 40,5% delle organizzazioni il futuro del sodalizio sta nella professionalizzazione, mentre solo il 23% di queste predilige l’idea di un volontariato originario. Abbiamo offerto, tuttavia, una possibilità di fuga da questa rigida contrapposizione, indicando tra le possibilità anche quella di immaginare un’azione volontaria collettiva fondata sempre più sulla progettazione e sulla collaborazione con altri soggetti: opzione, questa, scelta dal 35% delle organizzazioni intervistate».
Il popolo dei volontari, in Toscana, supera i centomila cittadini. Tutti egualmente impegnati?
«Solo il 30% delle persone costituisce il nucleo attivo che garantisce continuità di presenza nell’organizzazione. Molti dei volontari, poi, appartengono a più associazioni. I volontari chiedono democrazia più di quanto accettino una leadership: la maggior parte di essi, infatti, vuol discutere e parlare del proprio lavoro e desidera sapere esattamente in quale tipo di problematiche saranno coinvolti. L’idea del volontario classico, subordinato ad un coordinatore, è forse tramontata. E lo dimostra il fatto che molte persone preferiscono prestar servizio in strutture decentralizzate, evitando quelle burocratiche. Accanto a questo si sta affievolendo il senso di identità intorno ad una classe sociale o ad un riferimento ideologico o religioso: per questo più che le affinità ideologiche, oggi sono le attività offerte a determinare la scelta dei volontari».
DI SIMONE PITOSSI
Il volontariato toscano è «un modello da esportare». Parola di Gianni Salvadori, assessore regionale alle politiche sociale che ha speso molte energie nell’organizzazione della Conferenza regionale di Lucca. «Il nostro volontariato spiega è una forza locale che vogliamo raccontare e portare in Europa. Pensiamo a una dimensione che parta dalla nostra realtà territoriale e che porti il nostro modello di volontariato a livello europeo per esportare anche al di fuori dell’Italia questo nostro valore aggiunto: unico per radicamento, diffusione, efficacia e credibilità che ha acquisito negli anni».
I numeri, assessore, parlano chiaro…
«È vero. Il volontariato toscano è il leader nazionale a livello percentuale con i suoi 100 mila volontari, le oltre 3.400 associazioni e una presenza sul territorio davvero capillare».
Qual è lo spirito di fondo della Conferenza regionale?
«Il volontariato deve incontrarsi per riflettere sul suo stato di salute, sulle sue caratteristiche specifiche e soprattutto sulle nuove sfide che lo attendono. Ritengo inoltre che sia importante diffondere la storia e il presente del volontariato toscano, trovare strumenti per sensibilizzare i giovani e avvicinarli sempre di più all’azione volontaria».
Quali sono gli obiettivi di questo importante appuntamento?
«Vogliamo precisare ruolo e valori di questo mondo. I valori quali la gratuità, la spontaneità, la sussidiarietà sono da confermare e potenziare. Queste sono le fondamenta sulle quali continuare a costruire volontariato in Toscana. Non solo. Il volontariato dà sostanza al vivere sociale e civile della nostra regione. Anche questo è un elemento che deve essere riconosciuto».
L’assenza di unità nel mondo del volontariato è una ricchezza ma, talvolta, può costituire un ostacolo. Cosa ne pensa?
«Abbiamo fatto molti incontri sul territorio in preparazione alla Conferenza regionale. Tutto ciò ha favorito il dialogo tra le associazioni toscane. Ogni territorio ha le proprie caratteristiche e le proprie necessità alle quali il volontariato può dare risposte concrete solo adattandosi alla realtà nella quale vive. Dobbiamo fare in modo che le varie associazioni di volontariato siano in dialogo mantendo ognuna la propria specificità e ricchezza. Si tratta di fare rete nonostante le differenze e di scambiare le esperienze di ognuno per rafforzare la risposta ai bisogni».
Che cosa chiede il volontariato alla Regione?
«Il volontariato chiede il riconoscimento del proprio ruolo: vuole essere protagonista e partecipare attivamente alle funzioni di programmazione, soprattutto, del settore socio-sanitario che, percentualmente, rappresenta quasi l’80% del volontariato toscano. E la risposta delle istituzioni non può essere che positiva».
E la Regione cosa chiede?
«La Regione chiede al volontariato di entrare dentro un contesto di programmazione pur mantenendo il proprio carattere distintivo della spontaneità. Tutto ciò per garantire risposte sempre più efficaci ai bisogni e alle problematiche che emergono dal territorio. Risposte ancora più strutturate che nascono sulla valorizzazione della sinergia tra pubblico e privato. In definitiva, un volontariato pienamente integrato nel sistema di servizi della nostra regione».
Domenica 11 marzo, alle 9,30, a San Romano, la presentazione delle sintesi dei lavori di gruppo. Alle 10.30, coordinati da Franco De Felice, gli interventi di Mario Fineschi (presidente Consulta regionale Volontariato), Cristina Tacconi (presidente «Il Prugnolo»), Sandra Buyet (presidente «Conoscere Firenze»), Romano Manetti (presidente Anpas regionale), Alberto Corsinovi (vicepresidente Conferenza toscana delle Misericordie), Marco Granelli (presidente CSVnet), Gianfranco Simoncini (assessore regionale alla formazione e lavoro), Enrico Rossi (assessore regionale al diritto alla salute), Massimo Toschi (assessore regionale alla cooperazione internazionale). Alle 12,30 le conclusioni dell’assessore Gianni Salvadori.
Gli spazi espositivi delle varie associazioni per l’occasione saranno sparsi un po’ ovunque in città che sarà «suddivisa» in zone a tema (sociale, socio-sanitario, cultura e ambiente, cooperazione internazionale, protezione civile). Le aree messe a disposizione per gli stands saranno i loggiati di Palazzo Ducale e del Cortile degli Svizzeri, il loggiato di Palazzo Pretorio, il chiostro dell’Agorà e l’ex Campo Balilla. Qui, appena fuori dalle mura, la Protezione Civile allestirà il suo campo base dove pernotteranno alcuni dei partecipanti alla Conferenza. Infine in Piazza Napoleone e in Piazza S. Michele verranno esposti alcuni mezzi di soccorso impiegati in campo sanitario e sociale. L’11 marzo alle 11, in piazza Napoleone, si esibirà il «Coro dei 1000». Per la Conferenza è stato allestito un sito internet (www.primapagina.regione.toscana.it/volontariato), ma si potranno seguire i lavori (compreso il concerto di Carboni) su www.intoscana.it ) con news e aggiornamenti in tempo reale, articoli, approfondimenti, video.
SECONDI IN ITALIA. In Toscana, sempre secondo l’ISTAT, le organizzazioni di volontariato iscritte al registro regionale (2003) sono risultate 2.144 (erano 1.340 nel 1995): siamo al terzo posto dietro Lombardia ed Emilia Romagna. Per numero di volontari (quasi 105mila), siamo secondi dopo la Lombardia. Firenze è la provincia con il numero più alto di organizzazioni (522), al secondo posto Lucca, quindi Siena e Pisa. Prato è quella che ha fatto registrare l’incremento maggiore dal 1995, +243%. In base ai dati elaborati dal CESVOT in occasione dell’ultima Festa della Toscana le associazioni presenti sul territorio regionale ammonterebbero a 2.643, i volontari a 115 mila unità. Il Centro Nazionale del Volontariato a fine maggio scorso ha individuato complessivamente quasi 3.500 associazioni attive, comprendendo però nel computo anche quelle non iscritte al Registro regionale.
L’identikit. Studi recenti hanno tracciato un identikit del volontario toscano: si inizia mediamente verso i 18 anni, le donne rappresentano la maggioranza con il 53,5% e la gran parte dei volontari giovani è studente universitario con il 68,7%. Il 52% degli adulti che fanno volontariato hanno un occupazione fissa mentre solo il 2,7% è composto da chi è in cerca di lavoro. il 45% dichiara di fare volontariato per una scelta dettata da una motivazione etica (religiosa e/o laica), anche se il 71,3% delle associazioni si dichiarano aconfessionali.
Interessante la crescente partecipazione al volontariato da parte della popolazione anziana. In questo caso sono gli uomini ad essere in maggioranza con il 54,8%. Il 70,7% dei volontari anziani è coniugato, il 18,9% è vedovo mentre il 7,9% è ancora celibe o nubile.
I FINANZIAMENTI. Il 49% delle entrate del volontariato toscano provengono da fonti pubbliche (soprattutto Comuni e Asl, ma crescono le Province), un dato più alto rispetto alla media nazionale che è pari al 30% (dati Istat). Tuttavia, ben il 38,6% delle organizzazioni toscane di recente costituzione vede nell’autofinanziamento e nelle entrate derivanti dai soci la forma prevalente di sostentamento.
La Conferenza sul sito della Regione Toscana
Consulta regionale del volontariato
Volontariato, quel «capitale sociale» a disposizione della comunità