Toscana

L’Europa e l’educazione interculturale

Fin dagli anni ’80 si fa strada in Europa il tema dell’educazione interculturale come ambito ben preciso di riflessione pedagogico ed intervento educativo, volto ad affrontare temi e problemi emersi dall’eterogeneità linguistica e culturale presente in maniera sempre più massiccia nelle scuole dei paesi interessati dal fenomeno dell’immigrazione. Il Consiglio d’Europa definirà l’educazione interculturale non tanto a partire dai bisogni specifici degli allievi figli degli immigrati, ma da un’interpretazione di intercultura in senso molto più ampio, da cui discende l’esigenza di adattare l’insegnamento (obiettivi, contenuti, metodi) alle nuove esigenze imposte dal contesto pluriculturale, pluriconfessionale e multietnico della società.

In realtà l’educazione interculturale non è un’educazione speciale per allievi di un gruppo sociale specifico ma educazione rivolta a tutti gli allievi, siano essi autoctoni, immigrati o di origine straniera; coinvolge tutte le materie scolastiche e non soltanto l’insegnamento della lingua comporta le revisione dei programmi e dei testi scolastici. Inoltre comporta l’apertura all’interazione con le agenzie educative extrascolastiche, non più una pedagogia compensatoria, ma gestione della diversità culturale una concezione che riguarda la scuola nella sua complessità e i contenuti implicati nel processo educativo, a prescindere dalla presenza o meno di figli di immigrati in classe.

Il Consiglio europeo di Stoccolma del 2001 ha definito gli obiettivi strategici per l’istruzione e la formazione: migliorare la qualità e l’efficacia dei sistemi di istruzione e di formazione dell’Unione Europea; agevolare l’accesso di tutti ai sistemi di istruzione e formazione; aprire i sistemi di istruzione e formazione al resto del mondo.

Per quanto riguarda il miglioramento del sistema di istruzione si ritiene importante aggiornare la definizione delle competenze di base per la società della conoscenza nella loro accezione più ampia di competenze professionali e tecniche, nonché competenze sociali e personali, compresa la sensibilizzazione per l’arte e la cultura, che permettono agli individui di lavorare insieme ed essere cittadini attivi, inoltre poiché l’istruzione e la formazione sono strumenti nelle mani della società, esse dovrebbero essere utilizzate per sviluppare il tipo di società che desideriamo. Ciò significa che i sistemi educativi e formativi devono indurre le persone ad accettare il fatto che razzismo e intolleranza non trovano posto nella nostra società e che la discriminazione per qualsiasi motivo è inaccettabile.

Il sistema educatico, secondo i legislatori europei avrà come obiettivo la crescita della cittadinanza europea per farne crescere la competitività in un contesto non solo europeo ma anche internazionale in cui condividere valori e buone pratiche da prospettive diverse.

Benchè in ambito europeo siano stati condivisi questi aspetti, i diversi stati hanno avuto negli anni approcci diversi.

Multiculturalismo: conservare culture diverse è un bene in sé. Secondo questi sistemi non esistono solo diritti individuali ma anche collettivi, di singole Comunità. Ad esempio il Canada. In Quebec è vietato mandare bambini Francesi nelle Scuole Anglofone sulla base del principio che le culture devono essere preservate. Queste tesi che traggono origine dal pensiero di Levi Strauss si fonda sul presupposto per cui le culture sono monadi e non cambiano e si sviluppano.

Intercultura come osmosi: Mettere a contatto persone di culture diverse automaticamente genera dialogo e comprensione reciproca. Questa tesi di per sé accattivante non prende in considerazione il fatto che la storia ci ha riservato esempi contrari dal momento che mancando una comprensione critica del fenomeno culturale ed identitario e lo sviluppo della capacità di dialogo non può generarsi in modo naturale intercultura.

Vedere gli altri con il «Velo dell’ignoranza» – basato sulle teorie di Rawls, riadattate dal filosofo Vincenzo Fano. Dietro il velo dell’ignoranza non sappiamo chi siamo, rinunciamo alla nostra cultura per comprendere per un momento quella dell’altro, questa teroria rischia di dare la sensazione di dover perdere la nostra identità e provoca e accresce timori e ansie –. Infine il dialogo interculturale come ricerca di valori comuni su cui basare la convivenza nel rispetto delle differenze.A ben vedere nonostante le pronuncie in ambito europeo le prospettive sono ancora diverse e il dibattito è ancora aperto, certamente l’Italia è oggi in grado di offrire un proprio modello e definire una propria strategia grazie alla sinergia dei soggetti istituzionali e del privato sociale.

Il quadro normativo

Per quanto riguarda i riferimenti normativi la materia oltre ad essere regolata dalla legge sull’immigrazione e dal suo regolamento attuativo, di cui si è dato ampio risalto nel numero precedente, trova una serie di riferimenti importanti in circolari ministeriali che hanno fornito indirizzi e indicazioni sulle modalità di attuazione dell’ducazione interculturale in Italia.

C.M. 8/9/1989, n. 301, Inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo. Promozione e coordinamento delle iniziative per l’esercizio del diritto allo studio. Di fronte all’emergenza del fenomeno migratorio, l’educazione interculturale è individuata inizialmente come risposta ai problemi degli alunni stranieri/immigrati: in particolare, si è inteso disciplinare l’accesso generalizzato al diritto allo studio, l’apprendimento della lingua italiana e la valorizzazione della lingua e cultura d’origine.

C.M. 22/7/1990, n. 205, La scuola dell’obbligo e gli alunni stranieri. L’educazione interculturale. Si afferma il principio del coinvolgimento degli alunni italiani in un rapporto interattivo con gli alunni stranieri/immigrati, in funzione del reciproco arricchimento. Questa disposizione introduce per la prima volta il concetto di educazione interculturale, intesa come la forma più alta e globale di prevenzione e contrasto del razzismo e di ogni forma di intolleranza.

C.N.P.I. del 24/3/1993, Razzismo e antisemitismo oggi: il ruolo della scuola. Gli interventi didattici, anche in assenza di alunni stranieri, devono tendere a prevenire il formarsi di stereotipi nei confronti di persone e culture.

C.M. 2/3/1994, n. 73 Si individua l’Europa, nell’avanzato processo di integrazione economica e politica in corso, come società multiculturale, imperniata sui motivi dell’unità, della diversità e della loro conciliazione dialettica, e si colloca la dimensione europea dell’insegnamento nel quadro dell’educazione interculturale, con riferimento al trattato di Maastricht e ai documenti della Comunità Europea e del Consiglio d’Europa.

C.M. n. 155/2001, attuativa degli articoli 5 e 29 del CCNL del comparto scuola, prevede azioni di sostegno nei confronti del personale docente impegnato nelle scuole a forte processo immigratorio individuando fondi aggiuntivi per retribuire le attività di insegnamento vengono assegnati alle scuole con una percentuale di alunni stranieri e nomadi superiore al 10% degli iscritti.

La C.M. n. 160/2001 è invece finalizzata all’attivazione di corsi ed iniziative di formazione per minori stranieri e per le loro famiglie, tesi a realizzare concretamente il diritto allo studio, in un contesto in cui la comunità scolastica accolga le differenze linguistiche e culturali come valore da porre a fondamento del rispetto reciproco e dello scambio tra le culture.

La Pronuncia del CNPI del 20/12/2005 Problematiche interculturali è un documento di analisi generale sul ruolo della scuola nella società multiculturale.

La C.M. n. 24, del 1 marzo 2006 Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri fornisce un quadro riassuntivo di indicazioni per l’organizzazione di misure volte all’ inserimento degli alunni stranieri.

Circolare n. 28 del 15 marzo 2007 sugli esami di licenza al termine del primo ciclo di istruzione, il ministero, al paragrafo n.6 del capitolo relativo allo “Svolgimento dell’esame di Stato”, ha raccomandato alle commissioni esaminatrici di riservare particolare attenzione alla situazione degli alunni stranieri in condizioni di criticità per l’inadeguata conoscenza della lingua italiana.

Norme che regolano l’iscrizione:DPR n° 394/1999 C.M. n° 24/2006 indicano alcuni principi base per l’iscrizione degli alunni che devono avvenire alle stesse condizioni che regolano l’iscrizione degli alunni stranieri.

La via italiana per l’integrazione degli alunni stranieri

Ad Ottobre 2007 l’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale ha elaborato un documento che definisce aspetti fondamentali dell’educazione interculturale: la via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri. Adottare la prospettiva interculturale, la promozione del dialogo e del confronto tra culture, significa non limitarsi soltanto ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere speciale. Insegnare in una prospettiva interculturale vuol dire piuttosto assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze.

La scuola italiana già negli anni 70 aveva messo a punto una strategia nei confronti delle varie forme di diversità. Questa strategia era basata sul riconoscere che l’istruzione è un diritto di ogni bambino – quindi anche di quello che non ha la cittadinanza italiana – considerato portatore di diritti non solo come «figlio» data la sua minore età, ma anche come individuo in sé, indipendentemente dalla posizione dei genitori e anche indipendentemente dalla presenza dei genitori sul nostro territorio; l’istruzione scolastica è parallelamente un dovere che gli adulti devono rispettare e tutelare, in particolare per quanto riguarda la scuola dell’obbligo ed infine che tutti devono poter contare su pari opportunità in materia di accesso, di riuscita scolastica e di orientamento.

Per raggiungere queste finalità la scuola italiana sceglie il modello interculturale che comporta l’assunzione della diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, per evitare la chiusura degli alunni negli stereotipi o la folklorizzazione. Porre alla base come paradigma l’intercultura non vuol dire condannarci ad una prospettiva relativistica ma vuol dire promuovere il confronto, il dialogo per costruire la convergenza verso i valori comuni.

Il documento propone una serie di linee di azione legate agli aspetti dell’accoglienza e dell’inserimento a scuola, fase che risulta cruciale per il successo scolastico. Questa fase è tesa ad analizzare alcuni fattori: la storia personale e scolastica dell’alunno, le competenze linguistiche ecc…; l’italiano come seconda lingua attraverso l’organizzazione di laboratori di lingua italiana; la valorizzazione del bilinguismo dando l’opportunità di inserire durante l’orario scolastico normalmente dedicato alle lingue quali il francese, l’inglese ecc… anche le lingue più parlate dalle collettività più consistenti, questo aspetto è particolarmente rilevante per il mantenimento della lingua di origine funzionale alla crescita cognitiva dell’individuo.

Tra le linee di indirizzo proposte trova spazio la famiglia straniera considerando il suo ruolo centrale nella scelta della scuola dove inserire i figli, comprendere la struttura organizzativa della scuola italiana fondata sull’autonomia e quindi sulla identificazione di piani di offerta formativa diversamente articolati. Inoltre la partecipazione attiva delle famiglie comporta la condivisione e la riuscita del progetto pedagogico. Altro aspetto, che possiamo dire costituire una novità rispetto ai documenti precedenti, la relazione nel tempo extrascolastico. La scuola è il luogo della costruzione identitaria di tutti gli alunni attraverso il dialogo e la condivisione ma la vera sfida è quella di investire lo spazio extra scolastico per la costruzione di una nuova comunità.

Questo obiettivo deve vedere la scuola non isolata ma parte integrante di una rete tra istituzioni scolastiche, amministrazioni locali e il territorio variamente inteso nelle sue articolazioni associative e non anche attraverso la sottoscrizione di protocolli di intesa che permettano di integrare le risorse umane ed economiche, far circolare documenti e coinvolgere le comunità, le famiglie straniere con la collaborazione dei mediatori culturali.

In breve

Permessi di soggiorno biometrici per gli immigratiIl regolamento CE n. 380/2008 del 18 aprile 2008 (pubblicato in GUCE L 115 del 29 aprile 2008)  modifica, in alcuni punti, il regolamento CE n. 1030/2002 del Consiglio del 13 giugno 2002 che ha istituito un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi.Il regolamento n. 1030/2002 sostituisce l’azione comune 97/11/JAI del Consiglio relativa a un modello uniforme di permesso di soggiorno nonché le misure adottate dal Consiglio ai fini della sua applicazione. Nell’ambito della convenzione di Schengen, il permesso di soggiorno accompagnato da un documento di viaggio può sostituire il visto. Un cittadino di un paese terzo, presentando il proprio passaporto e il suo permesso di soggiorno, può entrare in uno Stato membro appartenente allo spazio Schengen e restarvi per un soggiorno di breve durata.Il regolamento descrive le caratteristiche generali del modello uniforme, di cui un esemplare è allegato al regolamento. Il modello uniforme può essere prodotto sotto forma di autoadesivo o di documento separato.Le altre disposizioni tecniche volte a lottare contro la contraffazione e la falsificazione devono rimanere segrete e sono decise dalla Commissione e dal suo comitato istituito mediante il regolamento (CE) n. 1683/95.Le disposizioni di cui sopra sono comunicate solo agli organismi responsabili della stampa del permesso di soggiorno designati dagli Stati membri.Gli Stati membri rilasciano il modello uniforme di permesso di soggiorno in conformità con il presente regolamento al più tardi entro un anno dall’adozione delle misure di sicurezza complementari. Le autorizzazioni rilasciate in precedenza su altri permessi di soggiorno restano valide, salvo disposizioni contrarie degli Stati membri.Si è reso necessario, per una comune utilizzazione in tutti gli Stati membri, elevare i requisiti tecnici del modello uniforme di soggiorno al fine di evitare contraffazioni e falsificazioni.L’inserimento di elementi di identificazione biometrica costituisce un passo importante verso l’impiego di un legame più affidabile fra il modello uniforme di visto e il suo titolare, fatto che contribuisce in modo notevole a proteggere il visto contro un suo impiego fraudolento.La biometria consiste nel registrare su un supporto (carta intelligente, codice a barre o semplice documento) una o più caratteristiche fisiche di un individuo (impronte digitali, fotografia, iride dell’occhio) per consentire di verificare che il latore di un documento ne sia l’effettivo titolare.Le modifiche contenute nel regolamento del 2008 hanno, pertanto,  il solo obiettivo di stabilire gli elementi di sicurezza e gli identificatori biometrici che gli stati europei dovranno, entro due anni, utilizzare nel modello di soggiorno da rilasciare ai cittadini stranieri.Tra le novità da segnalare, infine, è la disposizione che prevede il prelievo delle impronte digitali agli stranieri dai sei anni in poi. Titoli di soggiorno per minori e maggiorenniIl Ministero dell’Interno, con circolare prot. 17272/7 dello scorso 28 marzo 2008, è intervenuto sulle problematiche concernenti il rilascio dei titoli di soggiorno ai minori d’età e a coloro che abbiano compiuto il diciottesimo anno. Nel dettaglio, la circolare dispone che gli stranieri che, al compimento del diciottesimo anno di età, siano titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari, possono chiedere il rinnovo del proprio titolo di soggiorno, per la stessa durata di quello del genitore, per motivi familiari. Fino al 27 marzo 2008, la Questura rilasciava, al minore straniero, una volta maggiorenne, un permesso di soggiorno autonomo per studio, attesa occupazione, lavoro subordinato o autonomo. La circolare ha tenuto conto che il giovane straniero sebbene maggiorenne ha incertezze sul proprio futuro di studio o lavorativo e non sia in grado di soddisfare i requisiti prescritti per il rilascio di uno dei sopra citati permessi di soggiorno. Inoltre, la circolare ha esaminato la posizione dei minori stranieri titolari di soggiorno per minore età rilasciato a seguito di un provvedimento del Giudice tutelare. La Corte Costituzionale, con sentenza n. 198/2003, ha ritenuto che in tale norma debba essere compreso anche il minore straniero sottoposto a tutela, in ragione dell’identità dei fini perseguiti dagli istituti dell’affidamento e della tutela. Pertanto, nel caso in cui un minore straniero sia stato sottoposto ad un provvedimento formale di affidamento o tutela, la circolare precisa che allo straniero divenuto maggiorenne debba essere sempre rilasciato un titolo di permesso di soggiorno indipendentemente dalla durata della sua permanenza sul territorio nazionale. Allargamento dello «Spazio Schengen»Il 30 marzo 2008 si è concluso il processo di allargamento dello Spazio Schengen con l’abolizione dei controlli alle frontiere aeree fra i paesi entrati a far parte dello Spazio il 21 dicembre dello scorso anno (Estonia, Repubblica Ceca, Lituania, Ungheria, Lettonia, Malta, Polonia, Slovacchia e Slovenia) e i 15 che erano già parte del sistema Schengen. I 24 Paesi dell’Unione hanno ormai provveduto ad installare nei loro aeroporti sofisticati sistemi di sicurezza e speciali «terminali Schengen». L’abolizione dei controlli alle frontiere segna la conclusione di un processo storico unico, la soppressione, cioè, delle frontiere interne fra tutti i 24 paesi dell’Unione. L’allargamento dello spazio Schengen viene dunque a confermare l’impegno dell’Unione a facilitare gli spostamenti all’interno e verso l’Unione, rafforzando nello stesso tempo la sicurezza delle frontiere esterne europee. Sarà possibile in tal modo viaggiare da un aeroporto all’altro dello spazio Schengen senza ulteriori formalità, con l’effetto positivo di agevolare le procedure per i cittadini, fermo restando che saranno mantenuti i normali controlli di identità effettuati dalle compagnie aeree ai check-in e all’imbarco, nonché i controlli di sicurezza previsti per qualsiasi volo a prescindere dalla destinazione. I diritti dei rifugiatiIl rifugiato riconosciuto ai sensi della Convenzione di Ginevra ha diritto alla parità di trattamento rispetto al cittadino italiano per quanto concerne il beneficio di tutte le prestazioni assistenziali che costituiscono diritti soggettivi ai sensi della legislazione vigente. Il Tribunale di Milano, sezione lavoro, con sentenza depositata il 31 gennaio 2008, ha accolto il ricorso presentato da un rifugiato contro l’Inps ed il Comune di Milano che avevano rifiutato di corrispondere l’indennità di accompagnamento al figlio minore riconosciuto invalido totale e permanente. Motivo del rifiuto la legge 388/2000 che ha modificato l’art. 41 del testo unico immigrazione e dispone che le provvidenze economiche «che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concesse…» ai soli stranieri titolari di carta di soggiorno. Per il Tribunale, invece, questa normativa di carattere generale non può trovare applicazione nei confronti dei rifugiati in quanto il loro status giuridico è del tutto peculiare ed è disciplinato dalla legge di ratifica della convenzione di Ginevra. In particolare, per quanto attiene alla materia dei diritti sociali, l’art. 24 equipara la condizione del rifugiato a quella del cittadino. Questo principio è ora consolidato nell’art. 27 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 che attua la direttiva 2004/83/CE , recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta. L’art. 27 stabilisce infatti che «I titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria hanno diritto al medesimo trattamento riconosciuto al cittadino italiano in materia di assistenza sociale e sanitaria». L’ingresso in Italia dei ricercatori stranieriRicercatori extra UE. È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 2 maggio 2008, il decreto del Ministero dell’Università dello scorso 11 aprile che completa il nuovo iter per l’ingresso in Italia dei ricercatori stranieri. Il provvedimento attua il decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 17, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 6 febbraio ed in vigore dal prossimo 21 febbraio 2008, che ha recepito la direttiva europea 2005/71/CE sulla permanenza (in Italia) di cittadini stranieri a fini di ricerca scientifica. Il decreto ministeriale istituisce l’elenco degli istituiti di ricerca pubblici e privati che accolgono i ricercatori. Ricongiungimento familiareDal 10 aprile 2008 è operativa la nuova procedura di inoltro delle richieste di ricongiungimento familiare di competenza dello Sportello Unico per l’Immigrazione. Da tale data è quindi attiva una procedura informatizzata per la presentazione delle domande relative al ricongiungimento familiare ed ai familiari al seguito, di cui all’articolo 29 del Testo Unico per l’Immigrazione e cioè coniuge, figli e genitori. Pertanto, dal 10 aprile non è più possibile inviare le domande inviate posta, ma solo via web. Come per i flussi 2007, l’interessato potrà fare da solo oppure avvalersi dell’assistenza delle associazioni nazionali rappresentative dei datori di lavoro, delle organizzazioni sindacali, e delle associazioni autorizzate ad accedere al sistema informatico e quindi a presentare le domande di riunione familiare. Il Ministero dell’Interno, con le circolare n. 1575 del 4 aprile 2008 e n. 1639 del 9 aprile 2008, ha emanato disposizioni sulla nuova procedura telematica. La citata circolare, che richiama i protocolli generali d’intesa stipulati con le associazioni e i patronati, autorizza sostanzialmente i loro operatori ad utilizzare le medesime password, concesse in occasione del decreto flussi 2007 per i lavoratori subordinati non stagionali, anche per l’invio delle domande di nulla osta al ricongiungimento familiare. I modelli per la presentazione delle domande S (per ricongiungimenti) e T (per familiari al seguito) sono rinvenibili nella sezione «ricongiungimenti familiari» appositamente dedicata nel sito www.interno.it. Le procedure ricalcano quelle già sperimentate nei click-days del decreto flussi 2007, con le attività di registrazione dell’utente, la precompilazione e la compilazione dei moduli che andranno importati e completati sul proprio computer tramite il software Sportello unico Immigrazione. La procedura informatizzata permetterà di controllare lo stato di avanzamento della pratica in corso fino al rilascio del nulla osta e di poter trasmettere direttamente l’autorizzazione alle rappresentanze consolari italiane per il rilascio del visto di ingresso. Nel sito internet dell’Interno sono disponibili anche gli allegati ai modelli S e T:a) modelli S1 e T1, nel caso in cui il richiedente non abbia titolo a detenere l’immobile, ed è pertanto necessario acquisire agli atti dello Sportello la dichiarazione di consenso ad ospitare i familiari del richiedente resa dal proprietario dell’immobile;b) modelli S2 e T2, (nel caso in cui il richiedente sia lavoratore subordinato) con il quale il datore di lavoro dichiara la sussistenza del rapporto di lavoro;c) modello S3 nel caso in cui il richiedente sia lavoratore subordinato, con il quale il datore di lavoro dichiara l’attualità del rapporto di lavoro.I modelli possono essere compilati on line e stampati per poi essere consegnati allo Sportello Unico. Dopo aver accettato le domande, il sistema chiederà subito il parere alla Questura e spedirà la lettera di convocazione per la presentazione allo Sportello Unico della documentazione su reddito e alloggio. In questa occasione si dovranno esibire, se richiesti, anche i moduli S1 o T1 o S2 o T2.La circolare precisa, inoltre, che il diritto al ricongiungimento familiare non si arresta se il  familiare è segnalato come inammissibile nel SIS (Sistema Informativo Schengen), magari per una vecchia espulsione. Infatti, anche ai sensi dell’articolo 2 del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 5, la domanda di riunione familiare potrà essere respinta solo se lo straniero, a parere motivato dell’Ufficio Immigrazione della Questura rappresenti «una minaccia concreta ed attuale per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato». Nella generalità dei casi, quindi, la pratica di ricongiungimento sarà portata a termine con la conseguente cancellazione del nominativo del familiare dalla banca dati SIS. La circolare ministeriale precisa, infine, che nella determinazione del reddito si possa tenere conto anche del redditi dei familiari conviventi con l’interessato, se questi è incapiente, mentre riguardo all’alloggio, il familiare ricongiunto potrà dimorare in un’abitazione diversa da quella del richiedente il ricongiungimento.