Toscana
India, cristiani perseguitati
Lunedì 25 agosto: alle 7 alcuni seguaci del leader radicale indù, Laxanananda Saraswati, prendono d’assalto la chiesa cattolica di Phulbani, causando gravi danni. Segue assalto alla casa vescovile e alla curia di Bhubaneswar, frenato a stento dalla polizia. Verso le 13 viene assalito e picchiato Jamai Pariccha, direttore del Gramya Pragati, ente cattolico impegnato nei servizi di assistenza. Un episodio simile si registra un’ora più tardi nell’abitazione di un insegnante cattolico Puren Nayak a Bhudansahi, la cui casa è data alle fiamme. Nel pomeriggio vengono ucccisi la missionaria laica Rafani Majhi di 21 anni, arsa viva mentre cercava di salvare gli ospiti di un orfanotrofio della missione di Bargarh, e un uomo, anch’egli bruciato vivo a Kandhamal. Nell’attacco all’orfanotrofio è ferito in modo grave anche un prete. P. Thomas Challan, direttore del Centro per la pastorale diocesana a Kanjimendi e una religiosa, Suor Meena, sono feriti gravemente durante l’assalto al Centro pastorale, distrutto dalle fiamme.
La sera del 25 viene presa di mira anche la parrocchia di Sankrakhol, saccheggiata e data alle fiamme. Il parroco, p. Alexandar Chandi, si salva nascondendosi nella vicina foresta. Attaccato anche il convento di S. Giuseppe, le suore si salvano facendo perdere le proprie tracce all’interno della foresta. Verso le 23.30 vengono saccheggiate 17 case di cristiani a Raikia. Sempre il 25 ancora assalti a chiese in varie zone del distretto fra cui: la Pentecostale a Budamaha, la chiesa di Masadkia, la chiesa di Pisermaha, la battista e la redentorista a Mondakia, la chiesa di Mdahupanga. Una pattuglia di poliziotti è messa a guardia della chiesa di Jeypore: secondo fonti della sicurezza oltre 200 fondamentalisti erano pronti ad assaltarla. Nel distretto di Bargarh 2 mila fanatici assalgono e distruggono molte chiese, prendendo di mira preti e suore. A Padampur, p. Edward Sequira è picchiato e ferito gravemente. A Tiangia un fedele cattolico, Vikram Nayak, viene letteralmente fatto a pezzi da una folla inferocita. Altri due sono feriti nell’assalto, morendo nelle ore successive.
Martedì 26 agosto, nel villaggio di Tingia, tre persone muoiono per gli incendi appiccati alle loro abitazioni. Una folla prende di mira il villaggio di Badimunda, nel distretto di Kandhamal: la locale chiesa e cinque case sono date alle fiamme. I due missionari, un verbita e un gesuita, padre Simon Laksa e padre Xavier Tirkey, sequestrati lunedì 25 riescono a sfuggire dai rapitori e a mettersi in salvo dopo essere stati denudati e picchiati. Le autorità di governo impongono il coprifuoco e danno l’ordine di sparare a vista. Verso le 21.30 scontri a fuoco fra fondamentalisti indù e forze dell’ordine, nei pressi del villaggio di Barakhama, con quattro morti.
Nella diocesi di Bhubaneshwar, il 2 settembre vengono assalite, razziate e demolite le chiesa cattolica di Padunbadi e quella del villaggio di Kakadabadi; il 1° settembre, erano state distrutte e bruciate la chiesa battista a Durgaprasad, la chiesa cattolica di Chadiapally, le chiese cattolica e battista di Balligada, la chiesa cattolica e la casa parrocchiale di Mondasore (una costruzione artistica di oltre un secolo). Distrutte e incendiate 2 case a Raikia; 50 a Balligada; 3 case di cristiani a Kakadabadi; altre 35 a Tikabali (Beheragano); 5 a Chakapad; una a G.Udayagir. La maggior parte dei cristiani fugge nella foresta.
Il 5 settembre quattro suore di Madre Teresa Sr. Mamta, la superiora, Sr. Ignacio, Sr. Josephina e Sr Laborius vengono aggredite da una ventina di attivisti del Bajrang Dal alla stazione ferroviaria di Durgh (Chhattisghar). Le costringono a scendere e le consegnano alla polizia con l’accusa di «sequestro e conversione forzata» di quattro bambini che le religiose stavano portando dalla loro casa di Raipur al centro Charity Shishu Bhava, a Bhopal. Nell’attesa di verificare tutti i documenti, le suore passano in prigione la notte fra il 5 e il 6 settembre, mentre i bambini sono ancora nell’ospedale governativo. Il 7 settembre una chiesa anglicana a Ratlam (Madya Pradesh), antica di 86 anni, viene incendiata e distrutta.
Ma dialogo e cooperazione in India non si fermano
Villaggi attaccati da fanatici, preoccupate le suore di Iolo
di M.Cristina Caputi
«Siamo addolorate e molto preoccupate per la situazione creatasi in India» sono le prime parole che ci dice Madre Paola Collotto, delle suore domenicane di Iolo, a Prato. Da anni la loro comunità è presente in India; dopo le prime case nate nella regione del Kerala, oggi le suore sono arrivate in tante altre zone della nazione, finanche nella ormai tristemente nota Orissa.
«Sentivamo che la Chiesa dell’India sarebbe stata rafforzata dalla persecuzione ha ammesso Madre Paola per questo anche nella formazione non potremmo non tenerne conto; purtroppo le nostre comunità sono senza protezione alcuna e con pochi aiuti, il loro sostegno sono la grande fede, un coraggio ed una forza incredibili». La famiglia delle suore domenicane pratesi è stata coinvolta nelle recenti persecuzioni, fortunatamente in modo non grave. Nei giorni scorsi, mentre era a casa per un periodo di vacanza, una postulante di 22 anni, Sugitra, ha vissuto l’attacco dei fanatici indù al suo villaggio, nel distretto di Kandamal, nell’Orissa. «Già il Natale scorso avevamo avuto delle minacce precisa Madre Paola e non ci è stato possibile celebrare la messa festiva; adesso però le cose sono peggiorate. Dopo l’uccisione del santone che guidava, da una ventina di anni, un gruppo di fanatici indù contro i cristiani, si è scatenata una violenta reazione al gesto posto in essere da alcuni banditi che nulla hanno a che fare con le nostre comunità, ma che, in questo modo, intendevano difendere i poveri. Dal 25 agosto scorso prosegue la religiosa le violenze sono in crescendo: più di 4 mila sono le case distrutte, tanti i villaggi rasi al suolo, i sacerdoti e le suore sono in grave pericolo, mentre oltre 100 mila persone sono ospitate nei centri di raccolta che la Caritas e le suore di Madre Teresa hanno attrezzato per i profughi».
La vicenda di Sugitra ha lasciato un forte segno nelle suore pratesi: come dicevamo, mentre era in vacanza nel suo villaggio, Raika, ormai composto da tutti cristiani neoconvertiti, i fanatici indù lo hanno improvvisamente attaccato, distruggendo e dando fuoco a tutto quello che incontravano sul loro cammino. La fuga degli abitanti è stata tanto repentina da non consentire loro di prendere alcunché; si sono rifugiati nella foresta dove hanno trovato scampo; vi sono rimasti una settimana intera, sotto una forte pioggia, scalzi, senza abiti di ricambio e senza protezione, né cibo. Hanno vissuto di foglie, radici e bacche. Solo quando l’accerchiamento dei persecutori è cessato, sono potuti uscire e sono stati accolti in uno dei tanti campi profughi della zona.
«A noi, la notizia dell’attacco al villaggio, l’ha data il fratello sacerdote di Sugitra ci spiega Madre Paola però per tutta la settimana in cui sono stati nascosti nella foresta non abbiamo avuto comunicazioni ed abbiamo temuto il peggio; invece poi è arrivata la telefonata che ci ha tranquillizzate. Certo, adesso Sugistra è spaventata, come lo sono tutti i cristiani di laggiù». Mentre parla con noi, la Madre telefona in India, parla con Suor Gemma: «Come state? Scriveteci, fateci sapere! Ancora attacchi? Anche ieri e oggi? Altre chiese bruciate? Hanno tagliato gli alberi intorno al villaggio per impedire la fuga degli abitanti e fermare eventuali aiuti dall’esterno? Coraggio, fatevi coraggio!». Poi alcune raccomandazioni e l’invito a confidare nella preghiera.
L’impegno dell’Istituto è su diversi fronti: prevede evangelizzazione, missioni popolari, animazione liturgica, pastorale giovanile e familiare, insegnamento, assistenza agli «ultimi»; in terra di missione prevede anche insegnamento, promozione della donna, prevenzione e cura della lebbra e della tubercolosi, prevenzione dell’aids. Dieci le comunità sorte fino ad oggi in India.
A suo avviso sarebbe necessaria una maggiore pressione diplomatica a livello internazionale, nonostante la condanna da parte del governo centrale indiano e l’invio di una forza speciale di polizia. «Hanno agito un po’ in ritardo e non in maniera adeguata», secondo il vescovo. Ora la situazione in Orissa sembra più tranquilla, ma c’è ancora qualche aggressione nei campi dei rifugiati. «La gente non vuole stare lì perché si sente minacciata», conferma il vescovo. Nell’arcipelago delle Andamane e Nicobare (572 isole nel Golfo del Bengala, dove vivono circa 40.000 cattolici su 400.000 abitanti) la situazione è tranquilla. «Dopo le violenze in Orissa racconta ho incontrato i rappresentanti dei mezzi di comunicazione locali e tutti hanno condannato l’accaduto. Poi il 4 settembre abbiamo organizzato una processione insieme ad altri leader cristiani e 12 rappresentanti delle altre religioni. Il governatore delle Andamane ci ha assicurato che qui non succederà».
I segnali di qualcosa che non va, nell’ambito delle libertà e dei diritti, si leggono però anche da piccoli aneddoti. Può capitare, ad esempio, ad una semplice turista (per caso anche giornalista) in vacanza in alcune zone dell’India di sentirsi dire in aeroporto, quando informa le autorità di essere ospite qualche giorno in una comunità cattolica: «Prima di entrare deve passare per l’ufficio immigrazione e rispondere ad alcune domande». E giù una trafila di botta e risposta, indirizzi, diffidenze. Che verranno verificati via via durante la permanenza con visite delle forze dell’ordine a domicilio, controlli di passaporti e permessi durante gli spostamenti. «Succede sempre così, ogni volta che abbiamo visite non si meraviglia il vescovo Dias . Hanno paura che facciamo conversioni. Ma noi ci siamo sempre e solo occupati di coloro che sono già cattolici, anche se minoranza. Non abbiamo bisogno di fare proselitismo». Il timore delle conversioni comprensibile in parte se riferito al peso storico che l’India ancora sente del colonialismo dell’Occidente (e il cristianesimo spesso viene identificato con esso) è presente un po’ ovunque nel sub-continente. I missionari cattolici, che il più delle volte sono rispettosi delle reciproche identità e lavorano molto nel dialogo interreligioso, sono spesso sottoposti a numerose forme di controllo da parte della polizia, pena l’espulsione dal Paese. In alcuni Stati come in Rajasthan, Maharastra, Tamil Nadu, si è perfino discusso a lungo di leggi contro le conversioni.