Toscana

Trenta «treni-bomba» ogni giorno in Toscana

di Ennio Cicali

La tragedia di Viareggio (nella foto uno dei vagoni deragliati) ha fatto emergere l’ennesimo paradosso, si moltiplicano le autorità di vigilanza, si affastellano le norme sui controlli, ma alla fine il quadro resta confuso. «È chiaro che c’è in Italia un problema enorme sulla prevenzione e sui controlli – afferma il presidente della commissione Territorio e ambiente del consiglio regionale, Erasmo D’Angelis –. Non è possibile che queste bombe viaggianti attraversino i nostri centri abitati a velocità che arrivano fino a 110 km/h: è necessario evitare il loro passaggio a pochi metri dalle abitazioni, cambiare la normativa europea che prevede supercontrolli sul lardo di Colonnata e autocertificazioni di sicurezza firmate dai vettori proprietari di carri merci-bomba».

Il problema della sicurezza è particolarmente sentito in Toscana. «Da Prato ad Arezzo, da Massa a Grosseto – dice De Angelis – siamo attraversati da almeno 30 treni al giorno, nel 40% dei casi pieni di gpl, acido fluoridrico, ammoniaca e persino tritolo».

Lo «stato dei mezzi» è al centro delle indagini della procura di Lucca che punta sul cedimento di una parte meccanica da attribuire a cattiva qualità e usura e che vi siano state falle nelle revisioni, nelle riparazioni o nei controlli. Ne parla il professor Paolo Toni, docente di meccanica a Firenze, incaricato dalla procura di Lucca della perizia sul convoglio deragliato, che ha consegnato una prima relazione al procuratore capo di Lucca, Aldo Cicala, e al pm, Giuseppe Amodeo. Pesanti gli addebiti ipotizzati, che potrebbero servire per evitare altre stragi in tutta Italia: «Se la fase di manutenzione avesse funzionato, fosse stata ben programmata e i controlli effettuati, quella frattura sull’asse del vagone poteva benissimo essere individuata». Un asse malato da tempo con una parte rugginosa e una sana. Quando ha ceduto, la cisterna ha corso su un fianco per 15 metri prima di impattare una struttura metallica vicina ai binari e sprigionare le fiammate di morte e distruzione da uno squarcio di 40 centimetri per tre.

La rottura dell’asse di un carrello del vagone merci è considerato «un incidente tipico», ma che non è mai tenuto nella giusta considerazione, nonostante i rischi molto elevati. Lo affermano i ferrovieri toscani. Già alcuni episodi simili, spiegano i lavoratori, erano avvenuti in Toscana. «Il fatto che i carri possano essere di proprietà delle singole aziende produttrici delle merci trasportate e non del gruppo Fs – si legge in una nota – non può essere utilizzato come giustificazione, anzi, questa circostanza pone drammatici interrogativi sulle modalità di controllo e di verifica adottate per l’ammissione a circolare sulla rete». I ferrovieri toscani fanno appello a tutte le autorità nazionali «affinché non ignorino le segnalazioni di pericolo che come ferrovieri portiamo a conoscenza dell’opinione pubblica». Anche «il più piccolo incidente, o guasto, può determinare immani tragedie e come tale va analizzato e preso, sempre, nella massima considerazione».

Il cordoglio alle famiglie e la preoccupazione si equivalgono per la Fit Cisl della Toscana.

Il bilancio del deragliamento del treno merci che trasportava gpl, porta con sé, oltre che dolore e morte, una serie di interrogativi. «In pochissimo tempo abbiamo avuto in Toscana tre gravissimi incidenti ferroviari: Pisa, Vernio, e ora Viareggio – dichiara Stefano Boni, segretario generale regionale Fit –. Gli interrogativi sono tanti, ma in attesa degli esiti dell’inchiesta sappiamo con certezza che bisogna intensificare i controlli sui cargo stranieri che sono ancora scarsi. In questo caso il locomotore era di Trenitalia mentre le carrozze provenivano da Germania e Polonia». «L’Agenzia nazionale per la sicurezza, poi, non è mai decollata – prosegue Boni – le cisterne vengono controllate ogni 4 anni mentre il rodiggio, cioè le ruote e i freni dei treni, ogni 6 anni. Sono intervalli temporali troppo lunghi». «In attesa che vengano chiarite le dinamiche – conclude Boni – mi sento solo di ripetere, che bisogna intensificare i controlli».

Del medesimo avviso anche Massimo Malvisi, segretario regionale Fit – Cisl per la Sicurezza, il quale rincara la dose mettendo sull’avviso rispetto alla liberalizzazione dei servizi ferroviari che se non sottoposta a rigidi controlli rischia di sfociare in un Far west.

Il problema della sicurezza è al centro di un’interrogazione parlamentare dell’onorevole Francesco Bosi (Udc) con la quale chiede di conoscere: «Cos’è accaduto con particolare attenzione alla questione della manutenzione dei veicoli in transito sulla rete ferroviaria italiana. Ricordo che da più parti si segnala da tempo la preoccupazione per un calo importante delle operazioni di verifica ed intervento manutentivo con la chiusura delle Officine Grandi Riparazioni di Firenze».

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