Toscana

Tra gli stranieri c’è paura e anche tanta confusione

di Claudio Turrini

Paura, incertezza, diffidenza. A pochi giorni dall’approvazione del «pacchetto sicurezza» c’è tanta confusione tra gli immigrati. Il primo effetto, ci spiega Elsa Dini, del Centro di ascolto della Caritas di Firenze, è stato quello di ridurre l’affluenza agli sportelli. Gli immigrati, specie quegli irregolari, non si fidano. Vogliono capire se l’introduzione del reato di immigrazione clandestina avrà conseguenze pratiche immediate. La legge non è ancora operativa, non essendo stata ancora pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale». Ma anche perché per molte parti avrà bisogno di decreti attuativi.

Qualche episodio che si è verificato qua e là crea però allarme. Pochi giorni fa, al Tribunale dei minori di Firenze, ci racconta Elsa, un funzionario ha avvertito l’operatrice della Caritas che se avesse presentato l’istanza ex-articolo 31 (della Bossi-Fini) per ottenere la permanenza in Italia di un minore – cosa che finora era avvenuta senza particolari problemi – avrebbe dovuto denunciare come clandestina la mamma che era con lei. E l’operatrice ha fatto marcia indietro. A Prato, ci racconta Fatiha, dello sportello stranieri Anolf-Cisl, un giovane marocchino, nonostante che lavori e non presenti problemi, è stato fermato da un agente perché «clandestino», prima ancora che la legge fosse firmata da Napolitano.

Minimizza i due casi Irene Lapiccirella, responsabile di Casa «S. Lucia», a Firenze, una struttura di accoglienza dell’Associazione Progetto S. Agostino, attiva dal 1988 e che fa parte della «Compagnia delle Opere». Sono solo due «episodi». Quello che succederà davvero ancora nessuno lo sa. «Magari tra un anno potremo dire che non funziona».

Irene non è contraria di principio alle nuove norme che «non penalizzano coloro che sono regolari da anni». «L’Italia – ci dice – non può essere un’isola felice rispetto a tutta l’Europa e favorire, come è stato finora, la clandestinità». Ma anche lei ci conferma che gli immigrati «sono terrorizzati». «Da noi – ci spiega – gravitano per lo più immigrati regolari che hanno un lavoro o che lo hanno perso e sono in cerca di una nuova occupazione. Quest’ultimi hanno paura di ridiventare clandestini. Siamo in un periodo di crisi, in Italia e in Europa, e hanno paura che dopo anni di lavoro regolare possano ritornare clandestini».

Una parte dell’allarme per Irene è anche figlio di un equivoco alimentato dai media. «Gli immigrati hanno percepito il «pacchetto sicurezza» come una nuova legge immigrazione, che metteva in discussione tutti i loro diritti. Per sfatare questo faremo degli incontri in autunno per informarli e tranquillizzarli».

Che ci sia un «attacco ai diritti costituzionalmente garantiti a tutti» è invece convinta Anna Zucconi, che pur non occupandosi più direttamente di immigrati, ha studiato per la Caritas di Firenze la nuova legge, forte di un’esperienza sul campo più che decennale. Anna punta il dito soprattutto sulla norma che impedisce ai clandestini ogni atto di stato civile, da quello di nascita a quello di morte, fino al matrimonio. È vero che per la Bossi-Fini la partoriente può chiedere un permesso di soggiorno per salute sei mesi prima e fino a sei mesi dopo il parto, ma adesso – si chiede – chi lo farà sapendo così di autodenunciarsi? E dove finiranno i clandestini morti? E cosa succederà a scuola, dove il clandestino può iscriversi a quella dell’obbligo (ma non oltre, nonostante l’art. 34 della Costituzione) ma mettendo a rischio la permanenza in Italia dei genitori? Le nuove norme rendono anche più difficili i ricongiungimenti familiari, l’iscrizione anagrafica (per il requisito delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile e per la cancellazione dopo soli sei mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno). L’introduzione del permesso di soggiorno «a punti» (come per la patente», espone poi gli immigrati a possibili ricatti. Con che coraggio potrà cercare di far valere i suoi diritti nei confronti della pubblica amministrazione (dalle Asl, alla Questura) sapendo che può essere «penalizzato» per questo con la decurtazione di punti? «Il rischio – ci dice Elsa – è che molti immigrati diventino “invisibili”. Che si rifugino in un mondo parallelo che si organizza, dalla sanità al lavoro, all’abitazione».

È quello che teme anche Cora Prussi, presidente toscana dell’Anolf-Cisl, il settore immigrati del sindacato. «Questo decreto – ci spiega – sembra voler contrastare la clandestinità ma, al contrario, la genera instaurando misure che, oltre ad essere lesive di alcuni diritti fondamentali, rendono gli immigrati ancora più invisibili all’interno della nostra società».

In Toscana, ad esempio «rischiano di diventare clandestine migliaia di badanti ancora in attesa di essere regolarizzate con il decreto flussi 2007. Queste donne saranno dunque delle clandestine e di conseguenza fuorilegge e per l’immaginario collettivo “delinquenti”». Non ci si vuol render conto «che è il sistema farraginoso e discosto dalla realtà che le mette fuori legge contro la loro volontà».

Più cauta Irene Lapiccirella. Per la sua lunga esperienza accanto agli immigrati, in particolare alle donne somali, che fuggivano da guerra e leggi islamiche, è giusto che allo straniero si chieda un «accordo di integrazione» e che dimostri la sua volontà ad integrarsi. Anche noi se andiamo in Africa dobbiamo adattarci a quella cultura, perché non dovrebbero farlo loro? «Capisco una fascia debole che debba essere sostenuta – aggiunge –. Se mi arriva una mamma clandestina con un bambino di 8 mesi e non sa dove andare, io non denuncio nessuno e l’accolgo. E su questa linea penso che si muoverà tutto l’associazionismo».

A casa «S. Lucia» ospitano donne e madri con bambini. Hanno sempre favorito per queste donne il lavoro di «badanti», l’unico che permetta di inviare somme consistenti nei paesi di origine, dove hanno la famiglia. Chi lavora ad ore si vede portar via il 90% dei guadagni dalle spese per alloggio e affitto. Una badante, invece, ha uno stipendio (nei contratti che fanno firmare loro) attorno ai 950 euro, più vitto e alloggio. Per questo vede positivamente la possibilità di una regolarizzazione a settembre.

Ma è anche preoccupata per i meccanismi da seguire. Queste badanti dovrebbero tornare nei loro paesi e attendere il visto. Una procedura pericolosa. «C’è il rischio che le loro ambasciate le facciano star lì 3 o 4 mesi, con la possibilità di perdere il lavoro. È quindi importantissimo che il nostro governo faccia degli accordi precisi in modo che in 15 giorni possano ottenere il permesso di soggiorno». E come le colleghe della Caritas punta il dito sulla burocrazia, la cosa «più drammatica» che esiste oggi. «Le Questure devono consegnare i permessi al massino in 60 giorni. Loro dicono che non possono prendere informazioni dei reati commessi in tempi brevi… Capisco ma si devono trovare gli strumenti per velocizzarli. Perché una persona non solo non sa se è garantita la sua regolarità, ma molto spesso rischia di perdere il lavoro. Ho una ragazza marocchina che sta aspettando il permesso di soggiorno per essere assunta da una parrucchiera. La proprietaria finora la sta aspettando, ma ad un certo punto non potrà farlo più. Se non correggono queste difficoltà burocratiche – conclude – casca tutto. Non vedo tanti rischi sul pacchetto in sé quanto sul non aver corretto la parte burocratica. Ed è anche per questo che gli immigrati hanno paura».

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