Toscana

Regionali, torna il «Seggiolotto»: ecco i 55 «nominati»

di Simone Pitossi

Liste presentate, consiglieri eletti (liste e candidati). I giochi sono fatti. La grande distanza tra Pd e Pdl – i sondaggi su questo concordano – e la legge elettorale (senza preferenze e maggioritaria: chi ha un voto in più vince) consentono di fare delle previsioni molto verosimili. Pochi i margini di errore. La variabile più incerta è costituita dalla soglia del 4%: alcuni partiti potrebbero non superarla. L’altra variabile sono gli scarti a livello provinciale: poche migliaia di voti possono spostare un consigliere da una provincia ad un’altra. Comunque, ora che abbiamo messo le mani avanti, cominciamo questo «gioco». Purtroppo, già giocato – in precedenza – sui tavoli delle segreterie dei partiti. E allora proviamo a definire quali saranno i consiglieri «nominati» dai cittadini il 28 e 29 marzo.

Il «bottino» dei 55 seggi (nel 2005 erano 65) sarà probabilmente diviso così: 32 consiglieri più 1 (il presidente) alle liste di maggioranza, 21 più 1 (il miglior candidato sconfitto) alle opposizioni. Da non dimenticare che, per la maggioranza, ai 32+1 dobbiamo aggiunge anche i 10 assessori (esterni al Consiglio). Totale: 65 (erano 79 nel 2005).

Se si votasse oggi – secondo i sondaggi – farebbe la parte del leone il Partito Democratico con 25 consiglieri eletti ai quali andrebbe aggiunto il presidente Enrico Rossi. A Italia dei Valori e Federazione di Sinistra (Rifondazione, Pdci e Verdi) gli altri 7. Unica incertezza il risultato dei «vendoliani» di Sel (Sinistra, ecologia e libertà): se riuscirà a passare lo sbarramento del 4% – ipotesi al momento poco probabile – prenderà 2 seggi a svantaggio del Pd.

Per il Pd quindi entreranno in Consiglio i cinque del listino: Andrea Manciulli, Caterina Bini, Pieraldo Ciucchi, Daniela Lastri e Alberto Monaci (probabile presidente del Consiglio regionale). Poi entreranno i candidati delle circoscrizioni provinciali. Firenze dovrebbe eleggere almeno 6 consiglieri: in rigoroso ordine di lista, Vittorio Bugli, Gianluca Parrini, Alessia Ballini, Paolo Bambagioni, Nicola Danti e Eugenio Giani (Simone Naldoni, settimo, dovrebbe subentrare a Bugli, probabile assessore). A questa considerevole truppa fiorentina si dovrebbero aggiungere: il massese Loris Rossetti, da Lucca Marco Remaschi e Giovanni Ardelio Pellegrinotti, il pistoiese Gianfranco Venturi, da Livorno Matteo Tortolini e Marco Ruggeri, i senesi Marco Spinelli e Rosanna Pugnalini, il pratese Fabrizio Mattei (probabile capogruppo Pd), da Arezzo Vincenzo Ceccarelli e Enzo Brogi, i pisani Ivan Ferrucci e Pier Paolo Tognocchi, da Grosseto Anna Rita Bramerini che, però, tornerà a fare l’assessore e lascerà il posto a Lucia Matergi. Se arrivasse un altro consigliere potrebbe scattare, nell’ordine, il secondo a Pistoia (Daniela Belliti), il secondo a Prato (Massimo Logli) o il terzo a Pisa (Fabiana Angiolini).

L’Idv potrebbe avere 3 seggi (la soglia, in maggioranza, è 5,3%) o 4 (la soglia è oltre il 6%). Se confermasse l’ottimo risultato delle Europee i primi quattro ad entrare sarebbero quelli del listino: Fabio Evangelisti, Pancho Pardi, Sonia Alfano, Marco Manneschi: i primi tre sono «big» nazionali e dovrebbero lasciare il posto all’ultimo (Giuliano Fedeli) e ai migliori due delle circoscrizioni. In prima fila la capolista di Firenze Cristina Scaletti, poi buone possibilità per Maria Luisa Chincarini (Pisa), Renato Baldi (Lucca), Marta Gazzarri (Livorno).

Stesso discorso per la Federazione della Sinistra. Probabili i primi tre del listino regionale: Monica Sgherri (Rifondazione), Paolo Marini (Pdci), Mauro Romanelli (Verdi). Unica incertezza, come detto, la presenza in Consiglio di Sel: oltre la soglia del 4% (al momento difficile) toccherà a Alessia Petraglia e Mario Lupi sedere in Consiglio (prendendo il posto dei secondi di Lucca e di Arezzo o Siena del Pd), altrimenti molto più probabile un posto di assessore.

Per quanto riguarda le opposizioni, almeno 2 posti toccheranno all’Udc. Il candidato presidente Francesco Bosi e l’unico candidato del listino Nedo Poli – entrambi parlamentari – lasceranno il posto a Marco Carraresi (Firenze) e, probabilmente, a Giuseppe Del Carlo (Lucca). Nel caso di buon risultato elettorale (la soglia è 5,7% per le opposizioni) o che la Lega Nord non superi il quorum si potrebbe aggiungere un terzo consigliere: in «pole position» Luca Titoni (Pisa), a seguire Lorenzo Zirri (Arezzo).

Altri 2 posti saranno appannaggio della Lega Nord (che appoggia il candidato presidente Pdl): dentro Antonio Gambetta (nel listino) e il capolista di Firenze Claudio Morganti, parlamentare, che potrebbe lasciare il posto a Gianluca Lazzeri. Il terzo – in caso di responso elettorale oltre le previsioni – potrebbe essere Marina Staccioli (Lucca) o Federico Tosoni (Prato).

Infine eccoci arrivati al Pdl: in totale dovrebbero essere 17 i consiglieri eletti. Innanzitutto i cinque del listino: Alessandro Antichi, Stefania Fuscagni, Salvatore Bartolomei, Marco Taradash e Stefano Mugnai. Diamo per scontato che i tre del listino (Fuscagni, Mugnai, Taradash) presenti anche come capolista – rispettivamente a Firenze, Arezzo e Livorno – lascino il posto nelle circoscrizioni a chi segue. Quindi sarebbero eletti i 3 fiorentini: Nicola Nascosti, Paolo Marcheschi, Tommaso Villa. A seguire un candidato per provincia (anche se, in caso di buon risultato di Udc o Lega, potrebbero rimanere senza il seggio Siena o Massa o addirittura tutte e due): Paolo Ammirati (Arezzo), Andrea Agresti (Grosseto), Giovanni Santini (Lucca), Jacopo Ferri (Massa Carrara), Giovanni Donzelli (Pisa), Roberto Benedetti (Pistoia), Alberto Magnolfi (Prato), Claudio Marignani (Siena) e Maurizio Zingoni (Livorno). A questi ci sarebbe da aggiungere il seggio che Monica Faenzi, candidata a presidente Pdl, lascerà libero in caso di sconfitta: potrebbe scattare il secondo a Lucca (Letizia Bandoni).

Preferenze, l’apertura di Rossi non piace al Pdl

di Claudio Turrini

Il sasso l’ha lanciato un po’ a sorpresa Enrico Rossi, candidato del Pd alla presidenza della Toscana. Prima con una lettera al Corriere Fiorentino e poi con un’intervista alla Nazione. Questa legge elettorale regionale – ha detto in sostanza Rossi – è oggettivamente fallita, perché ha reso il voto «virtuale». Da un lato abbiamo infatti «liste bloccate che lasciano al cittadino solo la possibilità di esprimere il voto di lista». E dall’altra «candidati governatori virtuali che dopo il 29 marzo spariranno». Mentre le «primarie», che la Toscana, unica regione in Italia, ha disciplinato per legge, non decollano. Da qui la proposta: «ripristinare le preferenze». O, in alternativa, introdurre almeno collegi uninominali.

Positivo il commento dell’Italia dei valori che con il capolista Franco Evangelisti, ricorda come la riforma della legge elettorale regionale» sia un «punto irrinunciabile e urgente del programma 2010-2015 per riconsegnare lo scettro delle decisioni ai cittadini e mettere fine agli inciuci con il Pdl». E anche a sinistra si sfonda una porta aperta. «Abbiamo già raccolto diverse migliaia di firme – ha spiegato Fabio Roggiolani, esponente di Sinistra-ecologia-libertà – e sosteniamo con forza il ritorno al voto di preferenza. Ma la legge va cambiata anche per quanto riguarda lo sbarramento del 4%, una vera forzatura».

Scontato anche il «sì» di Francesco Bosi, candidato presidente dell’Udc, unico partito che si è sempre opposto tenacemente all’abolizione delle preferenze e, più in generale, a questa legge elettorale toscana. Le dichiarazioni di Rossi – ha commentato Bosi – dimostrano «come la nostra battaglia non è stata vana, ma comincia ad ottenere risultati concreti, con l’obiettivo di riconciliare la politica con la gente e con i problemi reali. Spero che la Faenzi assuma la medesima posizione e si possano individuare alcuni punti comuni sui quali convergano i candidati presidente».

Speranza vana, perché il Popolo della Libertà, invece, ha subito risposto picche, nonostante che la definizione delle liste in Toscana abbia causato più di un «mal di pancia» per l’epurazione di chiunque non fosse in linea con il coordinatore nazionale Denis Verdini. «Rossi sembra sempre più il capo dell’esercito dei Visitors, capitato qui per caso in mezzo a noi dopo anni di assoluto silenzio. Rossi dimentica che la legge regionale che ha abolito le preferenze è stata voluta anche, e soprattutto, dal suo partito senza che il potente assessore alla sanità abbia piegato ciglio», ha commentato duro in una nota il presidente del gruppo Fi-Pdl in Consiglio regionale Alberto Magnolfi, accusando Rossi di «spregiudicata demagogia». «La legge elettorale regionale toscana – ha aggiunto – ha il merito di rafforzare il bipolarismo, riducendo lo sbriciolamento dei gruppi consiliari e quindi aumentando la funzionalità delle Istituzioni. Resta aperta – e lo abbiamo sempre detto – la questione dei meccanismi di selezione dei rappresentati da eleggere. Se si vuol affrontare seriamente il problema si deve guardare in avanti, non certo al ritorno delle preferenze come le abbiamo conosciute».

Sulla stessa linea Massimo Parisi, coordinatore regionale del Pdl, che avverte: «La legge elettorale non si cambia ogni cinque minuti». Rossi cerca di smarcarsi dalla sua storia e dal  Quello di Rossi «è solo un tentativo demagogico di inseguire l’Udc. La legge garantirà la governabilità: questo è quello che conta, non certo il voto di preferenza».

Sia con Rossi che con Bossi se la prende anche il candidato presidente di Pdl e Lega Nord, Monica Faenzi, che ricorda come il primo fosse «al governo della Regione quando vennero abolite le preferenze». Quanto a Bosi la Faenzi ricorda «che l’Udc in Parlamento ha votato a favore di una legge elettorale simile a quella toscana. Una legge elettorale che ha garantito la governabilità, grazie al premio di maggioranza e la rappresentatività delle province toscane». E conclude parafrasando Churchill: «la nostra è la peggior legge elettorale, escluse tutte le altre».

Come si votaLa riforma del sistema elettorale toscano, introdotta assieme alle modifiche allo Statuto regionale nell’ottobre scorso, ha ridotto il numero dei consiglieri regionali dai 65 precedenti agli attuali 55, comprensivi del presidente della giunta regionale e del candidato della coalizione che abbia ottenuto più voti, tra quelle sconfitte. Ridotti anche gli assessori, che passano da 14 a 10. Aumentano invece i candidati del «listino regionale» che adesso possono essere fino a 5 (di cui almeno una donna). Sono loro ad essere eletti per primi se la loro lista supera – su base regionale – il 4% dei voti. Nel caso che alla lista spettino poi anche altri eletti, o che quelli del listino rinuncino, si attinge alle liste provinciali, procedendo in ordine di presentazione, dal momento che non esiste il voto di preferenza.

Sulla scheda elettorale il voto ad una lista si trasferisce automaticamente anche al candidato presidente. Se invece un elettore indica solo il candidato presidente, il voto non andrà a nessuno dei partiti o dei movimenti che lo sostengono. È possibile anche votare il candidato presidente di uno schieramento e un partito di una diversa coalizione (il cosiddetto «voto disgiunto»).