Toscana
Il Papa che ha conquistato l’Inghilterra
di Fabio Zavattaro
Di questo viaggio in Gran Bretagna di papa Benedetto resteranno alcune immagini, quasi istantanee capaci non solo di farci ricordare l’evento ma anche di offrirci delle chiavi di lettura di tutta la visita. E la prima immagine è la folla: a Glasgow, come a Londra, soprattutto la sera della veglia ad Hyde Park. Il Paese non è rimasto indifferente alla visita del Papa di Roma: sia chi è sceso per le strade per protestare contro il viaggio e i costi della visita questa una delle accuse più ripetute sia chi ha voluto manifestare la gioia della fede partecipando alle cerimonie o salutando il Papa lungo le strade. È come se con la sua presenza Benedetto XVI abbia costretto cattolici, anglicani, non credenti a sedersi e riflettere sul senso e il significato della visita, la prima di un Papa invitato ufficialmente dalla Regina. E non è un fatto indifferente in un Paese dove si guarda con grande scrupolo al politicamente corretto, tanto che il 25 dicembre non si fanno gli auguri di Natale ma quelli «di stagione».
Le folle dunque hanno impressionato i commentatori del Regno Unito, i media hanno visto smentite le loro previsioni su accoglienza e partecipazione e le tv hanno seguito in diretta tutti gli appuntamenti del Papa che un giornale britannico non chiama più il custode inflessibile dell’ortodossia, ma il nonno che ha conquistato l’Inghilterra.
Di foto in foto, ecco la stretta di mano a Edimburgo, tra il Papa e la Regina Elisabetta II salita nel 1952 sul trono di Enrico VIII, il Re che nel 1533 fece l’atto di supremazia separandosi dalla Chiesa di Roma. Udienza nel palazzo di Holyroodhouse, che evoca l’immagine della santa croce e fa volgere lo sguardo alle profonde radici cristiane del Paese. Occasione per il Papa per ricordare che la Gran Bretagna si oppose alla tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente agli ebrei considerati non degni di vivere.
A Glasgow è la carezza al bambino malato di tumore a restare impressa nella nostra lastra fotografica: un gesto che è anche appello, in un tempo in cui la Chiesa deve fare i conti con gli abusi che alcuni sacerdoti e religiosi hanno compiuto nei confronti di minori, quella carezza del Papa è segno di affetto, di impegno perché quelle immense sofferenze non abbiano più a ripetersi. Così nella cattedrale di Westminster papa Benedetto non solo esprime il suo «profondo dolore alle vittime innocenti di questi inqualificabili crimini», ma insieme manifesta «la speranza che il potere della grazia di Cristo, il suo sacrificio di riconciliazione, porterà profonda guarigione e pace alle loro vite». E riconosce «la vergogna e l’umiliazione che tutti abbiamo sofferto a causa di questi peccati». Sofferenze che, offerte al Signore, contribuiranno «alla guarigione delle vittime, alla purificazione della Chiesa». Prove e tribolazioni; Cristo in agonia fino alla fine del mondo, dice il Papa citando Pascal. E qui il pensiero va soprattutto ai tanti cristiani che nel mondo ancora oggi patiscono discriminazioni e persecuzioni a causa della fede: i martiri di ogni tempo.
La terza istantanea, l’incontro con l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, e con i leader religiosi. Così davanti ad anglicani e protestanti nell’abbazia di Westminster il Papa dice: ciò che condividiamo in Cristo è più forte di ciò che ci divide. E al St. Mary College, a ebrei, musulmani, sikh, hindu, Benedetto XVI ribadisce che c’è vero dialogo e collaborazione nella reciprocità; quindi guardando alla situazione in alcuni Paesi del mondo, facile pensare alle violenze di matrice integralista, dice: «La collaborazione e il dialogo fra religioni richiede il rispetto reciproco, la libertà di praticare la propria religione e di compiere atti di culto pubblico, come pure la libertà di seguire la propria coscienza senza soffrire ostracismo o persecuzione, anche dopo la conversione da una religione ad un’altra». Una volta che tale rispetto e attitudine aperta sono stabiliti, persone di tutte le religioni lavoreranno insieme in modo efficace per la pace e la mutua comprensione, offrendo perciò una testimonianza convincente davanti al mondo.
La visita di Benedetto XVI nel Regno Unito è stata classificata e impostata nel suo protocollo come visita di Stato. In realtà, oltre i saluti ufficiali e formali tutto si è svolto come un evento di schietta ispirazione pastorale. Il passo più politico dei discorsi del Papa è quello riferito alla seconda guerra mondiale, e al periodo delle massicce incursioni dell’aviazione del regime nazista sull’Inghilterra, fino alla distruzione di intere città. È tristemente noto il termine, in italiano «coventrizzare», dal nome della città inglese di Coventry rasa al suolo, per indicare la distruzione totale del suolo di un’intera città. È stato solo un passaggio, forte e coraggioso, come i reiterati riferimenti sulle vittime della pedofilia di ecclesiastici. Tragedie di diversa natura, per le quali è comune la vergogna e il pianto. Il Papa lo ha fatto. Ha detto di vergognarsi ed ha pianto.
Lo spirito e la parola dei suoi altri discorsi sono stati lontani da formalismi e diplomazia. È andato al cuore dei problemi e alle radici della verità. Agli studenti delle scuole cattoliche ha rivolto un appello quanto mai lontano da persuasivi allettamenti umani: li ha invitati a diventare santi, i santi del terzo millennio. Non c’è nessuna mèta più bella di questa, perché solo Dio ci ama di amore infinito e solo in lui si trova la felicità. E agli insegnanti di quelle scuole ha ricordato che non devono solo informare, né svolgere il loro insegnamento in senso utilitaristico, anche qui seguendo l’insegnamento di Newman nei suoi scritti sull’Università, ma additare la via della sapienza. Nessuna conoscenza distaccata e distolta dalla sapienza, che è conoscenza della verità delle cose alla luce del loro Creatore, può essere «utile» alla realizzazione della persona umana e della sua felicità.
Discorsi che vanno diritti al cuore anche degli altri temi svolti dal Papa in Gran Bretagna. In ambito ecumenico additando come modello Newman ha voluto certamente riaffermare la piena identità cattolica della Chiesa che ha il suo centro visibile in Roma, ma senza dimenticare e tanto meno disprezzare l’esperienza di vita cristiana presente nella Comunione anglicana. Benedetto XVI, con somma umiltà, ha ricondotto il cammino dell’unione alle primitive fondamentali intuizioni: «Ciò che condividiamo è più di quanto ci divide», già espresse da quell’antesignano dell’ecumenismo che fu Giovanni XXIII. Ricordando il centenario del movimento ecumenico, che ha avuto origine a Edimburgo nel 1910, ha notato che vi sono e vi saranno ancora difficoltà, ma queste devono essere poste dentro il grande orizzonte dell’attuale società e commisurate con lo svilupparsi del pluralismo religioso verso il quale i cristiani devono andare incontro insieme in nome dell’unica fede nel Salvatore di tutti gli uomini. Il grande Crocifisso innalzato al centro della Cattedrale di Westmister, dalle ampie braccia spalancate per l’abbraccio a tutti gli uomini, con la sua forza espressiva esime Benedetto dallo svolgere sottili argomentazioni dottrinali per illustrare l’unità e l’universalità della salvezza. Il Papa è andato a parlare «cuore a cuore», secondo lo stile di Newman. Dio è uno, ha detto ai rappresentanti delle varie religioni, dobbiamo comportarci tutti come amici, operando per la pace e la tutela del creato. Il cristianesimo è una religione «inclusiva», non esclude nessuno, sapendo che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità (1Tm 2,4), camminando gli uni accanto agli altri e assumendo uno spirito «irenico» come quello di Newman. Ratzinger ha usato proprio questo termine, volendo indicare che la diversità di religione («diversamente credenti») non deve mai condurre alla conflittualità tra i popoli e anzi deve essere una grande scuola di pace e riconciliazione tra popoli e nazioni del mondo. Tutti i credenti hanno il compito di collaborare tra loro come in un legame di stretta alleanza per la difesa della creazione «sfigurata» e sfruttata per scopi egoistici, minacciata da inquinamenti e distruzioni.
I fedeli di tutte le religioni, in una parola, sono da rispettare per la loro nobile azione di elevare e sostenere la dimensione spirituale degli esseri umani, impegnati a contrastare nel mondo la presenza di un estremismo ateo e di un secolarismo radicale che intendono desertificare le radici cristiane della civiltà europea e oscurare la luce di Dio nel mondo.
Conversione spirituale, amore, amicizia, riconciliazione, pace: le parole del Pontefice nell’arco della sua visita, in fedeltà al suo stile di guida e maestro che propone vie chiare e concrete alla portata di tutti. Con le parole di John Henry Newman, destinate agli insegnanti, il Papa ha rivolto un appello che ha valore del tutto attuale: «Io voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscano la loro religione, che in essa vi entrino, che conoscono il loro credo così bene da saperne dare conto». Da qui ha inizio la rinascita della speranza per l’Inghilterra e per l’Europa, bisognose di testimoni preparati e credibili.
DITTATURA DEL RELATIVISMO. L’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una «dittatura del relativismo» minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo. Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all’uguaglianza e alla libertà. Al contrario, la religione è in verità una garanzia di autentica libertà e rispetto, che ci porta a guardare ogni persona come un fratello od una sorella.( ) La società odierna necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità.
LE TENTAZIONI DEI GIOVANI. Infine, desidero rivolgere una parola a voi, miei cari giovani cattolici di Scozia. Vi esorto a vivere una vita degna di nostro Signore (cfr Ef 4,1) e di voi stessi. Vi sono molte tentazioni che dovete affrontare ogni giorno droga, denaro, sesso, pornografia, alcool che secondo il mondo vi daranno felicità, mentre in realtà si tratta di cose distruttive, che creano divisione. C’è una sola cosa che permane: l’amore personale di Gesù Cristo per ciascuno di voi. Cercatelo, conoscetelo ed amatelo, ed egli vi renderà liberi dalla schiavitù dell’esistenza seducente ma superficiale frequentemente proposta dalla società di oggi. Lasciate da parte ciò che non è degno di valore e prendete consapevolezza della vostra dignità di figli di Dio. (Messa nel Bellahouston Park – Glasgow, 16 settembre 2010 – testo integrale)
CHIAMATI ALLA SANTITA’. La cosa che Dio desidera maggiormente per ciascuno di voi è che diventiate santi. Egli vi ama molto più di quanto voi possiate immaginare e desidera per voi il massimo. E la cosa migliore di tutte per voi è di gran lunga il crescere in santità. Forse alcuni di voi non ci hanno mai pensato prima d’ora. Forse alcuni pensano che essere santi non sia per loro. ( ) Quando vi invito a diventare santi, vi sto chiedendo di non accontentarvi di seconde scelte. Vi sto chiedendo di non perseguire un obiettivo limitato, ignorando tutti gli altri. Avere soldi rende possibile essere generosi e fare del bene nel mondo, ma, da solo, non è sufficiente a renderci felici. Essere grandemente dotati in alcune attività o professioni è una cosa buona, ma non potrà mai soddisfarci, finché non puntiamo a qualcosa di ancora più grande. Potrà renderci famosi, ma non ci renderà felici. La felicità è qualcosa che tutti desideriamo, ma una delle grandi tragedie di questo mondo è che così tanti non riescono mai a trovarla, perché la cercano nei posti sbagliati. La soluzione è molto semplice: la vera felicità va cercata in Dio. (Agli alunni del St Mary’s University College a Twickenham, Londra, 17 settembre – testo integrale)
SOCIETà MULTICULTURALE. Da una parte, la cultura che ci circonda si sviluppa in modo sempre più distante dalle sue radici cristiane, nonostante una profonda e diffusa fame di nutrimento spirituale. Dall’altra, la crescente dimensione multiculturale della società, particolarmente accentuata in questo Paese, reca con sé l’opportunità di incontrare altre religioni. Per noi cristiani ciò apre la possibilità di esplorare, assieme ai membri di altre tradizioni religiose, delle vie per rendere testimonianza della dimensione trascendente della persona umana e della chiamata universale alla santità, conducendoci a praticare la virtù nella nostra vita personale e sociale. La collaborazione ecumenica in tale ambito rimane essenziale, e porterà sicuramente frutti nel promuovere la pace e l’armonia in un mondo che così spesso sembra a rischio di frammentazione. (Visita all’Arcivescovo di Canterbury nel Lambeth Palace, Londra, 17 settembre – testo integrale)
UNITA’ IN CRISTO. Il nostro impegno per l’unità dei cristiani non ha altro fondamento che la nostra fede in Cristo, in questo Cristo, risorto da morte e assiso alla destra del Padre, che tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. È la realtà della persona di Cristo, la sua opera salvifica e soprattutto il fatto storico della sua risurrezione, che è il contenuto del kerygma apostolico e di quelle formule di fede che, a partire dal Nuovo Testamento stesso, hanno garantito l’integrità della sua trasmissione. L’unità della Chiesa, in una parola, non può mai essere altro che una unità nella fede apostolica, nella fede consegnata nel rito del Battesimo ad ogni nuovo membro del Corpo di Cristo. E’ questa fede che ci unisce al Signore, che ci fa partecipi del suo Santo Spirito e perciò, anche adesso, partecipi della vita della Santissima Trinità, il modello della koinonia della Chiesa qui sulla terra. (Celebrazione ecumenica a Westminster Abbey, Londra, 17 settembre 2010 – testo integrale)
ETICA E POLITICA. La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi.
IL NATALE NON OFFENDE. Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi sono altri ancora che paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza. Questi sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica. (Incontro con mondo della cultura, imprenditori e leader religiosi al Westminster Hall, Londra, 17 settembre 2010 – testo integrale)
UN PREZZO DA PAGARE. L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata.
VITA E FEDE. Infine, Newman ci insegna che se abbiamo accolto la verità di Cristo e abbiamo impegnato la nostra vita per lui, non vi può essere separazione tra ciò che crediamo ed il modo in cui viviamo la nostra esistenza. Ogni nostro pensiero, parola e azione devono essere rivolti alla gloria di Dio e alla diffusione del suo Regno. Newman comprese questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristiano. (Veglia di Preghiera ad Hyde Park, Londra, 18 settembre – testo integrale)
A 70 ANNI dALLA «BATTLE OF BRITAIN». Questa domenica particolare, inoltre, segna un momento significativo nella vita della nazione britannica, poiché è il giorno prescelto per commemorare il 70mo anniversario della “Battle of Britain”. Per me, che ho vissuto e sofferto lungo i tenebrosi giorni del regime nazista in Germania, è profondamente commovente essere qui con voi in tale occasione, e ricordare quanti dei vostri concittadini hanno sacrificato la propria vita, resistendo coraggiosamente alle forze di quella ideologia maligna. Il mio pensiero va in particolare alla vicina Coventry, che ebbe a soffrire un così pesante bombardamento e una grave perdita di vite umane nel novembre del 1940. Settant’anni dopo, ricordiamo con vergogna ed orrore la spaventosa quantità di morte e distruzione che la guerra porta con sé al suo destarsi, e rinnoviamo il nostro proposito di agire per la pace e la riconciliazione in qualunque luogo in cui sorga la minaccia di conflitti. (Messa di beatificazione a Cofton Park di Rednal, Birmingham, 19 settembre – testo integrale)
CREDIBILITA’ MINATA. Un altro argomento che ha ricevuto molta attenzione nei mesi trascorsi e che mina seriamente la credibilità morale dei responsabili della Chiesa è il vergognoso abuso di ragazzi e di giovani da parte di sacerdoti e di religiosi. In molte occasioni ho parlato delle profonde ferite che tale comportamento ha causato, anzitutto nelle vittime ma anche nel rapporto di fiducia che dovrebbe esistere fra sacerdoti e popolo, fra sacerdoti e i loro Vescovi, come pure fra le autorità della Chiesa e la gente. So bene che avete fatto passi molto seri per portare rimedio a questa situazione, per assicurare che i ragazzi siano protetti in maniera efficace da qualsiasi danno, e per affrontare in modo appropriato e trasparente le accuse quando esse sorgono. Avete pubblicamente fatto conoscere il vostro profondo dispiacere per quanto accaduto e per i modi spesso inadeguati con i quali, in passato, si è affrontata la questione. La vostra crescente comprensione dell’estensione degli abusi sui ragazzi nella società, dei suoi effetti devastanti, e della necessità di fornire adeguato sostegno alle vittime, dovrebbe servire da incentivo per condividere, con la società più ampia, la lezione da voi appresa. In realtà, quale via migliore potrebbe esserci se non quella di fare riparazione per tali peccati avvicinandovi, in umile spirito di compassione, ai ragazzi che soffrono anche altrove per gli abusi? Il nostro dovere di prenderci cura della gioventù esige proprio questo e niente di meno. (Ai vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia, Birmingham, 19 settembre – testo integrale)