Toscana

Previsti in Toscana altri mille migranti da Lampedusa

Era già tutto pronto lo scorso lunedì 11 marzo per la concessione del permesso temporaneo di soggiorno, valido 6 mesi, ai 483 migranti provenienti da Lampedusa e ospitati nella ventina di strutture di accoglienza messe a disposizione dalla Toscana. Erano stati organizzati anche i servizi navetta verso la Questura di Firenze. Poi improvvisamente l’intoppo per problemi burocratici. Ma dovrebbe essere solo questione di giorni. Poi, con quel permesso potranno circolare nell’area Schengen, nonostante che Francia, Austria e Germania abbiano già fatto sapere che per loro non basta e che li respingeranno alle frontiere.

Solo chi è arrivato in Italia tra il 1° gennaio e il 5 aprile potrà comunque ottenere il «permesso» per motivi umanitari. Probabile quindi che tra i prossimi arrivi in Toscana non tutti siano in queste condizioni. Perché il «contingente» di migranti che spetta alla nostra regione è destinato ad aumentare nei prossimi giorni. Secondo il decreto voluto dal ministro Maroni che ha decretato «lo stato di emergenza umanitaria nel territorio del Nord Africa per consentire un efficace contrasto dell’eccezionale afflusso di cittadini nel territorio nazionale», alla Toscana, in base alla sua popolazione, spetta il 6,44% di quei 25 mila che finora sono sbarcati a Lampedusa. In tutto 1.610 migranti. Il triplo di quelli arrivati finora. Sull’accoglienza dei migranti «noi rifaremo la nostra parte dopo che lo faranno anche Veneto, Lombardia, Piemonte e anche l’Emilia Romagna, che sugli immigrati fa un po’ il “nesci”», ha ammonito però il presidente della regione Enrico Rossi, che ha rivendicato la bontà del «modello Toscana», la scelta cioè di distribuirli in tanti piccoli centri disseminati nel territorio, in accordo con enti locali e volontariato, adesso seguita anche da altre regioni, come il Veneto leghista.

Un modello che effettivamente sta creando meno problemi di quello ipotizzato all’inizio dal ministro Maroni e messo in pratica in alcune regioni del Sud, cioè il «concentramento» di migliaia di migranti in tendopoli allestite in ex basi militari. Ma per funzionare ha bisogno della collaborazione del volontariato e di chi da sempre si occupa degli «ultimi», cioè la Chiesa. Nella nostra regione più della metà dei migranti tunisini trasferiti da Lampedusa sono ospiti di strutture messe a disposizione da diocesi, parrocchie o associazioni cattoliche.

In Provincia di Firenze si arriva all’80%, con ospiti alla Madonnina del Grappa, a Villa Pieragnoli (della Caritas), all’Oasi dei Padri Mercedari al Galluzzo, alla casa Emmaus della Misericordia di Empoli, alla parrocchia di S.Maria a Morello a Sesto, ad una casa di accoglienza a Scandicci. In Maremma sono state utilizzate le strutture del Rifugio S. Anna, fondato da don Luigi Rossi, sia a Massa Marittima che a Gerfalco. A San Marcello Pistoiese 40 tunisini sono ospiti della casa vacanze «Monsignor Longo Dorni». A Lucca la Caritas ospita 10 migranti nel centro di di accoglienza di Lunata, nel comune di Capannori. A San Miniato la diocesi ha messo a disposizione l’Oasi Madonnina del Buon Viaggio a Montopoli e un’altra struttura a S. Croce sull’Arno. 32 migranti hanno trovato alloggio a Stia, in una casa della parrocchia. E la Diocesi di Arezzo ne ospita un bel gruppo in una canonica a Palazzuolo oltre ad aver dato asilo a due diciassettenni alla «Casa Don Bosco», ad Arezzo, una comunità educativa per minori che si trovano in condizioni di disagio, realizzata dall’Associazione Migrantes.

La generosità delle Chiese toscane di fronte all’emergenza immigratiI vescovi toscani, nel corso della loro assemblea, «hanno subito posto attenzione al dramma degli immigrati tunisini e in generale al contesto di tensione e di conflitto che investe tutta l’Africa del nord. In particolare si è sottolineato con riconoscenza, come le Chiese della Toscana, in linea con la loro millenaria tradizione di carità, hanno dimostrato in questo periodo di emergenza, una grande disponibilità all’accoglienza e una straordinaria generosità, attraverso la rete delle Caritas diocesane e parrocchiali, le Migrantes, il mondo dell’associazionismo e del volontariato, in rispettosa e feconda collaborazione con le istituzioni civili».

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