Toscana

Nuova moda: le vacanze «no kid»

di Andrea Bernardini

Era l’agosto del 2004. Vacanza in Veneto, dopo anni di puntate all’estero. Padova, Verona, Garda, in ostello e in campeggio. Bambini al seguito: Rachele, di 4 anni, le altre due, Irene e Miriam, gemelle, di 4 mesi. In quei giorni capimmo quanto sarebbe stato difficile, da allora in poi, chiuder casa ed evadere altrove.

Per entrare nella cappella degli Scrovegni a Padova fummo costretti a pagare la quota di prenotazione anche per le neonate. Chiedemmo spiegazioni. Ci risposero: «Basta che respirino».

Quando giungemmo a Strà (Venezia) scoprimmo che l’ingresso alla Villa Pisani era interdetto a «cani e passeggini». Non potevamo tenerci in collo per un’ora e mezzo – la durata della visita – le gemelle che si erano appena addormentate. Dopo aver litigato con le dipendenti della villa, caricammo la navicella in auto e ce ne tornammo in campeggio. In qualche cassetto devo aver conservato la foto di mia moglie con figlie di fronte a quel cartello, tanto mi pareva assurdo e dunque notiziabile.

Sono trascorsi sette anni. E ho la sensazione che i servizi «no-kid» si siano moltiplicati, apprezzati da chi non sopporta di convivere con i pargoli (degli altri) mentre fa un bagno in piscina o si gusta una bistecca. «No-kid. Quaranta ragioni per non avere figli» è il titolo del libro con il quale la scrittrice Corinne Maier ha spaccato a metà l’opinione pubblica francese. Edito in Italia da Bompiani, sta tirandosi dietro un bel seguito.

«A Pisa – racconta il collega Alessandro Banti – in un ristorante sulla via Aurelia, ho aperto il menù dove ho trovato scritto più o meno così: lasciate a casa bambini e cani. Da noi non sarebbero i benvenuti». Provocazioni simili – scritte o verbali – ci sono segnalate anche da famiglie che si sono recate in un ristorante di Cesenatico, in una pizzeria di Rivalta (Reggio Emilia) o in un albergo a San Pantaleo (Sardegna) «dove – denuncia Alberto Moro, di Este (Padova), rappresentante – sicuramente non accettano bambini, forse i cani sì!».

Sulla Riviera Adriatica, ecco Morfeo, «un hotel per soli giovani» si legge nella pagina web. Prenotazioni riservate a ragazzi dai 16 ai 35 anni: dunque niente adulti in età avanzata e nemmeno bambini. Ma sono ormai molte le strutture che, se proprio non lo scrivono, almeno ti fanno capire che da loro i bambini non sono bene accetti.

La sa lunga Paolo Davini, operatore dell’agenzia «Tte Travel tour», una bella sede a Pontedera in via della Misericordia: «È vero, sono in crescita i single o le coppie con figli ormai grandi o che i figli mai li hanno avuti e che si rivolgono al nostro sportello chiedendo di poter trascorrere le vacanze lontani dalle bizze o dai giochi rumorosi di qualche pargolo. Incontrando soddisfazione in proposte sempre più mirate dell’industria del turismo. Non sempre il no-kid è declamato. Ma lei ci andrebbe con i suoi quattro figli in un villaggio turistico senza animatori, una vasca piccola, una qualunque idea per non farli annoiare a morte?».

«Inutile nasconderci dietro un dito – commenta Bruna Dentella – molti i bambini non li vogliono tra i piedi. Volete un esempio? Il sito www.scambiocasa.com propone alle famiglie di tutto il mondo di scambiare il proprio alloggio per andare in vacanza a costi contenuti. Idea interessante. Nelle schede dove è descritta la casa e sono definite le condizioni, sono presenti alcune opzioni: si accettano bambini?, animali?, fumatori?. Ebbene l’opzione no bambini è scelta frequentemente dai proprietari».

Susy Provenzale, 59 anni, ha lavorato negli anni Novanta nel piccolo aereoporto di Treviso. Ricorda: «Tutte le famiglie provenienti dall’estero portavano con loro i bambini ed a volte erano costrette a chiedermi il piacere di procurargli pannolini per il prolungarsi delle attese in sala internazionale. Dall’Italia, invece, partivano quasi esclusivamente coppie senza bambini».

«Eppure – spiega l’avvocato Antonio Cipollone, responsabile legale del Moige, Movimento italiano genitori – in Italia non è ammissibile che un ristoratore o un albergatore impedisca ai bambini l’accesso alle proprie strutture». Cipollone tira fuori dalle sue carte l’articolo 187 del regolamento di attuazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. Recita così: «…gli esercenti non possono senza un legittimo motivo rifiutare le prestazioni del proprio esercizio a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo».

Gli fa eco il giurista pisano Aldo Ciappi: «se i titolari di esercizi o servizi al pubblico espongono avvisi e pubblicità discriminatori nei confronti di clienti con bambini piccoli, compiono un atto illecito sotto il profilo civilistico e chi si sente penalizzato potrebbe chiedere il risarcimento del danno. Nessuna rilevanza penale, invece, se non nell’ipotesi di violenza privata o ingiuria, per esempio nel caso in cui l’avventore sbatta fuori – trattandola male – una famiglia con figli piccoli non graditi nel suo locale».

Non tutti, per la verità, la pensano così. Secondo Pietro Giordano, segretario generale di Adiconsum, l’associazione dei consumatori della Cisl «una struttura alberghiera o tour operator o villaggio può decidere di non accogliere bambini e/o ragazzi a patto che ne venga data comunicazione. In questo caso la comunicazione può rappresentare addirittura un valore aggiunto, come lo è la scelta di altre strutture di prevedere, al contrario, alcuni servizi ad hoc per i bambini. Ovvio che in caso di mancata o incompleta informazione, la cosa va segnalata ad Adiconsum».

Ci sono poi le discriminazioni più sottili, percepite ma non certificabili, denunciate soprattutto dalle famiglie numerose. «Quando telefono – racconta una mamma di 4 figli – a questa o quella struttura per capire se possono accogliere in un determinato periodo sei persone, la risposta è, spesso, affermativa. Quando poi specifico da chi è composta la mia famiglia, sorgono strane difficoltà e l’alloggio non è più disponibile».

Sotto accusa anche i trasporti. Giovanni De Paoli, 44 anni, imprenditore di Cavallirio (Novara), papà di 4 figli: «A Pasqua volevo recarmi in treno con i miei sulla costiera amalfitana. Ho scoperto che la tariffa famiglia prevede al massimo due adulti e tre bambini. Fantastico. E chi ha quattro figli? Ho chiesto. Beh, mi è stato risposto, non rientra nella tariffa famiglia!». Con l’offerta «bimbi gratis» varata questa estate da Trenitalia (dal 1° luglio al 31 agosto, ma limitata nei posti a disposizione), il problema può essere aggirato: i bambini di età inferiore a 12 anni, accompagnati da almeno un maggiorenne, viaggiano gratis fino al numero di 4. O in alternativa c’è l’offerta «Familia» (fino a 5 persone, di cui almeno un maggiorenne e un minore di 12 anni) che prevede prenotazione gratuita e sconti del 50% per i bambini fino a 12 anni e del 20% per le altre persone. Ma anche qui il quarto figlio non è previsto.

L’Odissea di Marco Bianchi, agente assicurativo, 40 anni, originario di Como, padre di quattro figli (di 9, 7, 4 e 3 anni). La scorsa estate Marco e famiglia salirono allo scalo di Milano su un aereo della Lufthansa per raggiungere New York (unico scalo previsto a Francoforte). Racconta il nostro: «prenotammo in anticipo. Non ci dettero, però, posti vicini. Io da solo, mia moglie con l’ultima nata, gli altri tre bambini staccati di due file. Al check-in ci fecero osservare che i bambini non possono viaggiare lontano da un adulto accompagnatore; epperò i voli sono pieni e non possono spostarci. E cosa posso fare io se non sanno leggere l’età che deve essere indicata nelle prenotazioni? “Quando siete a bordo – mi suggeriscono – potete sempre chiedere a qualcuno di cambiarvi il posto”. E perché non lo fanno loro? Insomma undici ore di volo e sembra di chiedere una raccomandazione al Ministero per garantirsi la vicinanza dei propri figli. Però chi prenota come adulto ha diritto a scegliere corridoi o finestrino, o pasto vegetariano».

È in partenza per la Sardegna la famiglia Vender, 4 figli, di Lovere (Bergamo). Sbotta Elisabetta, pasticciera: «nei biglietti andata/ritorno dei traghetti della Moby, i figli sopra gli 11 anni sono già considerati adulti. Abbiamo dovuto scucire 44 euro in più a ragazzo rispetto alla tariffa bambini. Le sembra giusto?». No, non mi sembra giusto. Ma mi consola il fatto che, ne sono sicuro, quando Irene e Miriam si saranno fatte una famiglia, memori di quello che è accaduto loro da neonate, non staccheranno mai un biglietto a Villa Pisani a Strà. Perché, per dirla con le parole di Francesca Scarpellini, – pisana, a sua volta madre di un figlio – «i figli rifiutati oggi, non saranno i vostri clienti di domani».

Nei negozi? Mal sopportatiNon è necessario prendere il treno, la nave o l’auto per rendersi conto che le nostre città non sono esattamente a misura di bambino.  Eva Macchi, 40 anni, pisana, dipendente dell’Università, mamma di due figli: «nei giorni scorsi mia figlia Angela è stata aspramente rimproverata da una giovane ed evidentemente impreparata commessa di un negozio di giocattoli in centro storico a Pisa perché aveva in mano dei giocattoli della Chicco, disposti in modo da poter essere provati. Sempre la stessa figlia venne ripresa da una commessa di un negozio di scarpe perché, per poter entrare dalla porta ostruita, aveva spostato un paio di stivali. Che dire poi delle barriere architettoniche? Se si ha il passeggino occorre arrangiarsi, idem se sei un disabile; o dell’aria condizionata a palla che trovi in molti esercizi commerciali: non è invitante per dei bambini che magari sono spesso malaticci». Nota di merito, invece, all’Ikea. Nel negozio fiorentino, ad esempio trovi parcheggi ad hoc per famiglie con figli (anche se poi sono «abusivamente» occupati dai singles); all’ingresso ti offrono 90 minuti di animazione «gratuita» per gli under ’10. A piano terra trovi una sala «relax» dotata di poltrone, fasciatoio, lavandino, persino pannolini e salviettine, dov’è possibile allattare il pupo in tutta tranquillità. Al primo piano bagni riservati alle mamme e un seggiolino alto dove sistemare temporaneamente il piccolo; nelle sale espositive trovi qua e là anche aree giochi e nessun inserviente ti guarda in cagnesco se tuo figlio tocca questo o quell’oggetto. Nel salone da pranzo ti propongono menù (pasta, succo, yogurt, e, talvolta anche gadget) ad 1,99 euro. All’uscita incontri corsie preferenziali per le donne col pancione. Ikea avrà fatto i suoi calcoli: se il bambino si sente accolto, è il primo ad invitare papà e mamma a recarsi in quel centro commerciale; se non si spazientisce, il tempo di permanenza ad Ikea si allunga e i suoi genitori acquistano più articoli. Gli autogrill? Poco accoglientiLe aree di sosta che sorgono come funghi nelle nostre autostrade sono poco attente alle esigenze dei bambini. È l’opinione di Claudia Rasetti, torinese, insegnante di arte e immagine alle medie, sposata con Marco Cavagnoli  e mamma pure lei. I Cavagnoli trascorrono spesso le vacanze in Francia. «E il confronto è terribile. Là, in ogni stazione di servizio, troviamo almeno un bagno con mini water, fasciatoio, poltrona, scalda biberon e un comodo lavandino per lavare un neonato. Nei ristoranti self-service le stazioni della catena «Arche» hanno il «ricreazen», uno spazio relax per neonati. Nelle stazioni italiane, dove Autogrill ha quasi il monopolio, è quasi impossibile trovare anche solo un seggiolone. Nelle stazioni francesi trovi spazi verdi e giochi per bambini: mai visto niente del genere in Italia». Giuliana Solari, 38 anni, comasca, casalinga, nel mese di giugno ha trascorso le vacanze insieme alla sua famiglia a Bellaria. «Qui mio marito Marco ed io ci siamo conosciuti 22 anni fa, e qui torniamo ogni anno». Niente di più romantico. «Negli ultimi anni abbiamo notato che un numero sempre più grande di spiagge espone un cartello dove sono riportate l’immagine di buffi e simpatici cagnolini e la scritta «noi siamo i benvenuti»; mentre i bambini sono continuamente confinati in angoli della spiaggia, possibilmente lontani da tutti, anche imprigionati in reti giganti, apparentemente utili per frenare le pallonate. Chissà quanta gente sarà morta per aver preso una pallonata da Super Tele». Resta la perplessità sulle strutture no-kid, sorte, in molti casi, per venire incontro ad un certo tipo di clientela. Francesca Poggi, modenese, insegnante e pedagogista familiare, la pensa così: «Sta a noi genitori educare i figli alla disciplina, specie quando si frequenta un luogo pubblico. Devo però aggiungere, purtroppo, che la maleducazione non ha età. Mi è capitato di conoscere una giovane donna che per dispetto lanciava in alto mare una palla con cui avevano giocato, fino a un secondo prima, dei bambini che non sapevano nuotere. O un’anziana signora che si pretendeva padrona della spiaggia e puntualmente discriminava le mamme con bambini piccoli inventandosi ogni giorno nuove regole di comportamento che nemmeno la Polizia municipale conosceva». Per fortuna c’è anche chi va contro-correntePer fortuna, a fianco dell’industria turistica del no-kid, cresce e si migliora anche quella del family-friendly. Molte notizie le troviamo su alcuni portali. Segnaliamo, ad esempio, www.bambinopoli.it, dov’è possibile attingere informazioni, tra l’altro, sui musei a misura di bambino (significative esperienze anche in Toscana). O il sito dall’indovinato nome www.quantomanca.com.

Altre le abbiamo raccolte in via informale lanciando sul web la nostra inchiesta. A qualche km da Ancona si dispiega la riviera del Conero, con la splendida baia di Portonovo e le ridenti spiagge di Numana, Marcelli e Sirolo. Proprio in queste tre località, dal 9 al 19 giugno, si è svolta la Conero Family week, un periodo di circa due settimane in cui i comuni hanno organizzato eventi gratuiti ludici e di intrattenimento per i più piccoli e le loro famiglie, mentre alcuni esercizi convenzionati (ristoranti, pizzerie al taglio, abbigliamento ed altro) fornivano pasti gratuiti ai bambini, sconti sulle camere di albergo e residence ed altre facilitazione. L’unica pecca: aveva diritto allo sconto un solo bambino a famiglia.

Teresa Corrias, impiegata, una mamma di Genova, ci segnala un’attenzione particolare mostrata verso le famiglie con bambini dalla compagnia aerea low cost Blu-Express: «Mi è capitato di utilizzare il loro aereo per recarmi a Roma con la mia ultima nata di un anno ed ho usufruito di una corsia preferenziale. sono arrivata fin quasi sopra l’aereo con il passeggino, poi consegnato al personale. Personale che mi ha riservato i primi posti davanti, quelli più larghi, nonostante queste compagnie non facciano riserva di posti».

Elena Zanotto, triestina, 40 anni, casalinga, il suo paradiso l’ha trovato all’estero. In Austria, dove trascorre con la famiglia alcuni mesi l’anno. E dove ha scoperto che qui «i bambini non disturbano, a differenza di quello che sente dire di loro in Italia. In molti luoghi pubblici trovi aree riservate al gioco dei bambini, nei centri commerciali più grandi noleggiano (in alcuni casi anche gratuitamente) i passeggini, nei rifugi delle montagne trovi fasciatoi. E soprattutto puoi girare liberamente nei negozi con i figli» senza che la commessa – aggiungiamo noi – ti guardi con sospetto.

Emanuela Rattazzo, torinese, impiegata di 39 anni, madre di tanti figli, confida: «quest’anno torneremo in Versilia, Lido di Camaiore, hotel Sylvia. È gestito da una coppia con tre figli (due maggiorenni ed Edoardo, nove anni). Ci hanno riservato la camera più spaziosa che avevano e siamo sicuri che anche in questa stagione ci faranno sentire in famiglia. Ricordo infatti con tanto piacere le belle chiacchierate su figli e coppia fatte l’anno scorso. Da loro i bimbi sono i benvenuti». E noi ne siamo contenti.