Toscana

Scuola, inizio in sordina dopo anni di tagli

di Giuseppe Savagnone

Dov’è finita la scuola? Spentisi, per esaurimento e per il cambio di governo, i clamori e gli scontri sanguinosi tra la Gelmini, che annunciava ad ogni passo immaginarie «riforme epocali», e le opposizioni, che denunziavano, con la stessa tendenza all’esagerazione, una precisa volontà del ministro di distruggere la scuola pubblica, l’anno scolastico 2012-2013 si riapre quasi in sordina, facendo i conti, al di là delle polemiche passate, con la realtà. Una realtà che, non c’è dubbio, porta il segno doloroso dei tagli e dei conseguenti accorpamenti e «dimagrimenti» di cui la scuola italiana, al di là delle dichiarazioni retoriche, è stata oggetto in questi ultimi anni. Non certo per favorire quella non statale (anch’essa, peraltro, penalizzata), ma per l’incontro tra una necessità oggettiva dello Stato di ridurre le spese e una politica che ha individuato nel settore scolastico, non immediatamente «produttivo», un campo privilegiato per effettuare questa riduzione.

In questo clima dimesso, le notizie che affiorano in primo piano in questi giorni riguardano, più che le strutture del sistema d’istruzione, coloro che dovranno esserne i fondamentali protagonisti, i docenti dei prossimi trent’anni. Ed è anche giusto che sia così, perché in realtà la scuola la fanno gli insegnanti e la crisi che la travaglia ormai cronicamente da tanti anni è in larga misura frutto di una disastrosa gestione delle risorse umane che dovrebbero assicurarne il funzionamento. Una politica dissennata (di cui, peraltro, non possono essere accusati gli ultimi governi, pur con le loro gravi responsabilità) ha favorito l’accesso indiscriminato di un personale non adeguatamente selezionato e il conseguente costituirsi di un precariato che ha finito per chiudere la strada a quei giovani di valore che potevano aspirare all’insegnamento. È dal 1999 che in Italia non si fanno più concorsi per i futuri professori!

In questa prospettiva, è una buona notizia che il ministro della Pubblica Istruzione del nuovo governo, sfidando le logiche che hanno ridotto la nostra scuola a un ammortizzatore sociale, abbia deciso di indire – per la prima volta dopo tredici anni – un concorso per dodicimila posti, a cui potranno partecipare persone «nuove», che saranno così in grado di diventare professori non in base allo scorrimento di graduatorie decennali, ma solo per le loro capacità e la loro preparazione. Ancora più importante è la comunicazione ufficiale che da ora in poi, ogni due anni, se ne faranno altri, inaugurando così uno stile diverso nel reclutamento dei docenti.

Naturalmente non mancano le ombre. I posti messi a concorso, rispetto al numero degli aspiranti, sono pochi. Inoltre, i diritti maturati da coloro che in passato hanno svolto un servizio e hanno comunque conseguito dei titoli, non possono e non devono essere calpestati. E ancora, c’è ancora una certa confusione sulle condizioni per la partecipazione alle prove. E si potrebbe continuare.

Qui vogliamo evidenziare solo un aspetto problematico, che ci sembra meriti maggiore riflessione. Per il nuovo concorso, si prevede che la selezione dei partecipanti avvenga, in una prima fase, attraverso dei test (quelli con la crocetta!), che ormai sembrano essere considerati, in diversi settori, il sistema di valutazione più sicuro ed efficace. Anche nella scuola, a quanto pare, visto che già le prove di ammissione ai tfa (tirocini formativi attivi), destinati a selezionare coloro che potranno in futuro aspirare all’insegnamento, si sono svolte con questo stesso sistema.

Ora, al di là degli errori e delle aberrazioni che si sono registrati, proprio nella formulazione dei test di ammissione a detti tirocini, e che sono stati ampiamente denunziati dalla stampa, c’è da chiedersi se davvero il metodo per valutare l’attitudine di una persona ad essere un insegnante – e in prospettiva, si spera, un educatore – possa essere lo stesso usato negli esami di scuola guida.

Non si può non prendere atto, per converso, che l’insistenza del ministro sull’importanza di una prova orale costituita da una vera lezione, in cui il candidato possa manifestare non solo la sua preparazione teorica, ma la sua capacità didattica e comunicativa, va nella direzione giusta. Ma questo non cancella il problema che abbiamo posto, perché molte persone, capacissime di superare brillantemente questa prova, potrebbero non giungere mai ad affrontarla, per aver messo qualche crocetta nella casella sbagliata (come avviene del resto anche nelle selezioni per le facoltà a numero chiuso, per es. a medicina).

Resta il fatto che, con questo concorso, siamo davanti a qualcosa di nuovo che, finalmente, non consiste in una riduzione di investimenti mascherata da razionalizzazione, ma apre davvero uno spazio di speranza per il futuro. Non solo per quei giovani, che ora possono ricominciare a guardare all’insegnamento come a una via ardua, ma non a priori chiusa, bensì per la scuola tutta, che ha bisogno estremo di un ricambio di stili e di mentalità, e soprattutto di riassaporare il gusto, da tempo dimenticato, dell’entusiasmo.

Pochi soldi per l’edilizia scolastica e troppi abbandoni tra gli alunni

di Ennio Cicali

Sono 154.344, di cui 3.128 disabili, i giovani che in Toscana frequenteranno le 6.725 classi delle scuole medie superiori – licei e istituti tecnici – che offrono la possibilità di accedere all’università o al mondo del lavoro. Sarà difficile garantire un servizio regolare nelle scuole superiori a causa del taglio delle risorse destinate all’edilizia scolastica deciso dal Governo con la spending review, che mette a rischio non solo la manutenzione delle scuole o l’accensione del riscaldamento nelle aule, ma anche la possibilità, ad esempio, di completare gli arredamenti in alcuni istituti che vedranno spostamenti o incrementi di alunni, fenomeno che nella provincia di Firenze sarà quantificabile con 900 alunni in più, e che a livello regionale è stimabile con un incremento intorno al 2%.

Edilizia e programmazione dell’avvio del prossimo anno scolastico degli istituti superiori sono state gli argomenti al centro dell’incontro organizzato da Upi Toscana (l’Unione delle Province). Alla riunione – invitati dal coordinatore degli assessori all’istruzione ed edilizia scolastica di Upi Toscana, Giovanni Di Fede, assessore provinciale di Firenze – hanno partecipato gli assessori di tutte le province toscane che hanno analizzato il decreto sulla spending review e l’impatto che avrà sul mondo della scuola.

«Per i lavori estivi – spiega Di Fede – avevamo in programma interventi per circa 585mila euro. Con l’arrivo di questi ultimi tagli la cifra che riusciremo a spendere, si è più che dimezzata, costringendoci a rimandare interventi già programmati e praticamente in fase di avvio, come i lavori previsti all’Elsa Morante o le nuove aule all’istituto Buontalenti. Resta inalterata invece la data di inaugurazione del nuovo Ferraris di Empoli, anche se per gli arredi la spesa si è abbassata dai 145mila euro previsti ai 60mila che saranno effettivamente spesi».«Nessun allarmismo, ma la situazione è sicuramente preoccupante – sintetizza l’assessore all’edilizia scolastica della Provincia di Arezzo, Francesco Ruscelli –. Nonostante i tagli già in atto negli ultimi anni, la cifra con i recenti aggiustamenti aumenterà fino ai 9 milioni che saranno tagliati nel 2013, rendendo non così scontata la riapertura senza problemi delle scuole a settembre».

«Come Provincia di Siena – spiega l’assessore «+nerob»«+nerob»Simonetta Pellegrini – ci troviamo con dei tagli per 6 milioni nel 2012 e di 12 milioni per il 2013. Anche noi avevamo in programma interventi di edilizia scolastica per circa 350mila euro per l’estate, ma tutti i pagamenti sono stati bloccati dopo gli ultimi aggiornamenti della spending review. I problemi sono imminenti: al momento, anche sul nostro territorio non tutte le scuole sarebbero sicure di riaprire regolarmente a settembre».

L’abbandono scolastico è uno dei problemi più gravi che la scuola dovrà affrontare. In Italia sono 52 mila i ragazzi nel 2011/2012 si sono iscritti a una scuola secondaria (liceo o istituto tecnico) ma poi non hanno portato a termine l’anno scolastico: perché si sono trasferiti e poi non hanno più frequentato (28.800), perché si sono ritirati (2.200), perché hanno abbandonato senza formalizzare la loro scelta (3.600), o perché hanno semplicemente interrotto la frequenza senza una specifica motivazione (1.500). I picchi più alti sono stati registrati nelle regioni del Sud, anche i dati di altre regioni sono preoccupanti. In Toscana è del 17,6 la percentuale dei giovani (18-24 anni) che hanno abbandonato gli studi senza avere conseguito un diploma di scuola media superiore.

Ora di religione, con la nuova «Intesa» insegnanti più preparati