Toscana
IMU: CONFCOMMERCIO TOSCANA, “LE ATTIVITA’ PRODUTTIVE SONO STRANGOLATE”
L’effetto combinato dell’incremento dell’aliquota base IMU, rispetto all’aliquota media ICI, e della rivalutazione dei moltiplicatori catastali sarà gravissimo per le famiglie e insostenibile per le attività d’impresa”. L’allarme arriva dal direttore di Confcommercio Toscana Andrea Nardin. Che poi fa alcuni esempi dell’impatto deflagrante dell’IMU sugli immobili delle imprese. A Firenze un piccolo bar del centro che pagava 1800 € circa di Ici ad aliquota attuale per il 2012 andrà a pagare 3000 €. Ad Arezzo con il nuovo calcolo Imu i due maggiori alberghi passano da € 22.000 a € 42.000, e da € 49.000 a € 87.000. A Siena un negozio di 81 mq con garage, con rendita catastale di 983 € passa dai 239 di Ici ai 488 di Imu. A Pistoia, nel centro storico, un immobile affittato uso negozio subisce un incremento del 76%. E un ufficio nella zona industriale passa da un Ici di 1.385 € a un Imu di 2.406 €, con un incremento del 74%. Nella Provincia di Pisa per un immobile uso commerciale, ovvero un negozio di circa 25 mq (rendita catastale rivalutata € 483,99) si va dai 98 € dello scorso anno ai 202 del 2012. “E sto ancora parlando – continua Nardin – di IMU ad aliquota attuale. Se a settembre i comuni decidessero di applicare sugli immobili delle imprese l’aliquota massima molti negozi e laboratori artigianali rischierebbero di chiudere. Particolarmente grave sarebbe l’applicazione dell’aliquota massima sulle strutture ricettive: gli hotel infatti hanno rendite catastali elevatissime rispetto, ad esempio, a qualsiasi altra attività produttiva manifatturiera. Sono conclude Nardin – cifre insopportabili rispetto ai fatturati. Lo conferma Paolo Corchia, presidente della Consulta regionale del Turismo Confcommercio: A Forte dei Marmi, per un albergo medio grande di circa 80 camere con parco e piscina, si passa da un Ici di 48.000 € a 94.000 € di IMU (aliquota attuale). Se a questo si aggiunge l’aggravio della tassa per i rifiuti, o l’odiatissima tassa di soggiorno – estesa per altro a macchia d’olio senza criteri omogenei – diviene evidente che le strutture ricettive italiane non possono stare sul mercato. L’estate non è ancora partita, i margini non ci sono più, e molte imprese saranno costrette a chiudere.