Toscana

LA PIRA, 60 ANNI DALL’ELEZIONE A SINDACO DI FIRENZE. PECCHIOLI: “LA SUA CITTA’ A MISURA D’UOMO”

Visse la politica come servizio, costantemente animato dalla fede, e di lui è ora in corso la causa di beatificazione. Giorgio La Pira (1904-1977) fu membro dell’assemblea costituente, dove contribuì in particolare alla “Commissione dei 75” che elaborò i “Principi fondamentali” della Costituzione italiana, ma soprattutto è ricordato come sindaco di Firenze, incarico che ricoprì per due mandati (1951-1958 e 1961-1965). A sessant’anni dalla sua elezione a Palazzo Vecchio, il 6 luglio 1951, il SIR ripercorre con Gabriele Pecchioli, presidente dell’Opera per la gioventù “G. La Pira”, la sua figura e la sua testimonianza.

Cosa si può dire dell’amore di La Pira per la città?“La città, per La Pira, è il luogo nel quale concretizzare e rendere vivo ciò che, nell’assemblea costituente, aveva proposto e discusso. Qui, cioè, misura il senso del suo impegno e della sua missione, rendendo concreti quei diritti stabiliti dalla carta costituzionale. Nella città vuole che ogni uomo veda soddisfatti i suoi diritti fondamentali: la casa, il lavoro, l’essere curato, l’istruzione, l’esercizio della propria fede. Solo pensando all’edilizia scolastica, la situazione prima di La Pira a Firenze era disastrosa, con doppi se non tripli turni; lui ha realizzato un piano portentoso per permettere a tutti di andare a scuola regolarmente. E, dato che l’uomo non è fatto solo di bisogni materiali, ma anche spirituali, nella città deve trovare pure uno spazio per pregare. La Pira ci dice che compito di un amministratore, e di un amministratore cristiano in particolare, è dar vita a città a misura d’uomo”. In che modo la dimensione spirituale ha mosso la sua azione?“La dimensione di fede in lui è fondamentale. Il card. Benelli, all’epoca arcivescovo di Firenze, nel giorno delle sue esequie disse nell’omelia: ‘Tutto si può capire di La Pira con la fede, niente si può capire di lui senza la fede’. Per La Pira non c’è un disegno di città al di fuori di una visione spirituale ed evangelica. Ciò non vuol dire che fosse un sognatore, anzi: amministrava e faceva scelte concrete, ma con un disegno e un obiettivo precisi, ossia prefigurando nella città terrena la città celeste”. Ancor prima di Giovanni XXIII, che chiamò la politica “la più alta forma di carità”, Giorgio La Pira la definì “un impegno di umanità e santità”…“L’affermazione può sembrare azzardata, però lui è un uomo che si è fatto santo con la politica. Proprio nella vita politica ha vissuto una dimensione di santità. Non si può parlarne con discorsi astratti: la sua è stata un’applicazione concreta, pratica, quotidiana di una prassi che poi si traduceva in scelte precise, ma che nascevano da una vita evangelica a tutto tondo. La Pira è morto povero, e quando d’inverno usciva con il cappotto il più delle volte lo regalava a qualche povero che trovava per la strada…”. Quale eredità ha lasciato a Firenze e ai fiorentini? La sua presenza si percepisce ancora?“La Pira è ancora molto ricordato a Firenze: l’ha portata in una dimensione internazionale che fino a quel momento la città non aveva. Era siciliano, ma è riuscito a cogliere l’anima della città meglio di tanti fiorentini. Ha scoperto la vocazione di Firenze al dialogo e all’incontro, con motivazioni civili e religiose profondissime, dandole una prospettiva più ampia. È ricordato come una persona che ha dato respiro alla città, e pure per essersi fatto carico dei bisogni concreti, come nel caso della crisi delle officine del Pignone. Di lui, poi, parlano tanti angoli della città che hanno avuto un’impostazione moderna, determinante per le scelte successive. Non era né un sognatore, né uno scialacquatore, e a chi in consiglio comunale lo accusava di sperperare denari pubblici rispondeva ricordando che, prima ancora della maturità classica, aveva il diploma di ragioniere. La sua, piuttosto, era una concezione per la quale l’economia era al servizio dell’uomo, e a questa esigenza di fondo andavano rapportate tutte le scelte”. Il suo esempio è tuttora valido? Ha un messaggio da dare a quei giovani che vogliono impegnarsi in politica e costituire quella “nuova generazione” più volte richiamata, in tempi recenti, dal Papa e dalla Chiesa?“Dice innanzitutto che la politica è una scelta di servizio, dono, gratuità. Non ci sarà pertanto una rinascita o una generazione valida di giovani politici se non si opera in quest’ottica. Questo non deve assolutamente mettere in dubbio la competenza: in politica non si può essere incompetenti o sprovveduti. E La Pira non lo era affatto: era preparato e circondato da persone competenti. Ma il timone della politica, in più, chiede di avere una visione che vada oltre la scelta tecnica specifica, in un’ottica di costruzione comune e coinvolgimento della città. E, nella città, soprattutto dei poveri: a essi riservava le primizie e certe scelte amministrative di fondo, o iniziative di pace a livello internazionale, erano dedicate ai poveri, ai quali chiedeva di pregare perché esse riuscissero. Come pure chiedeva costantemente il sostegno della preghiera alle suore di clausura. Questa era la sua forza”.(a cura di Francesco Ross)