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«The Donald» e i cattolici, rapporto controverso
(dagli Stati Uniti) L'episcopato statunitense richiama all'unità del Paese. Ma sottolinea anche l'attenzione politica dovuta a poveri e immigrati. Su questo piano emergono le distanze rispetto ad alcune posizioni del presidente Trump, apprezzato invece per le promesse circa la difesa della vita e della famiglia. Il ruolo del vice presidente, l'evangelico Mike Pence.
Mentre divampano da Manhattan a Portland le manifestazioni che contestano il nuovo presidente, Donald Trump, i vescovi americani richiamano i cattolici all’unità e i nuovi eletti a spendersi per la gente più povera e indifesa. «Indipendentemente da chi si è votato, ora è il momento di ricordare che la forza della nostra Repubblica sta nella nostra unità, come cittadini e membri della sacra famiglia di Dio», spiega monsignor Michael Burbidge, vescovo di Raleigh in Carolina del Nord. «Queste relazioni sono il fondamento della nostra società, ed è nostro dovere alimentarle. Nell’armonia ci può essere vero dialogo, lo scambio di opinioni può avvenire in modo fruttuoso».
Rispetto e dignità. Le parole di Monsignor Burbidge riecheggiano quelle di monsignor Joseph Kurtz, presidente della Conferenza episcopale Usa. «Adesso comincia la responsabilità di governare nell’interesse comune», ha scritto in una nota. «Non rimaniamo confinati all’interno delle prospettive di partito. Guardiamo il volto di Cristo nei nostri vicini, specialmente quelli con cui non siamo d’accordo». «Ricordiamo le parole di Papa Francesco al Congresso», ha continuato Kurtz, «ogni attività politica deve servire e promuovere il bene della persona umana ed essere basata sul rispetto per la sua dignità».E Kurtz ha aggiunto che milioni di americani stanno faticando a trovare opportunità economiche per le loro famiglie. Compito dei politici eletti è ascoltarli e agire.
Umanità e sicurezza. Mons. Kurtz auspica pure che la nuova amministrazione si attivi per proteggere la vita umana «dal suo inizio fino alla sua conclusione naturale». «Noi sosteniamo anche politiche che offrano opportunità a tutte le persone, di tutte le fedi, di tutti i ceti sociali», ha scritto Kurtz. «Siamo fermi nella convinzione che i nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati possono essere accolti con umanità, senza per questo sacrificare la sicurezza». Le preoccupazioni per le prime esternazioni di Trump lasciano il segno: l’idea di costruire un muro con il Messico spaventa vasti strati della popolazione di origine ispanica, buona parte della quale cattolica. «Richiamiamo anche l’attenzione», ha detto sempre Kurtz, «sulla persecuzione violenta che minaccia i nostri fratelli cristiani soprattutto in Medio Oriente. E cerchiamo l’impegno della nuova amministrazione sul tema della libertà religiosa».
Trump-cattolici. Da quando Donald Trump è sceso in campo lanciando la sua sguaiata campagna elettorale, il rapporto con i cattolici è stato spesso burrascoso. Fin dalle prime battute Trump ha voluto caratterizzare la sua campagna in senso anti-immigrazione clandestina, coniando il più fortunato e controverso dei suoi slogan: «Costruiremo un muro al confine con il Messico, e lo pagherà il Messico». Slogan ribadito appunto in questi giorni. Il che fa a pugni con il lavoro di inclusione di migliaia di cattolici negli Stati Uniti e con le speranze di tanti onesti messicani in fuga da violenza e povertà. Durante la sua visita in Messico lo scorso febbraio Papa Francesco del resto aveva detto: «Chi vuole costruire muri e non ponti non è cristiano». E Trump aveva definito il commento del Papa «vergognoso». La dissonanza con l’elettorato cattolico era forte.
La scelta di Pence. Ma quando, archiviate le primarie, i due candidati per la presidenza erano risultati Trump e Hillary Clinton, nota per le sue posizioni molto liberali su famiglia e aborto, in molti tra i cattolici hanno riconsiderato l’imprenditore newyorchese. Questo nonostante commenti sessisti (vecchi e nuovi), e anche in ragione della sua scelta, come vice, di Mike Pence, governatore dell’Indiana. Pence è un evangelico cresciuto cattolico, considerato un conservatore serio, indiscutibilmente per la famiglia e pro-life.
La questione etnica. I cattolici, però, che hanno nel loro insieme votato leggermente più per Trump che per la Clinton, sono divisi almeno sotto un profilo, quello etnico. Il 60% dei bianchi ha espresso la sua preferenza per Trump, mentre lo ha fatto solo il 27% degli ispanici. Tra i temi del ticket Trump-Pence la posizione pro-life è l’aspetto preferito dai cattolici. Eppure molti altri argomenti, dall’attenzione ai migranti alla difesa della Terra rispetto ai cambiamenti climatici, non sembrano essere parte del programma della nuova amministrazione. Il che si riflette nelle diverse reazioni dei gruppi cattolici.
Casa comune. Da un lato associazioni come quella che fa capo all’evento «Marcia per la vita» esultano. «Siamo lieti che i risultati delle elezioni mostrino consenso pro-life alla Camera, al Senato e alla presidenza. E appoggiamo con forza la nomina di un giudice pro-life alla Corte suprema», dice Jeanne Mancini, presidente di «Marcia per la vita». Profondamente diversi, invece, i toni di Climate Catholic Covenant, gruppo impegnato sul tema dei cambiamenti climatici. «Lavoreremo duramente per costituire uno spazio in cui le idee per proteggere la ‘casa comune’, la nostra Terra, possano essere discusse», scrive l’organizzazione in una nota. «Continueremo ad essere vigili e attivi. Nella nostra esperienza cristiana proteggere l’opera di Dio è essenziale, non un optional».