Il ruolo decisivo dell’Unione africana nel delicato processo di mediazione in Libia, attenzione alle rivalità tribali, l’efficacia degli aiuti umanitari e il compito morale della Chiesa. E’ quanto sottolinea in un’intervista al Sir mons. Antonio Mennini, nuovo nunzio apostolico in Gran Bretagna e rappresentante della Santa Sede alla Conferenza internazionale sulla Libia all’indomani del summit. Riguardo all’ipotesi dell’esilio del Colonnello Muammar Gheddafi in un Paese africano, mons. Mennini racconta che è stata presentata dal ministro degli esteri italiano come un passo importante. Ed aggiunge subito: Le azioni di repressione alla popolazione vengono da parte del regime ma sono anche il frutto di uno scatenarsi di rivalità tribali. La Conferenza si è affidata molto alla Lybian transition Council ma credo che come è stato osservato anche da altri, sia importante che questo organismo comprenda un po’ tutte le rappresentanze etniche del paese altrimenti rischiamo di ricominciare in un futuro molto vicino tutto da capo. Stessa linea di pensiero riguardo anche al gruppo di contatto istituito per guidare i futuri sforzi politici. Mons. Mennini auspica che a questo gruppo di contatto possano far parte non solo i paesi immediatamente interessati e coinvolti, ma anche l’Unione Europea, l’Onu, la Lega Araba e soprattutto l’Unione Africana. Si è molto insistito sull’importanza di mediazione dell’Unione Africana, in sintonia con quanto oggi dice mons. Martinelli il quale giustamente ritiene che senza un’azione mediatrice e di contatto dell’Unione africana, sia difficile trovare per la Libia una via di soluzione. Alla chiesa, stanno poi particolarmente a cuore gli aiuti umanitari alla popolazione. Si è ribadita ha detto mons. Mennini facendo il punto sui lavori della Conferenza di ieri – la garanzia dell’efficacia degli aiuti umanitari. Penso per esempio alla necessità di evitare situazioni incresciose già accadute in altre contingenze drammatiche. E quindi è importante che tutto sia sotto la diretta supervisione dell’Onu attraverso il suo inviato speciale in Libia. Ed aggiunge: è stato fatto notare da tutti che gli aiuti umanitari non escludano nessuno, che non vadano cioè solo ai ribelli e alle tribù della Cirenaica, lasciando da parte le popolazioni della tripolitania che non stanno certamente soffrendo di meno. Ed ha concluso: Il campo di lavoro della Chiesa rimane molto grande sul piano morale, sulla ricostruzione delle coscienze. Immaginiamo ora quanti odi, quanti conflitti e rancori sono stati scatenati da questa guerra. Certo, sono tutti libici ma ricostruire un tessuto in cui all’odio si faccia posto il perdono non è facile e questo è un compito in cui la Chiesa potrà fare molto.Sir