Toscana

LIBIA, APPELLO DI MONS. MARTINELLI PER ERITREI: IERI 2 MILA IN CHIESA PER CHIEDERE AIUTO

Tripoli (Agenzia Fides) – “Vorrei lanciare un appello per i circa 2mila eritrei che ieri si sono riversati nella chiesa e nei nostri locali chiedendo aiuto e assistenza” dice all’Agenzia Fides  mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, Vicario Apostolico di Tripoli, in Libia. “Ci duole il cuore perché non possiamo fare niente per loro. Il mio pensiero va soprattutto alle donne e ai bambini. Sono veramente gli ultimi del Vangelo. Sono persone miti, generose e molte religiose. Chiedo che queste persone possano essere assistite e trovare rifugio da qualche parte. Non c’è nessuno che pensa a loro. Non sono persone pericolose e non tolgono niente alla nostra bocca”.“Siamo riusciti ad ottenere il nulla osta per 54 eritrei che hanno i documenti dell‘Alto Commissariato dell’Onu per i Rifugiati (UNHCR) – continua Mons. Martinelli -. Queste persone dovrebbero partire forse domani con un aereo speciale per l’Italia. Gli altri però non hanno la carte dell’UNHCR. Basterebbe una nave per raccoglierli. Sarebbe un gesto meraviglioso. I 54 che devono partire siamo riusciti ad ospitarli in un locale adiacente alla chiesa. Gli altri 2mila volevano restare nella chiesa, ma è impossibile. Cerchiamo di aiutarli come possiamo, contribuendo all’affitto delle loro case”.Per quel che riguarda la situazione di Tripoli, il Vicario Apostolico afferma: “la situazione qui è calma. La mattinata, che inizia in ritardo, dopo le 9 del mattino, è stata preceduta da una notte contraddistinta da un silenzio assoluto. Si gode un po’ di pace, si vede la gente che va in banca per ritirare i 500 dinari promessi per ogni famiglia. Vi sono file di fronte alle banche e di fronte alle botteghe del pane. Gli altri negozi sono ancora chiusi, la posta apre a fasi alterne. Insomma c’è abbastanza tranquillità nel contesto di Tripoli. Io posso parlare solo per questa città”.Mons. Martinelli conclude descrivendo la situazione degli operatori pastorali della Chiesa: “alcune suore sono partite dalla zona di Bengasi, perché stressate dalla situazione. Il resto delle religiose, come tutti i sacerdoti, sono rimasti al loro posto”.