(ASCA) – Firenze, 29 gen – I magistrati italiani non meritano le minacce di chi rappresenta le più alte istituzioni e comunque non ci sentiamo intimiditi, abituati come siamo a non tenere in gran conto le minacce e gli insulti, specie quando vengono dagli imputati. Lo ha detto il procuratore generale di Firenze Beniamino Deidda, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, con un riferimento che pare evidente, anche se mai esplicitato, alle parole del premier nei confronti dei magistrati milanesi. Deidda ha sottolineato che in questi giorni avremmo preferito non sentire e invece abbiamo udito e letto espressioni che si fatica a immaginare sorrette da un pensiero lucido come: ‘scontro tra magistrati e governo’, ‘giustizia a orologeria’, ‘uso politico della giustizia’. Di fronte a queste polemiche la nostra scelta di evitare qualsiasi polemica si ispira al dovere di austera compostezza che deve caratterizzare i magistrati però, ha precisato, non vorremmo che si pensasse che facciamo finta di non sentire. Ribadendo che noi crediamo fermamente che non possa essere scambiato per volontà di scontro il doveroso esercizio della nostra funzione, Deidda ha risposto a chi ha parlato di scarso senso di opportunità per la tempistica di certe indagini. Noi – ha detto – non abbiamo, lo riconosco, il dono dell’opportunità. Ma questa non è una delle virtù che i magistrati devono possedere. Altre sono le cose che ci premono: la serenità del giudizio, l’imparzialità delle decisioni, l’assoluta indipendenza, il senso dello Stato e delle istituzioni. Noi non siamo alla riceca delle decisioni più opportune, ma di quelle più giuste. E – ha aggiunto – attendiamo inutilmente da anni, insieme ai cittadini italiani, di sapere chi di noi e in quale occasione abbia fatto uso politico della giustizia. In tutti questi anni i magistrati hanno dimostrato di non tenere né per i bianchi, né per i verdi, né per i rossi e talvolta per avere difeso la legalità e lo Stato hanno perso la vita. Essi non meritano le minacce di chi rappresenta le più alte istituzioni. Comunque, ha assicurato, non ci sentiamo intimiditi, abituati come siamo a non tenere in gran conto le minacce e gli insulti, specie quando vengono dagli imputati. Del resto non è la prima volta che gli imputati attaccano i loro giudici, ma questo non può compromettere la serenità dei magistrati. Ricordando l’articolo 110 della Costituzione secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, Deidda ha concluso esprimendo la speranza che si possa ricostituire nel nostro paese un tessuto civile che sia degno di uno stato di diritto.Tutti lamentano la lunghezza dei processi ma all’orizzonte si vedono poche iniziative per risolverla, ha detto Beniamino Deidda. Del tutto assenti – ha precisato – quelle legislative, insignificanti, e qualche volta controproducenti, quelle dell’amministrazione, ancora gravemente carenti quelle della magistratura. Ma la ragionevole durata dei processi non può essere soltanto declamata, deve essere perseguita con le iniziative più idonee. Attraverso opportune misure organizzative è possibile ridurre i tempi del processo penale. La prima di queste misure – ha spiegato Deidda – consiste nell’adottare quei criteri di priorità che, uniformandosi all’imponente giurisprudenza della Corte di giustizia europea, diano la precedenza alla trattazione dei procedimenti penali che siano pervenuti per primi all’esame del magistrato. Deidda ha ricordato che è stato elaborato, nel distretto toscano, un progetto per concludere almeno i procedimenti più datati: Tale progetto si propone di concludere entro l’anno 2011 almeno la fase di indagine di tutti i procedimenti anteriori al 2006. Non è un gran risultato, ma chi conosce le lentezze della giustizia sa quanto sia importante rispondere, anche in piccola parte, alle attese di chi aspetta da troppo tempo.Quando si profilano enormi profitti illeciti nell’ambito della salute dei cittadini non si può che restare colpiti e allarmati, tanto più quando, come in questo caso, sia stato operato un sequestro, confermato dal giudice, per l’equivalente di oltre un miliardo e 200 milioni di euro, che costituisce senz’altro un primato nella storia giudiziaria italiana. Lo ha detto Beniamino Deidda, a proposito dell’inchiesta della Procura di Firenze sulla Menarini. Una vicenda – ha rilevato – che ha allarmato non poco l’opinione pubblica perché ha riguardato la più grande azienda farmaceutica italiana, a carico della quale le indagini hanno ipotizzato l’illecita creazione di fondi neri all’estero e condotte fraudolente che hanno inciso per anni sulla politica nazionale del prezzo dei farmaci. Deidda ha anche ricordato le indagini sugli appalti nei grandi eventi, partite proprio dalla Procura di Firenze, che l’opinione pubblica ha seguito con sconcerto e in cui tre importanti funzionari pubblici sono accusati di aver costituito una catena di comando assai potente dotata di enormi capacità di spesa che utilizzavano con criteri del tutto arbitrari, approfittando delle deroghe presenti nella disinvolta legislazione vigente. La Procura di Firenze, nel periodo 1/7/2009-30/6/2010 ha iscritto 23.166 procedimenti contro noti, di cui 21.978 sono stati definiti, e 18.723 contro ignoti (rispetto ai 16.979 dell’anno precedente). Deidda ha anche ricordato l’inchiesta sul disastro ferroviario di Viareggio, affermando che la Procura di Lucca ha operato con sollecitudine e con una dedizione e una professionalità che meritano la gratitudine di tutti.