L’avvenire dei cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana è diventato aleatorio e anche se la Santa Sede si è impegnata e non cesserà di impegnarsi affinché i cristiani restino sulle loro terre, ormai il movimento emigratorio appare irreversibile. A parlare è mons. Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, nell’intervento che pronuncerà a Sofia, in Bulgaria, il 5 novembre, durante l’Incontro dei gerarchi cattolici orientali d’Europa (Sofia, 4-7 novembre). Le Chiese orientali, cattoliche e ortodosse, tuttora versano in situazioni di diffusa difficoltà, come d’altronde il cristianesimo intero nel Vicino e Medio Oriente rileva mons. Vegliò, ricordando le migrazioni dei cristiani verso l’Europa ed altri continenti -. I cristiani, e particolarmente i giovani, in molti Paesi dell’area (Libano, Siria, Iraq, Iran, Egitto, Libia, Israele, Palestina, ecc.) in questi ultimi decenni abbandonano la loro patria in gran numero. I tragici eventi di guerra e la situazione sociale, economica e politica in Oriente li spingono alla ricerca altrove di un migliore destino per sé e per i propri cari. Si verifica, dunque, ogni giorno osserva mons. Vegliò – una progressiva diminuzione della presenza cristiana in tutti questi Paesi. La precarietà consiglia i giovani cristiani ad emigrare e ad inserirsi in differenti contesti culturali e sociali con tutti i vantaggi e, purtroppo, gli svantaggi che ciò comporta. In questo scenario, prosegue, la Chiesa cattolica vede con preoccupazione i problemi sociali emergenti, come la disoccupazione, l’invecchiamento della popolazione nei Paesi di partenza, l’ingresso irregolare, il traffico di persone, la disgregazione delle famiglie, l’assenza dei genitori nelle fasi di crescita dei loro bambini. Anche se l’attività caritativa delle comunità cristiane è una risposta immediata a tali sfide, secondo il presidente del dicastero vaticano è decisivo, ovviamente, un impegno politico anche a livello mondiale che affronti le cause ultime della migrazione, soprattutto povertà, violenza, persecuzione, ingiustizia, sottosviluppo e disoccupazione. Altrettanto decisivo sottolinea – è l’impegno culturale, cioè la formazione alla centralità della persona, la opposizione alla xenofobia, talvolta favorita dai mezzi di comunicazione, il sostegno all’integrazione che salvi l’identità delle persone.Sir