Uno status speciale per Gerusalemme che garantisca i diritti di tutti i suoi cittadini e allo stesso tempo libertà di accesso per tutti i pellegrini. A chiederlo è il patriarca latino emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah, durante la visita pastorale alla comunità arabo-cattolica americana di Los Angeles tenutasi il 23 settembre scorso. Nel suo intervento, Gerusalemme, città di pace, reso noto solo ieri dal Patriarcato latino, Sabbah ribadisce che qualunque parte politica governi Gerusalemme deve considerare la vocazione universale di questa città e darle così uno status speciale che garantisca i suoi cittadini, quale capitale per lo stato palestinese, per quello di Israele e quale capitale spirituale dell’umanità. Chiunque governi Gerusalemme afferma il patriarca emerito – deve considerare tutto il suo passato e la sua storia universale senza cadere in una visione egoistica e nazionalista che esclude gli altri imponendo una realtà che osteggia la sopravvivenza di tutte le identità con uguali diritti e doveri condannando di fatto la città a restare una sorgente di guerra. Nella visione di Sabbah, chi vive a Gerusalemme vive con Dio e per questo non può rinchiudersi all’interno della propria comunità. Vivere con Dio significa condividere la grazia di Dio con tutti, ed anche le gioie e i dolori. Io ho vissuto a Gerusalemme 20 anni come patriarca, con e per la mia piccola comunità cattolica ma anche con e per quella ebrea e musulmana. Purtroppo la situazione della città santa è molto diversa. Continua Sabbah: in questi anni a Gerusalemme ho visto un muro dividere le strade principali, terre e case confiscate, nuovi quartieri ebraici, palestinesi limitati nei loro sforzi di sviluppo, ma peggio di tutto l’odio verso l’altro dovuto alla cecità che rende incapace di vedere nell’altro una creatura di Dio. Non manca anche un riferimento ai leader religiosi, che, per Sabbah, riempiono la città di preghiere e rituali formali. Ma dentro di queste, nello stesso cuore che prega alberga la guerra verso il vicino. Si adora Dio ma si rifiutano le creature di Dio, perché sono diverse per religione e nazionalità.Sir