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Profughi: dossier Caritas-Missio-Focsiv, 2 miliardi l’anno per respingere migranti anziché per integrare

Si intitola «Dossier Grecia, paradosso europeo, tra crisi e profughi», il report di Caritas italiana, Focsiv e Missio, presentato oggi ad Atene

(Da Atene) – Dal 2000 ad oggi , tra spese per la gestione dei flussi migratori (13 miliardi di euro) e soldi pagati dai migranti ai trafficanti (16 miliardi di euro), sono stati spesi 2 miliardi di euro l’anno per militarizzare ed esternalizzare le frontiere, costruire muri e salvare le persone in mare, provocando, indirettamente, 29mila morti. Soldi che potevano essere spesi invece per realizzare canali umanitari e costruire integrazione.

Sono i dati più emblematici (tratti dal report del centro di ricerca «Themigrantsfiles») citati nel Dossier «Dossier Grecia, paradosso europeo, tra crisi e profughi» presentato oggi ad Atene, realizzato da Caritas italiana, Focsiv e Missio, promotori del seminario in corso fino a domani. «La Grecia è una metafora di queste politiche, emblema del paradosso e della schizofrenia europea. L’Europa è malata e bisogna curarla, noi dobbiamo fare qualcosa per cambiare questa situazione», ha detto Chiara Bottazzi, operatrice di Caritas italiana ad Atene e responsabile comunicazione «Arca del Mediterraneo», presentando il dossier. Dopo l’arrivo di 1 milione di persone nel 2015 sulla rotta balcanica oggi rimangono bloccati in Grecia, a causa dell’accordo tra Ue e Turchia del 20 marzo, 58mila profughi, soprattutto da Siria, Iraq e Afghanistan. Punto di non ritorno la chiusura delle frontiere con Fyrom-Macedonia 58mila persone bloccate in Grecia: 42mila nei campi e 8.600 sulle isole, ma per il governo soltanto 51mila profughi possono essere ricollocati nei campi. Tre le scelte consentite ma di fatto i tempi sono lunghissimi e incerti: richiesta d’asilo in Grecia; rilocazione in altri Paesi; rimpatrio.

L’accordo Ue-Turchia trattiene gli ultimi arrivati, tra cui in aumento donne e bambini, negli hotspot, che sono di fatto centri di detenzione. Dal 24 maggio, con lo sgombero del campo di Idomeni, 8.000 persone sono state distribuite in altri campi a nord o sono tornati ad Atene, ma mancano beni e servizi di prima necessità. Anche la barriera tra Turchia e Grecia costruita sul fiume Evros, un reticolato di filo spinato per cui la Grecia ha pagato 3 milioni di euro nonostante la crisi economica, non ha impedito al flusso di arrestarsi «ma è rimbalzato e fluito altrove, verso le isole greche», ha precisato Bottazzi. Le pagine conclusive del Dossier sono dedicate alle proposte all’Ue che verranno discusse in questi giorni. Tra le tante: «Rendere prioritario l’approccio umanitario nella protezione dei confini esterni – ha sintetizzato Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas italiana -, corridoi umanitari, rafforzamento e implementazione delle convenzioni e dei protocolli, supporto ai Paesi di frontiera, arresto della vendita di armi alle parti in conflitto e rilancio delle politiche di aiuto allo sviluppo ma non subordinate a logiche di contenimento flussi».