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HONDURAS, GOLPE CONTRO ZELAYA, AL SUO POSTO ELETTO MICHELETTI; CORO DI CONDANNA NEL MONDO

Roberto Micheletti, presidente del parlamento dell’Honduras è stato nominato – con una mozione votata per alzata di mano dei parlamentari – successore di Miguel Zelaya che ha però detto alla “Cnn”: “Io non mi sono dimesso”. In precedenza, alcuni parlamentari che sostengono il golpe avevano letto un documento secondo il quale Zelaya aveva rinunciato all’incarico. Alla smentita di Zelaya ha fatto eco una conferenza stampa dell’ambasciatore statunitense a Tegucigalpa, Hugo Llorens, che, dopo aver condannato il golpe, ha detto: “L’unico presidente che gli Stati Uniti riconoscono nel paese è Zelaya… deve essere chiaro a tutti”. Sottolineando la sospensione delle trasmissioni di emittenti radio e tv, Lllorens ha espresso profonda preoccupazione e ha aggiunto: “Non è possibile uno stato democratico senza stampa libera”. Mentre viene annunciata anche la partecipazione di Zelaya a un vertice urgente di presidenti centro-americani previsto tra poche ore (notte in Europa), continuano a giungere condanne del golpe anche da altri paesi: per il Messico, Gustavao Albin. rappresentante del paese presso l’Osa lo ha respinto con fermezza; “profondo ripudio” è stato espresso da Mauricio Funes, presidente del Salvador, che ha aggiunto di aver ordinato alle forze armate del paese di “rafforzare la presenza militare alla frontiera con l’Honduras” e ordinato lo stato di allerta per alcuni aerei qualora fosse necessario far rientrare cittadini salvadoregni dall’Honduras.“Non ho chiesto asilo al Costa Rica. E’ un sequestro compiuto dai militari’ honduregni…La comunità internazionale deve difendere l’Honduras” aveva detto il presidente honduregno Manuel Zelaya alle emittenti televisive Telesur e Cnn, parlando dall’aeroporto di San Josè, a proposito della sua ‘deportazione’ in Costa Rica dopo l’attacco di poche ore prima contro il palazzo presidenziale di Tegucigalpa. “Quello che ho subito stamane – dall’aeroporto di San José – è stato un sequestro compiuto dai militari. Hanno mitragliato la mia casa – ha detto il presidente Zelaya – e la mia guardia d’onore ha opposto resistenza per almeno 20 minuti… ero stato svegliato da spari e urla e sono stato portato via in pigiama”. Secondo il suo racconto, dopo che i militari sono entrati “sparando”, lui ha dovuto proteggersii dai colpi. “Mi hanno minacciato e puntato contro le armi” ha aggiunto Zelaya. Il “golpe”, che ha cominciato a prendere forma tra le 5 e le 6 di mattina (primo pomeriggio in Europa) era stato preceduto nei giorni scorsi da una crisi istituzionale successiva alla decisione di Zelaya di rimuovere Romeo Vasques, capo di stato maggiore delle forze armate, che si era però opposto ottenendo a quanto pare l’appoggio della Corte suprema che ne aveva chiesto la reintegrazione. E’ in realtà un referendum popolare su una riforma costituzionale indetto per oggi da Zelaya a costituire la vera miccia dello scontro tra alcuni militari e il presidente. Pur avendo sempre smentito qualsiasi intenzione di ricandidarsi, Zelaya è accusato di voler riformare la Costituzione in modo tale da potersi candidare per un secondo mandato presidenziale di quattro anni. José Miguel Insulza, presidente della Organizzazione degli stati americani (Osa), ha condannato il “colpo di stato” compiuto in Honduras; a margine della stessa riunione straordinaria dell’organizzazione in corso a Washington dove ha sede, l’ambasciatore venezuelano Roy Chaderton, parlando alla ‘Cnn’, ha detto che i militari di Tegucigalpa “hanno sequestrato” gli ambasciatori di Venezuela, Cuba e Nicaragua in Honduras. Aumentano e si vanno precisando intanto le reazioni al golpe che dal presidente venezuelano Hugo Chavez è stato definito “da trogloditi”, chiedendo agli Stati Uniti di assumere una chiara posizione di condanna. “Chiedo a tutti i responsabili politici e sociali in Honduras di rispettare le norme democratiche, la legge e gli impegni della Carta democratica inter-Americana” ha detto il presidente americano Barack Obama in una dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca, in cui si aggiunge: “Ogni tensione esistente e ogni contesa deve essere risolta in modo pacifico attraverso un dialogo libero da interferenze esterne”. Fonte: Misna