Toscana

IRAQ: DIRITTI MINORANZE, NAJIM (PROC. SANTA SEDE) «ABROGARE ART. 50 UNA INGIUSTIZIA»

“Un’ingiustizia nei nostri confronti, per la nostra rappresentatività e la nostra partecipazione alla società del nuovo Iraq democratico”. Così il patriarca caldeo di Baghdad, card. Emmanuel III Delly, commenta la decisione del parlamento iracheno di abrogare l’art. 50 della legge elettorale dei consigli provinciali e relativo alla rappresentatività delle minoranze irachene all’interno degli stessi consigli. La decisione, se confermata, negherebbe, infatti, ai cristiani una quota di 13 seggi. In una lettera inviata al al Primo Ministro iracheno Nouri Al Maliki, al Presidente iracheno, Jalal Talabani, ai due Vice presidenti Abdel Abdel Mahdi e Tareq Al Hashimi, al Presidente del Parlamento, Mahmoud Al Mashadani, ed al capo religioso sciita Ayatollah Ali Al Sistani, e rilanciata da Baghdadhope, il card. Delly scrive: ci sentiamo uguali a tutte le altre componenti del paese, senza alcuna discriminazione, ma grande è stato il colpo da noi ricevuto per l’abrogazione da parte del parlamento dell’articolo 50 della Iraqi Provincial Election Law. Speriamo – conclude – che siano considerate le ingiustizie e l’emigrazione forzata che hanno colpito noi cristiani”. Di “decisione affrettata” che “deve essere rivista perché il popolo iracheno deve essere rappresentato politicamente nella sua interezza” parla invece mons. Philip Najim, procuratore caldeo presso la Santa Sede. “Si tratta- afferma a Baghdadhope- di una legge che riguarda i consigli provinciali. Non si sta mettendo in discussione la maggioranza ma, d’altra parte, le minoranze vivono anche nelle province, se non si danno loro i diritti come si può pensare di imporre loro i doveri?”. Il rischio paventato dal Procuratore è quello di creare dei “cittadini di serie B” con conseguenze legate anche “alla stabilità del paese intero. Le minoranze devono avere diritti e doveri per poter collaborare con le componenti maggioritarie nella sua crescita. Regolandone la rappresentatività politica esse sarebbero incoraggiate a rimanere nel paese partecipando della sua vita, e quindi favorendone la stabilità che necessita della presenza attiva di tutte le componenti. I 13 seggi che a luglio erano stati assegnati ai cristiani hanno un’enorme peso morale. Negarli – è la conclusione – equivale al fatto che lo Stato non riconosce i nostri diritti come cittadini, la nostra stessa esistenza di iracheni uguali agli altri”.Sir