Occorre sanare il passato e aprirsi al futuro, e non solo per ragioni politiche e in vista dell’integrazione europea: il governo, e in particolare il presidente della Repubblica Boris Tadic, sono finalmente consapevoli che il Paese e la popolazione hanno bisogno di ritrovare serenità, unità, stabilità e pace, e a questo può contribuire anche lo stesso processo di integrazione europea. Mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo metropolita di Belgrado, all’indomani della notizia dell’arresto dell’ex presidente serbo-bosniaco Radovan Karadzic, legge in questi termini il gesto di collaborazione delle autorità serbe con il Tribunale penale internazionale dell’Aia (Tpi). Il processo appena iniziato in Serbia spiega mons. Hocevar – sarà abbastanza lungo per la diversità dei partiti e degli orientamenti, ma è importante che il presidente Tadic e il governo si impegnino per promuovere ancorché gradualmente – la catarsi interiore di cui la popolazione ha realmente bisogno. In questo orizzonte l’arresto di ieri è il segno della decisione interiore di sanare il passato e di aprirsi al futuro, e ciò costituisce una forte speranza anche per i giovani, spesso tentati dallo scoraggiamento.Qui sottolinea l’arcivescovo di Belgrado -, si avverte vivo il desiderio di dare a tutte le popolazioni, le etnie e le minoranze etniche presenti sul territorio un contesto europeo’. L’integrazione nella Ue sarà un passo importante per arrivare alla riconciliazione interna e alla soluzione dei numerosi problemi politici ancora esistenti. Penso che la comunità europea e la comunità internazionale debbano fare tutto il possibile per realizzare questa integrazione, pur nel rispetto dell’identità serba legata ad una cultura cristiana orientale. E’ inoltre necessario prosegue mons. Hocevar – un dialogo più stretto fra Oriente e Occidente. Chiediamo all’Occidente di assicurare il più possibile una rete di comunicazione con l’Oriente: in questa regione (Serbia, Kosovo, Montenegro e Albania) mancano infrastrutture e collegamenti stradali, ferroviari e aerei: ciò ha reso difficoltose le comunicazioni interne ed esterne e ha provocato isolamento e impossibilità di dialogo, oltre che di progresso culturale, sociale ed economico. La Serbia è ancora un Paese molto povero; al suo interno manca anche un sistema capillare di scuole, istituti di istruzione e università. Per l’arcivescovo di Belgrado anche i cattolici vivono tra mille difficoltà: La Chiesa cattolica è in nettissima minoranza e in Europa è poco considerata. I cattolici in Serbia, pur subendo sofferenze di ogni tipo, si sentono un po’ dimenticati dalle Chiese degli altri Paesi; nonostante ciò lavorano molto per la riconciliazione e, trovandosi al confine tra Occidente e Oriente, per la promozione dell’unità dei cristiani e per il dialogo con l’islam. L’Europa non dovrebbe limitarsi a favorire l’ingresso nell’Ue continua il presule – ma dovrebbe anche aiutare concretamente la popolazione; allo stesso tempo dalla comunità internazionale e dalla Chiesa universale noi cattolici ci aspettiamo sempre più sostegno morale e aiuto materiale. Ma per tutto ciò, conclude, occorre, fra le altre cose, superare un diffuso pregiudizio contro la Serbia: non può essere tutta la popolazione a pagare per i crimini compiuti da qualcuno.Sir