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KENIA, APPELLO DEI MUSULMANI ALLA PACE, AUMENTANO GLI SFOLLATI

“Quello di cui abbiamo bisogno adesso è la pace perchè nessun passo avanti positive può esssere compiuto nel caos; I keniani sanno che gli atti di violenza servono solo a danneggiare il paese”: lo ha detto Muhdhar Khitamy, presidente della rappresentanza di Mombasa del Supkem, Supremo consiglio dei musulmani del Kenya, definendo privi di senso le uccisioni e i saccheggi di massa che hanno raggiunto anche alcune località costiere sull’Oceano Indiano come Kilifi, Diani and Wundanyi, in cui si conterebbe un totale di 16 vittime. Anche il Supkem, come hanno già fatto tutte le istituzioni e le personalità keniane e straniere che non si sono schierate né con il presidente-eletto Mwai Kibaki né con il suo avversario Raila Odinga, ha chiesto ai principali esponenti politici del paese di incontrarsi per discutere delle loro divergenze e tentare di comporle. Anche Alhaji Abdullahi Kiptonui, vice presidente nazionale del Supkem, unendosi all’iniziativa dei musulmani di Mombasa, principale città costiera del Kenia, poco a sud di Malindi, chiede a tutti i keniani di mettere da parte le loro differenze tribali e di tornare a vivere in armonia “ come era già consuetudine”. In un’altra distinta dichiarazione, Sheikh Ali Shee, presidente della “Islamic Lobbying for Justice and Truth”, ha sottolineato che un eventuale riconteggio dei voti espresso per la presidenza dovrebbe essere accettato sia da Kibaki che da Odinga. “I musulmani non devono partecipare a disordini, uccisioni di persone innocenti o distruzioni di proprietà perchè contrari agli insegnamenti dell’Islam. Molto meno equilibrata la posizione espresso da “Coast Human Rights Network”, una rete di 16 organizzazioni che hanno chiesto l’intervento di magistrati del Commonwealth per un eventuale riconteggio dei voti e chiedoo intanto a Kibaki di dimettersi. Secondo fonti di stampa locale, il totale delle vittime degli scontri – che includono una componente etnico-tribale ma appaiono motivati soprattutto dall’appartenenza a violenti e facinorosi dei gruppi politici contrapposti di Kibaki e Odinga e una mano pesante della polizia – oscilla tra un minimo di 150 e un massimo di 300 persone, incluse le 35 perite nel rogo della chiesa pentecostale di Eldoret, un’essenziale ma facilmente infiammabile costruzione in legno a cui ancora non è chiaro ne da chi né perché sarebbe stato appiccato il fuoco. Pur essendoci stata ieri una “corsa al rialzo” del numero di vittime – fino a 500 e perfino a 1000 o oltre, accompagnate da assurde voci di “genocidio” e situazioni “di tipo ruandese” – la Croce Rossa keniana non andava ieri sera oltre le 289. Più preoccupante sembra invece il numero degli sfollati che impauriti hanno lasciato le loro dimore e si contrebbero già nell’ordine di decine di migliaia.Misna