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Betlemme, trovato l’oro nella Basilica

Non si tratta di veri e propri lingotti. A risplendere sono infatti i mosaici: alcuni restaurati tornati al loro antico splendore, altri riportati alla luce dopo che per secoli erano stati coperti dall'intonaco. Tutto ciò grazie all’opera della ditta Piacenti di Prato.

Nei giorni scorsi a Betlemme si era diffusa la notizia che durante i lavori di restauro dei mosaici, nella Basilica della Natività, si fossero trovati lingotti d’oro. La notizia è corsa velocemente, di bocca in bocca, e tutti non parlavano d’altro e con discrezione anche i capi delle diverse confessioni cristiane che secondo lo status quo sovraintendono alla Basilica sono saliti sui ponteggi per vedere, verificare se la voce fosse vera, attendibile o no. Lo stupore è stato tanto, ma non per l’oro, ma per i mosaici restaurati tornati al loro antico splendore e soprattutto per alcuni mosaici portati alla luce, e quindi nuovamente visibili, dopo che per secoli erano stati coperti dall’intonaco.

Gli uomini e le donne della ditta «Piacenti» di Prato che stanno, da oltre due anni, facendo i lavori di restauro alla Basilica della Natività a Betlemme hanno spiegato che l’oro c’è, ma non in lingotti nascosto nei muri, ma ben visibile nelle tessere di mosaico che raffigurano gli angeli ritrovati. È Gianmarco Piacenti che ci guida sui ponteggi per mostrare il lavoro che l’equipe internazionale sta compiendo.

«In questi due anni abbiamo restaurato le travi, mettendo 63 protesi. Poi abbiamo rifatto il tetto di piombo, le finestre con vetri speciali che fanno passare la luce ma fermano tutto quello che può danneggiare l’interno. E ora ci hanno affidato il compito di restaurare, i mosaici». Un lavoro complesso quello del restauro della più antica basilica cristiana. Dall’Italia sono arrivati oltre 30 container di materiali, strumentazioni, che in un mese da Prato arrivano senza intoppi a Betlemme. Solo per realizzare le 65 protesi di legno, in Italia sono stati selezionate oltre 600 travi antiche, certificate dal Cnr, e qui a Betlemme tagliate in modo da realizzare le singole protesi. Un lavoro lungo che ha consolidato il tetto, che rischiava di venir giù. L’acqua che penetrava dal tetto, con il caldo e l’umidità aveva fatto proliferare i funghi che stavano danneggiando irrimediabilmente l’antica struttura. Una struttura che, analizzata in ogni suo singolo dettaglio, non finisce di stupire gli storici dell’arte. La Basilica venne costruita con un sistema antisismico veramente unico che l’ha protetta lungo i secoli, un «cordolo» scoperto grazie ai lavori e analizzato come soluzione unica nel suo genere. Dopo due anni, terminati i lavori alle travi, finestre e tetto, ora è stato chiesto alla Piacenti di occuparsi dei mosaici. Innanzi tutto è stato compiuto un lavoro di ripulitura, le singole pietre sono state tolte e rimesse a loro posto, irrobustendo i supporti là dove erano usurati dl tempo.

«Ma il lavoro più entusiasmante è stato quello di ritrovare molti mosaici, soprattutto figure angeliche d’oro. E da questi ritrovamenti è nata, nei giorni scorsi, la leggenda che ci fosse oro dentro i muri. Sono figure molte belle, che hanno i piedi sulla terra e la parte alta in cielo». Dei circa due km quadrati di mosaici che erano presenti quando la Basilica venne costruita oggi, dopo il restauro e le nuove scoperte ce ne sono circa 130 metri quadrati. Ma originariamente tutte le pareti erano ricoperte dai mosaici. Un lavoro certosino, complesso, fatto con tecniche innovative e con una squadra di altissimo livello che tutto documenta, studia, analizza prima e dopo l’intervento.

«Chi dovrà restaurare di nuovo – spiega Piacenti – fra qualche secolo avrà a disposizione tutto il materiale di documentazione che noi abbiamo raccolto». Lungo le navate, nella parte alta, ci sono i mosaici che rappresentano, da una parte i concili provinciali dei primi secoli, dall’altra quelli ecumenici. Anche i presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, in visita a Betlemme, è salito sui ponteggi per complimentarsi con un’eccellenza italiana che sta facendo parlare il mondo di come le «botteghe» toscane sappiano coniugare studio, tecnologia, antichità e modernità.