Toscana

“DICHIARAZIONE DI LISBONA”: PER UN RAPPORTO ALLA PARI TRA AFRICA ED EUROPA

Un rapporto non più tra donatori e beneficiari ma tra pari; una strategia congiunta per raggiungere un reale ‘partenariato’; un piano d’azione con precise scadenze da rispettare: sono i tre punti nei quali è suddivisa la Dichiarazione di Lisbona, il documento con il quale domenica si chiuderà in Portogallo il II vertice Africa-Europa alla presenza dei rappresentati di 53 stati africani e 27 europei. In realtà, hanno riferito alla MISNA ambienti vicini alla Farnesina, il contenuto della Dichiarazione doveva essere divulgato soltanto domenica alla fine dei lavori, ma il ministero degli Esteri egiziano ne ha dato parziale conoscenza in anticipo, a conclusione della riunione preparatoria tenuta a Sharm al-Shaikh. Il punto di maggior rilievo della Dichiarazione – concordano diversi osservatori internazionali – sarà la formulazione di un nuovo pensiero che regoli i rapporti tra i due continenti basato non più su una direttrice contribuente-assistito, ma su una base paritaria da assicurare in primo luogo con uno sforzo comune per la risoluzione dei conflitti ancora in corso in Africa. Da qui la volontà di creare un fondo comune a sostegno della stabilizzazione al quale l’Italia contribuirà con una quota di 40 milioni di euro. “Noi – dice il testo della Dichiarazione – svilupperemo un partenariato di popoli, basato sull’impegno concreto delle nostre società per ottenere risultati significativi in settori fondamentali: lo stabilimento della pace e di una robusta architettura di sicurezza in Africa, la promozione del buon governo e dei diritti dell’uomo”. Nel documento si accenna inoltre alla “creazione di un meccanismo in grado di realizzare gli obiettivi fissati e di mostrare i risultati ottenuti in occasione del prossimo vertice nel 2010”. Nel documento vengono (saggiamente) ignorate alcune polemiche minori che – grazie all’ ampio spazio accordato dalla stampa internazionale – hanno accompagnato la vigilia del vertice: in particolare il tentativo del primo ministro inglese, Gordon Brown, di bloccare la partecipazione del presidente dello Zimbabwe Robert Gabriel Mugabe che, arrivato stanotte a Lisbona, aveva già ringraziato pubblicamente l’Unione Europea – che pure gli ha imposto sanzioni – “per non essere caduta nella trappola di internazionalizzare una questione bilaterale che riguarda esclusivamente Harare e Londra”; ovvero la controversa riforma agraria che ha consentito di ridistribuire la terra dei latifondi di proprietà non locale, residuo della vecchia storia coloniale. A Lisbona le polemiche dovrebbero comunque trovare poco spazio: tra i tanti temi in agenda, molti riguarderanno le varie forme di collaborazione commerciale ed economica, la pace e la sicurezza; ma si parlerà anche di diritti umani, Darfur, migranti, energia e cambiamenti climatici.Misna