Toscana

IRAQ: PATRIARCATO CALDEO, «CRISTIANI SEMPRE PIÙ VITTIME DI VIOLENZE»

Il Babel College, l’unica facoltà teologica cristiana in Iraq e il Seminario maggiore caldeo di San Pietro sono state trasferiti da Baghdad nel nord dell’Iraq, ad Ankawa, vicino Erbil. Motivi di sicurezza hanno spinto il Patriarcato caldeo a prendere questa “sofferta decisione”. A confermarlo al Sir è il vescovo caldeo ausiliare di Baghdad, mons. Shlemon Warduni: “il prossimo 8 gennaio cominceremo il trasferimento. Speriamo si tratti di una sistemazione provvisoria e che le sofferenze di questo tempo possano servire per dare pace, stabilità e sicurezza all’Iraq”. Attualmente il seminario maggiore è frequentato da circa 35 giovani, “ma forse non tutti – dichiara il vescovo – si trasferiranno per motivi logistici. Non è facile trasferire un seminario in un appartamento. Il patriarca ha fatto quanto era possibile per non far perdere l’anno scolastico ai nostri studenti. Ma la situazione qui è diventata insostenibile”. Proseguono infatti le minacce, le violenze e i rapimenti ai danni della comunità cristiana. “Oggi il quartiere meridionale di Dora, a Baghdad, un tempo uno dei centri delle cristianità della città e dove erano situati sia il seminario che il college, è diventato una zona pericolosa. Da qui la decisione”.

Davanti all’insicurezza, aggiunge mons. Warduni, “molti cristiani lasciano l’Iraq. Non temere piccolo gregge, si legge nella Scrittura, ma qui siamo accerchiati da tanti lupi. Si rischia di finire divorati o allontanati. Tuttavia c’è anche chi mostra fede in Dio”. Tra i motivi di tanta violenza contro i cristiani il presule caldeo punta l’indice contro “la credenza che siano ricchi e per questo subiscono molti rapimenti. Ma coloro che possedevano qualcosa sono andati via”. Una violenza facilitata anche dal fatto che “i nostri fedeli sono pochi, pacifici e quindi deboli”. Il tutto è aggravato dall’ingresso “in Iraq di stranieri che fomentano la divisione e sangue”. “Ci vorrebbe – afferma – una conferenza internazionale sull’Iraq ma anche un esercito capace di far uscire dal Paese gli elementi stranieri violenti e di disarmare le milizie di morte. Un esercito che protegga il Paese e i suoi cittadini e non asservito a interessi di parte. E’ facile parlare di democrazia e libertà, ma dove sono oggi in Iraq? E’ libertà uccidere bambini, mettere bombe, rapire? E come si fa a vivere con solo due ore di elettricità al giorno? Chi oggi parla di democrazia saprebbe come fare?”. “E’ giunto il tempo di gridare dai tetti la nostra condizione – conclude – anche a costo di morire. Magari ci uccidessero se questo servisse a dare la pace all’Iraq”.Sir