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Yemen: Msf, «un disastro umanitario che richiede risposta urgente»
«Crescente preoccupazione per le persone bloccate dal conflitto in Yemen». La esprime Medici senza frontiere. «Si tratta di un disastro umanitario che richiede una risposta internazionale urgente», come spiega il capomissione di Msf nel Paese, Ghazali Babiker.
«Gli ultimi mesi hanno visto un grave deterioramento delle condizioni dei civili in Yemen – spiega -. L’avvio di una campagna internazionale di bombardamenti nel marzo 2015 è l’ultima fase di una transizione politica fallimentare iniziata quando l’ex presidente Saleh ha lasciato il potere più di tre anni fa». Da allora «gli yemeniti subiscono una violenza continua e quotidiana, temono per le proprie vite e per quelle dei propri cari, faticano a trovare cibo e acqua sufficienti per sopravvivere». Non solo: «Alcune strutture e operatori sanitari sono stati colpiti dagli attacchi. La maggior parte dei centri sanitari ha chiuso perché non avevano forniture sufficienti o perché il personale medico è fuggito. Quelli ancora operativi hanno una capacità ridotta perché non hanno abbastanza carburante per i generatori. Mancando carburante e mezzi di trasporto, le poche strutture sanitarie ancora funzionanti sono difficili da raggiungere per chi ha bisogno di cure mediche».
Per Babiker, «la mancanza di forniture mediche e la scarsa disponibilità di carburante e cibo sono effetti collaterali tangibili dell’embargo sulle armi imposto dalla coalizione all’inizio del conflitto». Ad aprile «il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha rafforzato la legittimità di questo embargo, che nella pratica è ricaduto sui civili». Msf chiede «a tutti coloro che si trovano nella posizione di facilitare l’arrivo di beni umanitari, carburante, benzina e forniture mediche, di farlo con urgenza». E ancora: «L’assistenza umanitaria deve essere garantita e le parti in guerra devono facilitarla, come indicato dal diritto internazionale umanitario».
Nel frattempo, «la risposta internazionale a questa crisi è decisamente inadeguata e limitata negli obiettivi e nell’impatto. Lo Yemen sta affrontando una fase del conflitto estremamente complessa, che richiede operatori umanitari esperti di conflitti e una leadership di qualità in grado di negoziare per portare assistenza a tutte le comunità vulnerabili». Nonostante i rischi, «alcune organizzazioni hanno dimostrato che lavorare all’interno del Paese su ampia scala con staff internazionale esperto è possibile». Un altro problema è «il disinteresse dei donatori internazionali per gli appelli lanciati dalle organizzazioni umanitarie». Per Babiker, «il sistema di aiuti internazionali deve impegnarsi subito e con maggiore forza per lo Yemen».
«La mobilitazione di organizzazioni umanitarie esperte in conflitti e crisi, meccanismi di finanziamento più rapidi e l’impiego permanente di staff esperto nel Paese sono elementi chiave per recuperare la parvenza di una effettiva risposta all’emergenza», sostiene Babiker, ma «puntare tutto sull’assistenza umanitaria è come usare un cerotto per fermare un’emorragia. Nessuno sforzo umanitario avrà successo se le parti del conflitto non faranno la propria parte nel facilitarlo, indipendentemente dai propri obiettivi politici e militari».
Di qui l’appello: «Le parti del conflitto devono ridurre al minimo la sofferenza imposta sui civili evitando di attaccare quartieri densamente abitati e infrastrutture civili come ospedali e impianti per il trattamento dell’acqua. Devono consentire che i rifornimenti necessari raggiungano le persone che ne hanno bisogno. Devono impegnarsi in qualunque azione possa diminuire i livelli di violenza. Devono favorire tregue o cessate il fuoco per aiutare le comunità locali, che vivono nel terrore costante, ad avere accesso a beni di prima necessità e cure mediche». Gli yemeniti chiedono «un maggiore impegno umanitario e un maggiore rispetto» e Msf auspica che «il loro appello sia ascoltato da chi può aiutarli nella loro lotta quotidiana per la sopravvivenza».