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Obiettivi Onu sviluppo: mons. Tomasi (Santa Sede), siano rispettosi della persona

«Esiste una convergenza» tra l’enciclica «Laudato si’» e gli obiettivi Onu per lo sviluppo. «Tuttavia la strada per arrivare non è proprio la stessa». A precisarlo in un’intervista al quotidiano «Avvenire», all’indomani dell’istituzione da parte di Papa Francesco di una Giornata mondiale di preghiera per la custodia del creato, è monsignor Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra.

L’enciclica, spiega mons. Tomasi, «parte dalla responsabilità dell‘uomo verso l‘ambiente; l‘Onu parla di Madre Terra. Manca così un‘apertura alla dimensione della trascendenza che è la vera base per una lettura umana della realtà delle persone e la promozione dello sviluppo integrale. Da parte della Chiesa si agisce in base alla trascendenza, altre istituzioni partono da un senso di autosufficienza, da un‘etica individualista di cui poi vediamo i limiti». Obiettivo generale delle Nazioni Unite è lo sradicamento di disuguaglianze e povertà entro il 2030; tuttavia, secondo l’esponente vaticano, «la realizzazione concreta è affidata alla disponibilità politica dei singoli Stati», si riafferma «l‘aborto come una conquista, un diritto da garantire a tutti», manca «una parola sui costi da affrontare e come sostenerli, per raggiungere gli obiettivi fissati».

L’Onu e altre agenzie internazionali ribadiscono che «con l‘aborto, cioè con la salute riproduttiva, si potrà contribuire ad eliminare il sottosviluppo» e le donne «potranno pienamente esprimere la loro libertà», constata mons. Tomasi osservando che questo è un esempio di come «un‘etica marcatamente individualista si collochi dentro i rapporti interpersonali, condizionandoli. Per la Chiesa contano le persone, le persone con i loro diritti, per lo sviluppo di tutta la società, all’insegna di quel concetto di bene comune – basato su un‘idea di trascendenza – che l‘individualismo nega». In questi 70 anni «le Nazioni Unite hanno certamente contribuito a contrastare la povertà e a mantenere la pace», ma oggi «siamo di fronte a un divario» tra la loro azione e «le problematiche che affliggono il mondo e si chiamano disuguaglianza e povertà, terrorismo e migrazioni». Per il diplomatico vaticano, «siamo giunti alla fine di un ciclo storico» ed è «urgente un ripensamento delle modalità di azione e di lavoro. Servirebbe un grande impegno basato su una efficace solidarietà che faccia del bene comune il motore dello sviluppo della società mondiale».