Toscana

ASSEMBLEA CEI: MONS. BETORI, RESTARE IN IRAQ COME OPERATORI DI PACE, MA SERVE CAMBIAMENTO NETTO

“In questo momento i militari italiani in Iraq sono operatori di pace: certo, se si continua a stare lì senza un cambiamento, allora arriveranno i cannoni e gli obici…”. Così mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ha risposto ai giornalisti, nel corso della prima conferenza stampa della 53a Assemblea generale della Cei, in corso in Vaticano fino al 20 maggio. “Non credo – ha detto Betori rispondendo alle domande dei giornalisti – che il futuro ‘cambiamento’ in Iraq consista in un ampliamento dei mezzi militari in azione. E’ anche vero che dobbiamo venir fuori dalla sacca reale e psicologica che si è venuta creando, ma la ‘ripartenza’ non può costare il sacrificio di nessun uomo in più. Ciò che ci rassicura è che l’Italia non sta lì come se fosse in guerra, le regole non sono cambiate”.

Dei 25 interventi della prima mattinata di lavori, ha riferito il segretario generale della Cei, sono stati 5 gli interventi dei vescovi sull’Iraq, e “tutti hanno condiviso totalmente” gli auspici, espressi dal card. Ruini nella prolusione, di un “cambiamento netto ed evidente, affinché la situazione non sfugga completamente di mano e possa progressivamente costruirsi una soluzione che consenta la ripresa e l’indipendenza dell’Iraq”. Nessuno – ha precisato Betori a proposito del dibattito in aula – è intervenuto proponendo l’uscita dell’Italia dall’Iraq”.

Quanto al significato del “cambiamento netto ed evidente”; Betori ha spiegato ai giornalisti che “deve cambiare il modo di stare in Iraq, ma per continuare a svolgere un’operazione che sia di pacificazione e che consenta la ripresa e l’indipendenza del Paese. Non si prevede, dunque, il venir meno della nostra presenza in Iraq, anche che se non credo spetti ai vescovi definire le modalità di questa presenza”. Una presenza, ha osservato comunque, Betori, che “deve tendere all’indipendenza del paese, coinvolgere l’Onu e portare ad una situazione di superamento rispetto a quello che era l’Iraq prima dell’intervento militare”.

Quanto alle “forme di rivolta organizzata” citate dal card. Ruini nella prolusione, Betori ha commentato: ”Non mi sembra che la popolazione in quanto tale stia insorgendo: ci sono forme organizzate di pressione perché la presenza militare straniera venga meno. Se si chiami guerra non lo so, senz’altro si tratta di guerriglia, ma non di origine popolare”.

Riguardo all’evolversi del conflitto iracheno, Betori ha ricordato che “quello dei vescovi italiani è stato un giudizio critico fin dall’inizio. Sia il cardinale presidente, sia i vescovi hanno sempre condannato il concetto di guerra preventiva, condividendo sempre e vorrei quasi dire ‘rafforzando’ la voce del Papa, nel dire che la guerra preventiva non era un concetto accettabile e che la guerra non andava fatta”.

In merito agli “errori” nella lotta al terrorismo, citati dal card. Ruini nella prolusione, Betori ha puntualizzato che “gli errori esistono, da una parte e dall’altra, così come esistono le sottovalutazioni: anche da parte del mondo islamico, da cui attendiamo ancora una sola voce che condanni le torture e i gesti di efferatezza”.

L’atteggiamento della Chiesa, ha osservato in sintesi Betori, “è come di consueto non tanto quello di giudicare gli errori del passato, quanto di indicare la strada della conversione, che in Iraq comporta l’assumere un atteggiamento nuovo, insieme con l’Onu, per favorire la pacificazione e rendere indipendente il Paese. I modi non sta a noi indicarli, ma certo ci si aspetterebbe un maggiore impulso delle Nazioni Unite”.

Nel corso della conferenza stampa, Betori ha espresso inoltre “preoccupazione per la comunità cristiana irachena, non perché sia una comunità occidentale, ma in quanto è una delle comunità più antiche del cristianesimo, elemento fondante dell’identità irachena e volto autentico dell’Iraq”; rispetto all’ipotesi, avanzata dal segretario di Stato americano, Colin Powell, di accettare qualsiasi proposta di governo da parte irachena, anche un governo teocratico, Betori ha espresso l’auspicio che “in Iraq rimanga la libertà religiosa, che è il primo gradino di ogni autentica libertà”.Sir