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IRAQ, DOPO UCCISIONE PRESIDENTE DI TURNO DEL CONSIGLIO DI GOVERNO

Si svolgono stamani a Baghdad i funerali di Ezzedine Salim, ucciso ieri da un’autobomba con a bordo uno o due kamikaze al Checkpoint 12 – nel cuore della ‘Zona verde’ che ospita gran parte degli uffici pubblici importanti – si recava a svolgere le sue funzioni di presidente di turno del “Consiglio di Governo dell’Iraq”, la struttura creata dagli Stati Uniti per la gestione del Paese. Rivendicata dalle ‘Brigate Rashid’, appartenenti a un gruppo che si autodefinisce ‘Movimento arabo di resistenza’, l’uccisione di Salim ha aggiunto ieri una dimensione nuova alla tattica dell’insurrezione irachena. Per nove mesi, qualsiasi attacco era rimasto anonimo; in questo caso, su un sito internet islamico, sono stati invece forniti anche i nomi dei due uomini che avrebbero compiuto l’azione ed è stata aggiunta la seguente frase: “Le brigate promettono al popolo della nostra nazione di combattere fino alla liberazione del glorioso Iraq e della preziosa Palestina”. Inedita la rivendicazione e altrettanto inedito lo stretto collegamento tra la situazione irachena e quella palestinese.

Ezzedine Salim, 61 anni, sciita, politico e autore di oltre 30 saggi, padre di otto figli ( due erano sue guardie del corpo e non se ne conosce il destino), era stato detenuto in Iraq per quattro anni ed aveva poi scelto per 20 anni l’esilio in Iran; tornato l’anno scorso nel suo Paese aveva conservato il nomeadottato durante l’esilio ma in realtà si chiamava Abdul Zahra Othman Muhammad. E’ il secondo componente del consiglio di governo installato dagli americani a morire in un attentato: a settembre era toccato a una donna, Akila al-Hashimi. Dopo la notizia dell’uccisione di Salim – mentre intanto il totale dei caduti della ‘coalizione’ raggiungeva la cifra di 888 e vi aggiungeva anche un caduto italiano – da Mosca e dalla Giordania (dove sul Mar Morto si svolgeva il Forum Economico Mondiale) rimbalzavano notizie del possibile invio di truppe arabe in Iraq dopo il fatidico 30 giugno, data in cui si ritiene che forse, grazie all’Onu, qualche cambiamento possa avvenire nella gestione della situazione irachena. Per ora di sicuro c’è che il presidente americano George W.Bush ha annunziato lo spostamento di qualche migliaio di soldati americani dalla Corea del Sud in Iraq. Una mossa per cui sembra che stia “raschiando il fondo del barile” scrive da Washington Giampiero Gramaglia per l’Ansa (Agenzia nazionale di stampa associata).Misna