Toscana

PALESTINA, UN’ALTRA GIORNATA DI VIOLENZA E DI ORRORE

“Conformemente ai diritti umani e alla religione musulmana”, come ha scritto in un comunicato in tarda serata l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp), i resti dei soldati israeliani saltati in aria con il loro blindato nella striscia di Gaza vanno restituiti a Israele; contemporaneamente un ‘gabinetto di sicurezza’ israeliano ha fatto sapere che le truppe israeliane resteranno a Gaza finché i frammenti dei cadaveri non saranno stati trovati o restituiti.

Si è conclusa con queste macabre comunicazioni ufficiali – e la proposta di negoziati per la restituzione dei resti umani – una delle giornate più cruente e perverse vissute nella Striscia dall’inizio dell’Intifada nel settembre 2001. La cronaca di questa ennesima pagina di follia e sangue – che registra anche otto vittime palestinesi – inizia al mattino, quando una mina fa saltare in aria il veicolo blindato a bordo del quale si trovano sei soldati dello Stato ebraico che stanno pattugliando il quartiere Zeitun, ritenuto ‘roccaforte’ di Hamas a Gaza City. Fonti militari di Israele dicono che l’automezzo trasportava materiale esplosivo che sarebbe stato poi usato per demolire alcune botteghe palestinesi dove – secondo i soldati con la stella di David – vengono assemblate armi. L’incidente avviene mentre è in corso una massiccia operazione di rastrellamento da parte delle forze israeliane. Poche ore dopo militanti di Hamas e della Jihad islamica affermano di avere raccolto parti dei corpi delle vittime.

“Faremo sapere le nostre condizioni per restituirle agli occupanti sionisti” si legge in un comunicato congiunto dei gruppi radicali. Per la religione ebraica, la sepoltura non solo dei corpi ma anche di parti dei corpi è un comandamento di primaria importanza. Anche per questo i militanti di Hamas hanno tentato di impostare una macabra e impossibile trattativa chiedendo, in cambio dei resti, il rilascio di alcuni prigionieri palestinesi. L’indignazione scuote Israele, per un gesto che non ha precedenti nella tragedia del conflitto mediorientale, se non, forse, il linciaggio di un soldato israeliano ucciso (insieme a un altro militare) e gettato in mezzo alla folla a Ramallah nell’ottobre del 2000. Tel Aviv chiede aiuto al Comitato internazionale della Croce Rossa per riavere i resti dei propri soldati, ma il capo di Stato maggiore delle forze armate di Tel Aviv, generale Moshe Yalon, in serata precisa che Israele non intende negoziare. Intanto l’esercito manda rinforzi a Zeitun, con i carri armati che setacciano il quartiere. La Striscia di Gaza viene praticamente divisa in tre parti e almeno otto persone, le ultime quando è ormai buio, nella giornata cadono sotto i colpi dei soldati israeliani. Tra le vittime anche un ragazzino di 13 anni, ucciso dalla scheggia del missile lanciato da un elicottero israeliano contro un auto a Gaza City.

Il generale Dan Harel dice in una conferenza stampa che i suoi uomini resteranno a Zeitun finchè non troveranno i resti dei militari: “Stiamo controllando ogni casa, ogni tetto e ogni terrazza fino a quando li avremo trovati” aggiunge. Un commentatore politico del quotidiano ‘Haretz’ scrive che “è difficile individuare un collegamento tra i fatti di Gaza e il piano di ritiro unilaterale dalle colonie deciso da Sharon” e bocciato dagli iscritti al Likud, il suo partito, ma che “comunque una relazione esiste”. La differenza, però, è che questa volta “non si è trattato di un’incursione contro una colonia ebraica, ma di un’operazione militare che ha incontrato difficoltà”. Misna