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IRAQ, OFFENSIVA USA A NAJAF E KERBALA, TORTURE: BUSH CONFERMA FIDUCIA A RUMSFELD

È stata, quella di ieri, una giornata di guerra in tutto l’Iraq e, in particolare, nelle città sante sciite di Kerbala e Najaf (quest’ultima, è considerata dai musulmani meno importante solo della Mecca e di Medina). Il lungo e sanguinoso 6 maggio si è aperto con l’esplosione di un’autobomba carica di Tnt (600 chilogrammi) non lontano dal quartier generale statunitense a Baghdad; nella deflagrazione del mezzo, lanciato ad alta velocità, sarebbero morte almeno sei persone, tra le quali un soldato statunitense, mentre altri tre sarebbero rimasti forse feriti. Alcune ore più tardi, il gruppo Jama’at al Tawhid e Jihad, secondo gli Usa guidato da Abu Musab al Zarqawi, uno dei principali esponenti di al Qaeda, ha rivendicato l’attentato suicida. Poco dopo, due bombe hanno distrutto (ferendo una sola persona) a Baaquba, città a maggioranza sunnita dell’Iraq centrale, la sede dell’Unione patriottica del Kurdistan (Upk) il cui leader, Jalal Talabani, fa parte del Consiglio provvisorio iracheno, sostenuto dagli Stati Uniti.

Quasi contemporaneamente, nel sud del Paese, a Nassiriya, i carabinieri italiani dell’Unità specializzata multinazionale subivano il primo dei due attacchi della giornata, al termine dei quali il bilancio sarà di un ferito lieve (dopo il secondo attacco) tra i soldati inviati da Roma, che nelle ultime due settimane hanno subito almeno un assalto al giorno.

Intanto, mentre la televisione araba ‘Al Arabiya’ mandava in onda le immagini che ritraevano un presunto ostaggio statunitense caduto nelle mani della resistenza, tra Baghdad, Najaf e Kerbala si sono verificati gli eventi che più profondamente hanno segnato la giornata di guerra, e forse anche una parte degli avvenimenti dei prossimi giorni. Nella capitale, infatti, a metà pomeriggio l’amministratore civile statunitense Paul Bremer ha presentato alla stampa il nuovo amministratore di Najaf, Adnan al Sharifi, chiedendo con forza il disarmo del leader radicale sciita Moqtada al Sadr. Chi si chiedeva come Sharifi, presentato come “l’uomo adatto” per “un’amministrazione irachena forte”, avrebbe fatto a insediarsi a Najaf, completamente nelle mani delle milizie armate di al Sadr, ha avuto la risposta pochi minuti dopo, quando nelle vicinanze della città sacra hanno cominciato a sentirsi le prime esplosioni e si sono alzate le prime colonne di fumo. Alla fine della giornata di combattimenti, le forze statunitensi hanno annunciato di aver ucciso 41 combattenti iracheni, ma forse solo oggi, sempre e solo da fonte Usa, sarà possibile avere un aggiornamento sull’esito degli scontri.

Nell’operazione, le forze americane hanno completamente circondato la città di Najaf, ottenendo il controllo di tutte le vie di comunicazione, e soprattutto della strada lunga circa 200 chilometri che collega la città con l’altra località sacra agli sciiti, Kerbala. Qui, dal primo pomeriggio i tank Usa sono penetrati fin nel cuore della città, concentrando la loro opera di distruzione soprattutto sugli edifici occupati dagli uomini di al Sadr; fino a tarda serata non si sono avuto notizie di vittime.

La giornata ha riservato, però, combattimenti anche in altre località: a Kufa, nel centro del Paese, sempre secondo fonte statunitense riportate dalla ‘Cnn’ sarebbero stati uccisi una ventina di guerriglieri di al Sadr; a Bassora, nell’estremo sud, invece, quattro colpi di mortaio sono stati sparati contro l’aeroporto, dove si trova il quartier generale delle forze britanniche: non ci sono state vittime.

Sul fronte interno statunitense, il presidente George W. Bush ha affrontato oggi una nuova, dura giornata di polemiche in riferimento alla spinosa questione delle torture inferte ai prigionieri iracheni da parte dei soldati Usa nel carcere di Abu Ghraib. Il capo di Stato, incontrando il re di Giordania Abdallah ha ripetuto – come aveva fatto il giorno prima intervistato da una televisione araba – di essere dispiaciuto e rammaricato per le umiliazioni e le violenze inferte agli iracheni, ma ha poi confermato la sua fiducia al segretario alla Difesa, Donald Rumsfeld, che “resterà nel mio governo” ha detto Bush, nonostante parti sempre più ampi del Paese e dell’opposizione ne chiedano la testa. A proposito delle torture, c’è da sottolineare che, secondo il quotidiano statunitense ‘Washington Post’, oltre a quelle mostrate dalla trasmissione della ‘Cbs’ ‘60 Minutes II’, che hanno provocato lo scandalo che ha fatto inorridire l’America e il mondo, ce ne sarebbero in circolazione un altro migliaio, alcune delle quali ritrarrebbero i militari Usa in scene raccapriccianti (altre, invece, sarebbero del tutto innocenti).

Questa questione, oltre che condizionare la permanenza in Iraq dei soldati statunitensi e di quelli degli altri Paesi appartenenti alla coalizione internazionale, rischia di avere un peso non indifferente anche nella campagna elettorale per le presidenziali Usa, che avrà a luglio e agosto, con le convention prima del Partito democratico, poi di quello repubblicano, due momenti importantissimi, prima dell’appuntamento elettorale di novembre. Sulla spinosa questione delle torture ha parlato, oggi, anche il cardinale Roberto Tucci che, rispondendo alle domande del canale in Fm di ‘Radio Vaticana’, ha dichiarato che “si tratta di crimini, di veri crimini, perché anche in guerra ci sono leggi da rispettare”Misna