Toscana
IRAQ NEL CAOS AD UN ANNO DALLA CADUTA DI BAGHDAD
Le ultime vittime del conflitto che sta squassando il Paese sarebbero state poche ore fa, a Karbala, tre iracheni e una donna iraniana. Questa, come altre notizie dai diversi fronti di scontro iracheni appaiono poco verificabili come tutti i bilanci e gli scenari che i principali mezzi d’informazione stanno tentando in queste ore, in coincidenza con il primo anniversario della caduta di Baghdad. Eccone comunque una possibile sintesi: dal primo aprile, impressionate crescente di vittime, più di 450 iracheni di cui 280 in due giorni solo a Fallujah e circa 50 americani in luoghi diversi; tra ieri e oggi, sequestro e liberazione di sette ostaggi – tutti pastori protestanti sudcoreani rilasciati incolumi – su un totale di 14 (tre giapponesi, due arabo-israeliani uno dei quali al servizio degli Usa, un canadese e un britannico ancora in cattura); il passaggio di tre città – Kut, Kufa e Najaf – sotto il controllo degli insorti iracheni; scontri intensi in altre due, Karbala e Samarra, e il caos generalizzato nel Paese, incluse le dimissioni del ministro degli Interni nel consiglio provvisorio di governo’ presieduto dallo statunitense Paul Bremer.
Scrivendo da Baghdad per il New York Times, John Burns parla esplicitamente di guerra che sta prendendo una svolta minacciosa. I mezzi d’informazione ribadiscono che sarebbe soprattutto la milizia sciita del cosiddetto esercito Mahdi, agli ordini di Moqtada Sadr – di solito definito leader radicale sciita, sfuggito ieri alla cattura – ma nei fatti sunniti e sciiti combattono insieme. Vogliamo cacciare gli americani e per questo combattiamo insieme secondo gli ordini che riceviamo dall’alto’ avrebbe detto pressappoco un seguace di Sadr a un cronista del New York Times.
Numerosi combattenti sciiti starebbero accorrendo verso la sunnita Fallujah in cui la guerra porta a porta e dal cielo dura almeno da ieri per l’intensa azione statunitense in rappresaglia contro il linciaggio di quattro agenti di sicurezza privati. Sunniti, sciiti, sono distinzioni artificiali che non contano più; a Fallujah si muore anche di fame e sono solo iracheni che adesso hanno nno bisogno di aiuto’: è questo il senso della dichiarazione di un giovane funzionario governativo pubblicata dal quotidiano newyorchese che aggiunge anche quella di un calciatore diretto a Fallujah: “Non è facile entrarci ma abbiamo i nostri sistemi… le nostre già diverse battaglie sono diventate un unica battaglia contro gli americani”. (Misna)