Toscana

AFGHANISTAN, APPROVATA CARTA COSTITUZIONALE

La Loya Jirga (la Grande assemblea tradizionale) ha adottato per consenso la nuova costituzione della ‘Repubblica islamica dell’Afghanistan’. Il voto si è svolto per alzata in piedi dei 502 deputati, su proposta del presidente dell’assemblea, Sebghatullah Mujadedi. La quasi totalità dei presenti in aula si è alzata, approvando così il testo. “Ho buone notizie: abbiamo raggiunto un accordo” ha dichiarato alla stampa Mirwais Yasini, vice-capo della Loya Jirga. Oltre a dare al Paese una nuova Costituzione, il voto, giunto ieri a sorpresa, sembrerebbe sancire un accordo di massima tra le varie fazioni rivali afgane ritenuto fino a pochi giorni fa lontano e di difficile attuazione. Dopo quasi tre settimane di sedute pubbliche molto difficili e grandi manovre a porte chiuse, appena giovedì scorso, l’assemblea era precipitata nel caos, quando 200 delegati si erano rifiutati di votare sugli emendamenti proposti.

A spingere verso la conclusione apparentemente positiva avrebbero contribuito sia una serie di attentati (incluso quello del 28 dicembre in cui morirono sei persone) sia la ‘mediazione dietro le quinte’ di rappresentanti statunitensi e dell’Onu. I 160 articoli della Costituzione, riuniti in dodici capitoli, prevedono un regime presidenziale forte, senza premier, e la nascita di una Repubblica islamica priva di riferimenti alla ‘sharia’ (la legge coranica a suo tempo imposta dai talebani), nella quale vengono pienamente recepiti i principi del rispetto dei diritti delle donne e delle minoranze, oltre che quello della parità dei generi.

La Carta costituzionale approvata dalla Loya Jirga contiene inoltre richiami all’unità nazionale (“L’Afghanistan è una Repubblica islamica, indipendente, unita e indivisibile” recita l’articolo 1), alla tolleranza religiosa, a eguali diritti al lavoro, all’istruzione e alla salute; le lingue ufficiali saranno due, il pashtn (parlato dall’etnia maggioritaria pashtun) e il dari, la lingua delle principali minoranze etniche, parlata in particolare dai Tajiki; la libertà d’espressione viene considerata inviolabile ma sono previste “direttive” per stampa, radio e televisioni; il presidente sarà eletto per cinque anni e per non più di due mandati; saranno nominati due vicepresidenti; il Parlamento avrà due camere: la Wolesi Jirga (Camera bassa o del popolo, composta da 220 a 250 deputati eletti a suffragio universale diretto per cinque anni, e la Meshrano Jirga (Camera alta, o degli Anziani); il presidente è comandante in capo delle forze armate e sceglie i ministri del governo e i membri della Corte suprema; il capo dello Stato non può sciogliere le camere, ma può dimettere il governo dopo consultazioni con il Parlamento; l’ex re Zaher Shah, infine, è definito ‘Padre della nazione’ e conserverà il titolo fino alla morte.

L’assemblea era riunita dallo scorso 14 dicembre. Giovedì scorso, 1° gennaio, era stata sospesa per un giorno a causa di contrasti e tensioni tra i diversi gruppi che compongono il mosaico etnico afgano. I contrasti riguardavano soprattutto i rapporti tra i Pashtun – etnia maggioritaria alla quale appartengono circa il 40 per cento degli afgani, che vuole avere un ruolo politico di primo piano e della quale è importante esponente l’attuale capo di Stato provvisorio, Hamid Karzai – e la comunità uzbeka, che aveva provocato la sospensione dei lavori ritirando momentaneamente i suoi rappresentanti (più di 200 delegati) dalla Loya Jirga. Le discussioni, in effetti, sono potute riprendere a porte chiuse una volta risolte sia la questione dell’autonomia chiesta dagli uzbeki che quella dell’accettazione della lingua uzbeka come lingua ufficiale del Paese, al pari con il pashtn e il dari. Non è chiaro quali accordi siano stati raggiunti sul tema dell’autonomia, mentre l’uzbeko non è stata riconosciuta come una delle lingue ufficiali. Altre minoranze rappresentate nella Loya Jirga sono quelle hazara e turkmena. Dovranno ora essere fissate le date per le elezioni; nel frattempo, è probabile che sarà lo stesso Karzai, da sempre sostenuto dagli Usa, a guidare il Paese durante la transizione verso il nuovo Stato.Misna