Toscana
CIAMPI A SIENA, APOLOGO DEL BUONGOVERNO
Sono sostanzialmente tre i messaggi politici che Carlo Azeglio Ciampi ha lanciato col discorso agli amministratori di Siena, nel primo giorno di visita nella città toscana: primo, la bussola di chiunque sia investito di responsabilità pubbliche deve essere sempre la lungimiranza; secondo, ci sono problemi, a cominciare dalla scuola, dei quali si può fare carico solo lo Stato centrale; terzo, per potenziare ricerca e formazione, «in una società ben governata, risorse pubbliche e private devono affiancarsi».
Il presidente della Repubblica ha preso la parola lunedì 2 dicembre a Palazzo Pubblico, di fronte all’affresco trecentesco di Simone Martini, accanto all’immaginifica «allegoria del buono e cattivo governo» di Ambrogio Lorenzetti, che ha citato quale «insegnamento importante per i governanti di tutti i tempi». Poi, esaltando le iniziative degli amministratori all’insegna della solidarietà, del volontariato, dell’ammodernamento tecnologico, ha detto agli amministratori: «Siete sulla buona strada per realizzare un modello esemplare di buongoverno del XXI secolo. Ho sempre pensato che chi ha responsabilità di pubblici uffici deve saper guardare lontano, deve saper lavorare anche per chi verrà dopo nelle stesse cariche che oggi gli sono affidate, non importa se il successore potrà essere di un’altra parte politica».
«La democrazia – ha aggiunto Ciampi, facendo l’apologo del buongoverno – è l’arte di governare per il bene comune, in una giusta dialettica, protratta nel tempo, tra diverse parti e scuole di pensiero». Un messaggio che cade nell’infuocata fase politica caratterizzata dallo scontro sulla devolution e da un dialogo troppo stentato sulle riforme. Ciampi, il presidente super partes, l’instancabile propugnatore del dialogo e del confronto dialettico, in questo intervento sembra indicare un primo scoglio da superare quando si affrontano le grandi questioni: il calcolo, la convenienza politica di parte. Così, sembra dire, non si risolvono i problemi del Paese. E subito dopo, parlando di progetti locali che non si riesce a realizzare (lo spunto è l’«autostrada dei due mari» e la rete ferroviaria da potenziare) sente il dovere di segnalare un altro limite: «non tutte le risorse necessarie si possono reperire a livello locale, servono adeguati interventi e risorse dello Stato centrale. Questi – aggiunge – sono indispensabili anche per l’ammodernamento delle strutture scolastiche, per il potenziamento degli istituti universitari e dei centri di ricerca, da cui dipende la formazione civile e spirituale delle nuove generazioni, quindi il nostro futuro, quello dei nostri figli». Non ci sono riferimenti espliciti alla devolution. Ma non sfugge il fatto che la devolution, fra l’altro, preveda una scuola su base regionale.
C’è in un altro passaggio del discorso del capo dello Stato l’elogio esplicito del federalismo solidale. E c’è anche l’attestazione che l’Italia, mentre si integra nell’Europa unita e realizza un «regionalismo solidale» mostra «una forte, accresciuta coscienza dell’unità della nazione fondata su una comunione di valori, di principi, di ambizioni. Attestazione che Ciampi precisa di fare sulla base delle sue visite rese in sessanta province italiane in tre anni e mezzo. Sulla necessità che anche le imprese investano di più risorse proprie nella ricerca, il capo dello Stato si era già espresso in due occasioni nei giorni scorsi. Oggi ha voluto ulteriormente precisare il suo pensiero. «Occorre che lo Stato faccia la sia parte. E occorre – ha detto – che le imprese sappiano contribuire, nel loro stesso interesse, a finanziare la formazione dei giovani a tutti i livelli, e la ricerca, rendendo possibile lo sviluppo di poli di eccellenza».