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Naufragio Concordia, la storia di Russel Rebello: «Fino all’ultimo ha soccorso i passeggeri, adesso finalmente riposa nella sua terra in India»

Da Milano all’isola del Giglio, con una borsa di vestiti per Russel. Dieci anni fa sperava di trovarlo all’hotel dei superstiti a Orbetello o all’ospedale di Porto Santo Stefano, tra i feriti. Kevin Rebello sperava che suo fratello Russel – 32 anni, cameriere sulla Costa Concordia affondata il 13 gennaio 2012 – fosse scampato al dramma. Non era così, purtroppo, e ci sono voluti 1.025 giorni perché Russel, Kevin e la famiglia, in India, trovassero pace. Ci sono voluti quasi tre anni per dare degna sepoltura a Russel Rebello, una delle 32 vittime.Kevin quando è iniziata per lei la tragedia della Costa Concordia?«Sabato 14 gennaio, quando ho acceso il pc e ho visto la notizia della nave affondata. Mio fratello lavorava per la Costa Concordia, l’ho chiamato sul cellulare italiano ma non ha risposto. Da alcuni post sulla sua pagina Facebook ho capito che lui era su quella nave. C’erano più di 200 ragazzi arrivati dall’India per lavorare lì: venti ore dopo l’incidente molti mancavano all’appello. Non sapevo nemmeno dove fosse l’isola del Giglio ma la domenica mattina sono partito da Milano per raggiungerla. L’isola all’inizio era inagibile, ci siamo dovuti fermare a Porto Santo Stefano».Quali erano i suoi sentimenti in quei momenti?«Avevo la sensazione che a Russel non fosse successo niente, si parlava ancora di pochi morti. Da Milano mi ero portato una borsa di vestiti per lui, all’autogrill gli avevo comprato qualcosa da mangiare. All’ospedale mi hanno detto che c’era una persona ferita di origini asiatiche ma non era lui. Poi ho saputo che molti superstiti erano stati accolti in un hotel a Orbetello: sono andato lì e su quasi 500 persone ho trovato un ragazzo italiano che mi ha raccontato di essere stato con Russel fino all’ultimo momento. Insieme hanno aiutato i passeggeri a salire sulle scialuppe. ma poi la nave si è inclinata bruscamente e in quel momento si sono persi di vista. Non l’ha più visto».Quando ha visto la nave per la prima volta?«Di sera, ho avuto un’impressione incredibile, la nave sdraiata così: la prima cosa che ho pensato è come avesse fatto a fermarsi in quel modo, bastava un’inclinazione diversa e sarebbero morti tutti.Lei ha parlato più volte con il comandante della nave Francesco Schettino, condannato per omicidio colposo…«Ascoltai una sua intervista alla Rai nella quale disse che conosceva mio fratello perché avevano lavorato insieme su diverse navi. L’ho cercato e dopo due giorni mi ha chiamato: abbiamo parlato per una ventina di minuti durante i quali non ho cercato di avere risposte da lui su cosa fosse successo, volevo solo che mi dicesse qualcosa di più su mio fratello, non volevo farlo sentire in colpa. Da quella volta in poi ci siamo sentiti varie volte a telefono, anche il giorno in cui è stato condannato».Ma lei perché l’ha cercato?«Tutto il mondo aveva la sua opinione su di lui e lo insultava, ma non sono io il giudice: un comandante, con tanti anni di esperienza, alla guida di una nave enorme che costa mezzo miliardo, come avrebbe potuto fare una roba del genere apposta? L’inchino, poi l’ho saputo, lo facevano e forse lo fanno in tanti, si avvicinano un pochino, suonano. Ecco, non ho visto quel momento come se lui avesse ucciso mio fratello con le sue mani, non ha fatto questo crimine contro mio fratello solo, sono morte 32 persone: è un incidente e lui come capitano della nave è responsabile della faccenda, punto».Lei crede in Dio?«Io sono credente, cattolico, vengo da una famiglia cattolica».Cosa le è rimasto di questa tragedia?«A parte il dolore, c’è stato l’incubo di vivere con il pensiero ‘adesso lo trovano, adesso lo trovano’, il corpo di Russel. Un’attesa infinita, una cosa che non ti consente di trovare pace. Sapevo che non mi sarei fermato finché non fosse stato tutto concluso, era la mia sfida e la promessa fatta ai miei genitori. Per questo ho fatto per quasi tre anni avanti e indietro con l’Isola del Giglio e poi con Genova. Non auguro a nessuno di dover attendere così tanto tempo per recuperare il corpo del proprio caro e per potergli dare sepoltura».Dove riposa adesso Russel?«Dopo il ritrovamento a Genova il corpo è stato portato all’ospedale San Martino per il test del Dna e dopo tre mesi ce lo hanno riconsegnato. Lo abbiamo portato in India, lo abbiamo riportato a casa».

Veronica Passeri