«Hanno ucciso il mio don Roberto», «non è possibile, non è possibile. Ora come faremo?». «Non si può uccidere così una persona che ha fatto del bene a tutti». C’è sgomento in piazza San Rocco a Como dove martedì scorso, attorno alle 7, è stato ucciso don Roberto Malgesini, collaboratore della comunità pastorale Beato Scalabrini, prete degli ultimi. Don Roberto, 51 anni, come ogni mattina, aveva appena finito di caricare la macchina con i termos del latte e del thè, brioches, che sarebbero stati distribuiti da lì a pochi minuti ai senza tetto della città. Era questo che don Roberto faceva da anni grazie all’aiuto di un gruppo di volontari. Il suo quartier generale era la chiesa di San Rocco, zona di cerniera tra il centro e la periferia. E il suo popolo – italiani, stranieri, poveri e volontari – era ancora lì quando verso le 9.30 la salma è stata portata via verso l’ospedale Sant’Anna di Como. In molti non trattenevano le lacrime. L’autore del gesto, un senzatetto con problemi psichici, si è costituito ed è stato messo sotto custodia. Era un prete dedito alla solidarietà: portava le colazioni ai senzatetto, serviva alla mensa, al dormitorio, aveva stretto relazioni profonde con molti senzatetto e migranti, se c’era bisogno di portare qualcuno dal medico lo caricava in auto e lo accompagnava. Un’anima generosa, per vocazione religiosa e umana. Aiutare gli altri è il precetto su cui aveva basato la sua intera vita.Il sindaco di Como ha proclamato il lutto cittadino mentre nella serata, la popolazione si riunirà in cattedrale per un rosario insieme al vescovo Oscar Cantoni. «Di fronte alla tragedia – ha sottolineato la diocesi in una nota – la Chiesa di Como si stringe in preghiera per il suo prete don Roberto e per chi l’ha colpito a morte».