Italia
Custodia del creato. Papa Francesco: “Cancellare il debito dei Paesi poveri, proteggere le comunità indigene dalle multinazionali”
E lo fa nell’anno del cinquantesimo anniversario del Giorno della Terra: un Giubileo, quindi, un “tempo di ritorno a Dio”. “Abbiamo bisogno di risanare queste relazioni danneggiate, che sono essenziali per sostenere noi stessi e l’intero tessuto della vita”, osserva il Papa. Cinque i punti in cui si incentra il testo: ricordare, ritornare, riposare, riparare e rallegrarsi. Nel Giubileo l’attenzione – sottolinea il Papa – deve essere rivolta “specialmente ai poveri e ai più vulnerabili”, perché “è un tempo per dare libertà agli oppressi e a tutti coloro che sono incatenati nei ceppi delle varie forme di schiavitù moderna, tra cui la tratta delle persone e il lavoro minorile”.
Ritornare ad ascoltare la terra. Il messeggio del Papa si apre con l’esigenza di riconoscere la situazione attuale: “Oggi la voce del creato ci esorta, allarmata, a ritornare al giusto posto nell’ordine naturale, a ricordare che siamo parte, non padroni, della rete interconnessa della vita”. Nelle parole di Francesco, un monito: “La disintegrazione della biodiversità, il vertiginoso aumento dei disastri climatici, il diseguale impatto della pandemia in atto sui più poveri e fragili sono campanelli d’allarme di fronte all’avidità sfrenata dei consumi”. Quindi, l’incoraggiamento a “ritornare ad ascoltare la terra”. Francesco indica come modello “i fratelli e le sorelle indigeni”, che “vivono in armonia con la terra e con le sue molteplici forme di vita”. La consapevolezza di fondo è che “oggi, i nostri stili di vita spingono il pianeta oltre i suoi limiti”. “La continua domanda di crescita e l’incessante ciclo della produzione e dei consumi stanno estenuando l’ambiente”.
Parole cui seguono esempi concreti: “Le foreste si dissolvono, il suolo è eroso, i campi spariscono, i deserti avanzano, i mari diventano acidi e le tempeste si intensificano: la creazione geme!”. Il Pontefice constata anche che “ci occorre oggi trovare stili equi e sostenibili di vita, che restituiscano alla Terra il riposo che le spetta, vie di sostentamento sufficienti per tutti, senza distruggere gli ecosistemi che ci mantengono”.
Cancellare il debito dei Paesi poveri. Francesco ricorda “la storia di sfruttamento del Sud del pianeta”, che “ha provocato un enorme debito ecologico, dovuto principalmente al depredamento delle risorse e all’uso eccessivo dello spazio ambientale comune per lo smaltimento dei rifiuti”. Una condizione che impone adesso “una giustizia riparativa”. Tanto che il Papa lancia un appello: “Cancellare il debito dei Paesi più fragili alla luce dei gravi impatti delle crisi sanitarie, sociali ed economiche che devono affrontare a seguito del Covid-19”.
L’attenzione di Francesco si focalizza anche sugli incentivi per la ripresa, in corso di elaborazione e di attuazione a livello mondiale, regionale e nazionale: “Siano effettivamente efficaci, con politiche, legislazioni e investimenti incentrati sul bene comune e con la garanzia che gli obiettivi sociali e ambientali globali vengano conseguiti”.
Con lo sguardo rivolto a due summit. Tra le priorità indicate dal Papa, quelle di “riparare la terra”, ma anche la “biodiversità”. Due gli appuntamenti da non mancare: il prossimo summit sul clima di Glasgow, nel Regno Unito (Cop 26) e il summit sulla biodiversità (Cop 15) di Kunming, in Cina. In questa prospettiva, il Pontefice chiede di “fare tutto il possibile per limitare la crescita della temperatura media globale sotto la soglia di 1,5 gradi centigradi, come sancito nell’Accordo di Parigi sul clima”, promuovendo “una solidarietà intra-generazionale e inter-generazionale”. E, poi, l’adozione di “traguardi nazionali più ambiziosi per ridurre le emissioni”. Dal Papa anche il sostegno all’appello delle Nazioni Unite a salvaguardare il 30% della Terra come habitat protetto entro il 2030″.
Protezione delle comunità indigene dalle multinazionali. L’ultimo punto del messaggio è una richiesta di aiuto e protezione per le comunità indigene da compagnie, in particolare multinazionali, che, “attraverso la deleteria estrazione di combustibili fossili, minerali, legname e prodotti agroindustriali, ‘fanno nei Paesi meno sviluppati ciò che non possono fare nei Paesi che apportano loro capitale’”. Papa Francesco cita il discorso di san Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia delle scienze sociali (27 aprile 2001) per dire che “questa cattiva condotta aziendale rappresenta ‘un nuovo tipo di colonialismo’, che sfrutta vergognosamente comunità e Paesi più poveri alla disperata ricerca di uno sviluppo economico”. Per fermare queste pratiche, secondo il Pontefice, “è necessario consolidare le legislazioni nazionali e internazionali, affinché regolino le attività delle compagnie di estrazione e garantiscano l’accesso alla giustizia a quanti sono danneggiati”.