Italia

Carceri: rapporto del Consiglio d’Europa. In Italia sovraffollamento anche se calano i detenuti

Il quadro generale mostra che «la distribuzione geografica dei tassi di incarcerazione (numero di detenuti per 100.000 abitanti) è rimasta stabile in Europa». Nel 2005, questi tassi tendevano a diminuire se ci si spostava verso l’Europa occidentale, con Inghilterra e Galles, Scozia, Spagna e Portogallo con tassi relativamente elevati, mentre per Croazia, Grecia, Slovenia e Turchia erano bassi. La Lituania è il Paese in Europa che ha più detenuti per 100mila abitanti (277,7/100.000). I più virtuosi sono San Marino che ne ha 6, Liechtenstein con 21, l’Islanda con 44, e i Paesi Bassi con 53 detenuti ogni 100mila abitanti. Sulla base di 17 indicatori di riferimento, il rapporto contiene schede per ogni Paese. Il secondo rapporto invece riguarda «l’evoluzione dei detenuti stranieri in carcere o in libertà vigilata dal 2009 al 2015» e mostra che «la percentuale media dei detenuti stranieri è rimasta complessivamente stabile in Europa (12%)», essendo più bassa nell’Europa centrale e orientale e più elevata nella maggior parte dei Paesi dell’Ue, dove è addirittura aumentata. I due studi sono stati condotti dall’Università di Losanna e co-finanziati dall’Unione europea e dal Consiglio d’Europa.

Secondo il Rapporto nel decennio 2005-2015 la popolazione carceraria in Italia è diminuita del 15%. Nel 2005, c’erano 102 detenuti ogni 100mila abitanti, nel 2015 erano 86. Le ragioni del calo sono legate a diversi fattori: l’indulto del 2006 ha liberato circa un terzo dei detenuti e, dopo una fase di stabilità dei numeri tra il 2009 e il 2013, si è registrato un nuovo calo dovuto «soprattutto a misure adottate dal governo italiano nella lotta contro il sovraffollamento carcerario», dice il Rapporto, compreso il provvedimento sulla «esecuzione domiciliare delle pene» (legge 199/2010) e un serie di altri provvedimenti degli anni successivi.

A diminuire tra il 2005 e il 2014, anche il dato degli ingressi (-46%): nel 2005, ce n’erano stati 154 per 100.000 abitanti, nel 2014 erano 83. In calo anche i rilasci: dal 2009 al 2014, il tasso di rilasci è diminuito del 12%: nel 2009, ci sono stati 122 rilasci dalle prigioni ogni 100.000 abitanti, mentre nel 2014 sono stati 108. Così anche la densità della popolazione carceraria ha subito un calo nel decennio 2005-2015 (lo studio si riferisce al periodo in cui si dispone di dati da tutta Europa) pari al 24%, passando da 139 detenuti a 106 detenuti ogni 100 posti disponibili. Il che significa ancora sovraffollamento, nonostante gli istituti di pena italiani «abbiano fatto un grosso sforzo» per aumentare i posti, passati da 42.959 nel 2005 a 49.624 nel 2015, ma ancora insufficienti per i 52.389 detenuti del 2015 (contro i 59.649 del 2005).

La durata dei periodi trascorsi negli istituti di pena italiani è aumentata del 63%: nel 2005, la durata media della reclusione era di 8 mesi, nel 2014 è passata a 13. È un altro dato contenuto sulle schede relative all’Italia del Rapporto. Un altro dato critico è il calo del 6% che si registra a livello di tutto il personale che lavora nelle case di detenzione, e in particolare del numero di agenti di polizia penitenziaria (-11%): i dati del 2015 parlano di 35.319 agenti rispetto ai 39.653 del 2005. Il calo è stato dovuto, spiega il Rapporto, alle decisioni legate alla «spending review» della pubblica amministrazione. I dati sulle prigioni italiane dicono ancora che sono calate del 15% le detenute: nel 2005, le donne costituivano il 4,8% della popolazione carceraria, dieci anni dopo sono il 4,1%. Quanto alla percentuale dei detenuti stranieri, è rimasta stabile al 33%.

È calata del 7% la percentuale dei detenuti senza una condanna definitiva: nel 2005, il 38% dei detenuti non aveva una condanna definitiva mentre nel 2015 i detenuti senza una condanna finale erano il 35%. Altro dato in calo (-41%) è la percentuale di morti negli istituti di pena (da 29 ogni 10mila a 17 ogni 10mila nel corso dei dieci anni considerati). I suicidi sono passati da 9,6 ogni 10mila nel 2005 a 7,9 dieci anni dopo. Lo studio non dettaglia invece le cause della detenzione ma in termini generali mostra che «sono aumentate nei dieci anni le percentuali di prigionieri che scontano condanne per omicidio, aggressione, reati sessuali e rapina, mentre le percentuali di coloro che sono in carcere per reati di droga e altri tipi di reati sono diminuite».