Italia
Editoria, azzeramento Fondo per il pluralismo. Don Bianchi (Fisc): «Non toccherà i grandi giornali, ma spariranno le voci dal territorio»
«Sono fiducioso che ci possa essere ancora un dialogo con il Governo. Mi rifiuto di credere che sia serio da parte della politica agire in maniera emotiva, senza entrare nel merito delle questioni. Mi auguro si tratti soltanto di annunci. L’azzeramento del Fondo per il pluralismo non toccherà i grandi giornali, ma quelli piccoli. È più facile fare la battaglia parlando di taglio all’editoria, ma in realtà verranno tagliati soltanto i giornali del territorio». Così don Adriano Bianchi, direttore della «Voce del Popolo» di Brescia e presidente della Fisc (Federazione italiana settimanali cattolici), all’indomani della conferma pubblica da parte di Vito Crimi, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, che durante la festa del Movimento 5 Stelle al Circo Massimo ha ribadito che «con la prossima legge di bilancio partirà la progressiva abolizione del finanziamento pubblico a giornali».
Anche i settimanali diocesani stanno risentendo della crisi dell’editoria?
«Certamente, anche se forse meno rispetto alle grandi testate. I giornali del territorio raccontano le cose del territorio che altri non dicono. La crisi della carta stampata la si avverte, ma in misura ridotta. Inoltre, quasi tutti i nostri settimanali hanno una presenza online e sui social network. Stanno vivendo la trasformazione anche dal punto di vista della digitalizzazione. L’erosione sulla carta è innegabile, anche se meno evidente. Le difficoltà economiche ci sono soprattutto dove le realtà editoriali hanno una certa consistenza. La sopravvivenza dei giornali è però sulle spalle della carta stampata, che è ancora l’unica fonte di reddito grazie alla pubblicità e alle copie vendute. L’online non offre risorse sufficienti per mantenere una informazione di qualità».
Perché andrebbero tutelate queste realtà editoriali?
«Il Fondo per il pluralismo garantisce che nel Paese ci siano voci diverse, anche quelle che esprimono i territori, le minoranze, le realtà più piccole. Fonti di informazione veramente legate ai cittadini, che raccontano quell’Italia che le persone vivono quotidianamente».
Eppure il disegno del Governo sembra chiaro.
«Si è scatenata una tempesta. Capisco la necessità politica di esprimere una posizione che rispecchi il programma elettorale, ma mi auguro che nel merito della questione ci sia buon senso ed equità al fine di non disperdere un patrimonio del genere. Può essere legittimo che si abbia una idea differente rispetto al Governo precedente, ma non si aprano le porte a un impoverimento del dibattito e del pluralismo nel Paese».