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Cnca, le mani delle mafie sul gioco d’azzardo. Il business delle scommesse sportive

Il dossier, realizzato da Filippo Torrigiani, consulente della Commissione parlamentare antimafia e del Cnca proprio su questi temi, presenta una fotografia dello stato attuale del rapporto tra criminalità organizzata e azzardo, a partire dai dati e dalle informazioni che si ricavano dalle principali inchieste giudiziarie condotte nel nostro Paese per combattere il riciclaggio e, più in generale, le diverse facce della presenza mafiosa nel settore.

Dati alla mano, il dossier smentisce un luogo comune, come spiega don Armando Zappolini, presidente del Cnca, nell’introduzione: «Mettere in un angolo, con la legalizzazione del gioco, tutto il circuito illegale»; infatti, «le mafie riescono facilmente a ‘fare sistema’ tenendo insieme legale e illegale. L’uno rinforza l’altro». Insomma, spiega Torreggiani nel dossier, «la realtà incontrovertibile evidenzia come, a fronte di una maggiore offerta del ‘gioco legale’, sia più semplice per i clan malavitosi trarre profitti attraverso pratiche di usura, riciclaggio, estorsione, imposizione…». Inoltre, indagini di Polizia e Magistratura hanno messo in evidenza che «negli ultimi tempi si registra un interesse prevalente, da parte delle associazioni criminali, per il gioco online e per il settore degli apparecchi da intrattenimento, le cosiddette ‘macchinette’».

Don Zappolini ha anche auspicato che si possa «trovare antidoti efficaci alla gravità del problema della presenza delle mafie nel settore dell’azzardo». E ha ricordato l’impegno da cinque anni della campagna «Mettiamoci in gioco», che riunisce 32 sigle nazionali, con «l’obiettivo di contrastare la scarsa regolamentazione del settore dell’azzardo». «La nostra priorità – ha sostenuto Zappolini – è la tutela della salute, riducendo pubblicità e consumo».

Un mercato globale che non conosce crisi o decadenza. A fine 2016 ha raggiunto un valore di circa 470 miliardi di dollari. «Il settore che attrae ancora con forza i giocatori era e rimane quello del gioco d’azzardo automatico: la spesa in New Slot e VLT rappresenta, infatti, ben oltre il 50% della raccolta», ma «appare sempre più rilevante l’evoluzione che sta avendo il gioco online. Nel solo corso del 2015 si apprende, ad esempio, che i ‘Casinò On Line’ autorizzati dall’Agenzia dei monopoli e delle dogane (Adm) hanno chiuso in magnificenza l’esercizio in questione». Dai dati rilevati, «nell’anno la spesa netta dei giocatori è stata di 327,5 milioni di euro: ciò sta a significare un +31,2% rispetto ai 249,6 milioni impegnati nel 2014». In particolare, «Lottomatica ha rivestito un ruolo di primo piano raggiungendo, nel 2015, una quota di mercato del 15%. Seguono a ruota Sisal, con una quota media di mercato del 9,7%, e William Hill con l’8,3%. La spiegazione che ne consegue appare riconducibile da un lato al miglioramento delle connessioni Internet, sia fisse che mobili, dall’altro a una maggiore attrazione esercitata nei confronti degli avventori per via di un più appetibile Pay Out (ritorno in vincite)». D’altra parte, sottolinea il dossier, «la persistente e iniqua tassazione applicata ai vari giochi genera importanti discrepanze sia sugli introiti erariali, sia sulle vincite conseguite dai giocatori, e appare di conseguenza inevitabile riflettere ad ampio raggio sull’intero quadro che il gioco d’azzardo rappresenta. In Italia, come pure nel mondo». Il settore azzardo, per mezzo di «un’ascesa incontenibile», è giunto a rappresentare «un volume di affari impressionante»: «Secondo le ultime stime, il mercato globale del gioco d’azzardo, a fine 2016, si è attestato su un valore di circa 470 miliardi di dollari, corrispondente alle riserve finanziarie di alcune super potenze mondiali, come pure al fatturato di aziende globali il cui organico supera gli 80mila dipendenti». Insomma, «siamo di fronte ad un mercato globale che non conosce crisi o decadenza».

Il business delle scommesse sportive. A novembre 2016 nella black list 6.205 siti di gioco. Le mafie hanno penetrato il settore delle «scommesse sportive». È uno dei dati che emergono dal dossier. Nella vastità delle scommesse autorizzate e normate dallo Stato, «le mafie hanno dimostrato attiva solerzia, soprattutto attraverso la pratica di match fixing che è la capacità di determinare e quindi alterare l’esito parziale o finale dei risultati degli avvenimenti sportivi, soprattutto mediante la compravendita dell’agire e dell’infedeltà degli atleti, e comunque la complicità di alcuni». I concessionari sono tenuti, in linea prioritaria, a specifici obblighi di trasparenza nonché di tracciabilità e identificazione per importi di vincita avvenuti su rete fisica superiori a 1.000 euro, a tutela dell’interesse generale, dell’ordine pubblico e dei giocatori, ma «se i flussi di gioco si inseriscono al di fuori del circuito legale e autorizzatorio italiano – rileva il dossier -, spesso vengono meno gli obblighi di identificazione e tracciabilità previsti nel perimetro nazionale». Già a luglio del 2015 «i siti di scommesse non autorizzati, e quindi oscurati da Agenzia dei monopoli e delle dogane (Adm), sono stati ben 5.436. L’ultimo aggiornamento in merito, fornito da Adm, datato novembre 2016, chiarisce che ad oggi i siti di gioco che confluiscono nella ‘black list’ dell’Agenzia risultano essere 6.205, ovvero ben 76 in più rispetto all’ultimo aggiornamento che risale al 25 ottobre 2016, quando erano 6.129».

«Il gioco d’azzardo costa sicuramente moltissimo alla collettività e certamente molto di più di ciò che crea, quantomeno in materia di socialità, aggregazione e legalità». È una riflessione contenuta nel dossier che ricorda anche i «gravi fatti di sangue nei confronti di soggetti appartenenti alla filiera del gioco», determinati dai forti interessi criminali che muovono il settore, e riporta alcuni procedimenti le cui indagini sono state portate a compimento nell’ultimo anno.

«Tra il 2012 e il 2013 – ricorda il senatore Stefano Vaccari, componente della Commissione parlamentare antimafia, nella postfazione del dossier – l’indagine ‘Rischiatutto’ della Dda di Napoli e l’indagine Black Monkey della Dda di Bologna (scaturita dall’inchiesta del giornalista Giovanni Tizian ancora sotto scorta) , hanno messo in luce chiaramente queste capacità: il reimpiego e il riciclaggio attuato dal clan Schiavone in rami di impresa in vario modo collegati al gioco, operando massicci investimenti nel territorio di Caserta e in Emilia Romagna, oppure tramite l’escalation economica di Nicola Femia (oggi primo pentito illustre della ’ndrangheta) che ha preso il via dalla provincia di Ravenna attraverso l’abusiva raccolta del gioco online impiegando siti web illegali, ovvero con la disseminazione di apparecchi truccati e dislocati in tutta la Regione». Emerge con forza anche da questo settore economico, «il rapporto stretto che le mafie hanno saputo costruire in tutto il Paese, senza per forza aver bisogno della politica, come in alcune regioni del nord, ma coinvolgendo persone, professioni, imprese utili al raggiungimento dei loro obiettivi criminali».

Il dossier si conclude con le proposte di modifica normativa rivolte al legislatore, da parte della Commissione parlamentare antimafia, relative a cinque diversi ambiti di intervento – barriere all’ingresso; revisione delle sanzioni penali e amministrative; rafforzamento delle misure antiriciclaggio per la tracciabilità delle vincite; politiche antimafia e ruolo delle autonomie locali; una nuova governance del settore – e i contenuti dell’intesa Stato-Regione, in sede di Conferenza unificata, in merito al settore azzardo.