Italia
Terremoto: la paura si combatte mettendo in sicurezza le case
Mercoledì 18 gennaio 2017. Si aggiunge questa data al 24 agosto e al 30 ottobre 2016 tra quelle da ricordare, negativamente, dal punto di vista sismico in Italia, nell’ultimo periodo. Con tre scosse di magnitudo 5.3, 5.4 e 5.3 nel giro di un’ora tra le 10.25 e le 11.25 e un’altra, di magnitudo 5.1, alle 14.33, tra le province dell’Aquila (Montereale, Pizzoli, Capitignano, Campotosto, Cagnano Amiterno) e Rieti (Amatrice), è ritornato l’incubo nel Centro Italia, aggravato stavolta anche dalla neve. «Era prevedibile, purtroppo, che prima o poi ci fosse un terremoto nell’area che è stata colpita il 18 gennaio», ammette Carlo Meletti, responsabile del Centro pericolosità sismica dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. «Il settore che si è attivato il 18 gennaio – spiega – era una zona in qualche modo silente, dove cioè si erano verificate, nei mesi scorsi, scosse di bassa magnitudo: la più forte era stata di 4». Si tratta della «zona compresa tra quella di Amatrice dove c’è stata la scossa del 24 agosto 2016 e a sud della zona de L’Aquila dove c’è stato il sisma del 2009. Il 18 gennaio si è andato a colmare questo ‘buco’ dove erano presenti delle faglie che tenevamo sotto controllo avendo il timore, anche se non la certezza, che potessero produrre delle scosse più forti delle altre».
Si tratta di faglie diverse ma vicine?
«Esatto, sono faglie vicine quelle interessate dai diversi sismi degli ultimi mesi: quella coinvolta negli eventi del 18 gennaio è stata condizionata in qualche modo dalle scosse dei mesi scorsi. Sicuramente era una faglia che avrebbe dato terremoti più in là nel tempo, ma il fatto che ci sia stata una sequenza sismica da diversi mesi l’ha spinta a rompersi prima».
Sono anomali tanti terremoti forti e ravvicinati nel tempo e nello spazio?
«No, succedono spesso in Appennino queste lunghe sequenze con scosse forti che si ripetono a distanza di mesi. Nel terremoto di Umbria e Marche del 1997 a distanza di sei mesi dalla scossa principale ne sono seguite altre di magnitudo fino a 5».
Cosa dobbiamo aspettarci adesso?
«Sicuramente nell’area interessata dal terremoto del 18 gennaio ci saranno molte repliche anche forti, come già stanno accadendo. C’è anche la possibilità di scosse simili a quelle del 18 o anche un po’ più forti. Nel nostro Appennino scosse di magnitudo fino a 6.5 sono possibili ovunque. Queste sono stime che facciamo in termini probabilistici, ma non sappiamo quando avverranno: sul fattore tempo non possiamo essere più precisi».
Quando parla di possibilità di altre scosse forti si riferisce sempre alle stesse zone o ce ne sono altre a rischio?
«In questo momento più a Sud è difficile perché c’è la zona del terremoto del 2009 che ha già dato a suo tempo parecchi terremoti con una sequenza sismica che è andata avanti per diversi anni. Quello che non sappiamo dire è se qualche settore, magari più a Est, cioè più diretto sulla costa adriatica, per esempio si può rompere. Consideriamo tutta la zona ad alta pericolosità sismica. Quindi, la probabilità che avvengano terremoti esiste, ma non siamo in grado di dire come può evolversi adesso la situazione».
Con le scosse del 18 gennaio si è creato panico anche nella zona di Roma con la chiusura temporanea delle linee della metropolitana e l’evacuazione di alcune le scuole… Si tratta di una zona sismica?
«La zona di Roma risente soprattutto dei forti terremoti che avvengono nell’Appennino e nella zona dei Colli Albani. Storicamente i danni più importanti a Roma sono stati conseguenza di quelli dell’Appennino, come il terremoto della Marsica del 1915. Oppure ricordiamo, parecchi secoli fa, la parte del Colosseo crollata a seguito dei terremoti. Normalmente non dovrebbero esserci conseguenze forti nella Capitale per terremoti come quelli del 18 gennaio. Certo, la preoccupazione che c’è stata a Roma per un terremoto di magnitudo 5.5 avvenuto a distanza come quello del 18 gennaio vuol dire non avere idea di quale sia la condizione della sicurezza sismica degli edifici».
Non solo a Roma, ma in tutta Italia la gente ha paura: cosa possiamo consigliare?
«Per chi vive nelle zone a rischio ci sono purtroppo pochi consigli da dare. Possiamo solo augurare che si vada presto verso una normalizzazione e che inizi la fase della ricostruzione. Per tutti gli altri che sono impauriti dalle notizie che si rincorrono in questi giorni ricordiamo che ci sono delle norme di comportamento da mettere in pratica sia prima sia quando si sente un terremoto, ma soprattutto che è importante assicurarsi delle condizioni di sicurezza sismica della propria casa. È proprio il fatto di non sapere se abitiamo in una casa sicura che ci mette timore. Verifiche possono essere fatte da ingegneri. Non necessariamente le case più vecchie sono meno sicure. In Italia, nel periodo del boom economico degli anni Sessanta, ad esempio, forse si è costruito in fretta senza grande attenzione a questi aspetti. L’Aquila ci ha mostrato che sono crollate case nuove e vecchie. Dobbiamo, allora, verificare casa per casa per stare tranquilli».