Italia
La marcia di Assisi, per dire che vogliamo un mondo di pace
La parola «PACE» è di casa ad Assisi, anzi potremmo dire che Assisi è la città della Pace, la città dove la Pace diventa una realtà che si respira, che si declina nelle infinite forme, azioni, e gesti che la Pace contiene.
Recentemente, ad Assisi, oltre 500 leader delle varie religioni del mondo, si sono messe insieme per la Pace. Personalmente, oltre a tanti altri aspetti ed affermazioni che ho ascoltato, mi sono rimaste nella mente e nel cuore, alcune affermazioni di Zygmunt Bauman che ri-presento in questa mia riflessione: «È necessario affidare le speranze del genere umano non ai generali dello scontro di civiltà, ma a noi soldati semplici della vita quotidiana…. Noi non possiamo sottrarci dal vivere insieme e se c’è una parola da ripetere continuamente è “dialogo”… il dialogo non è un caffè istantaneo, non dà effetti immediati, il dialogo è la pazienza, la determinazione e la profondità… E solo con il dialogo ci sono vincitori, non perdenti».
Assisi e San Francesco e l’altro Francesco, ci possono guidare.
Bisogna che ci abituiamo, sempre di più, a parlare di Pace non solo in contrapposizione alla guerra. Soprattutto occorre che, sempre di più, la smettiamo di pensare che «la colpa» è degli altri: governi, politici, fabbricanti di armi sempre più potenti e micidiali, speculatori di borsa… degli altri, insomma. Noi non ne abbiamo responsabilità alcuna! (?)
Bisogna invece, che ci convinciamo a prendere atto del nostro diretto, personale «coinvolgimento e responsabilità». Volenti o nolenti.
Nel recente messaggio, in occasione della Giornata Mondiale per la cura del Creato, Papa Francesco ha scritto: «Assuefatti a stili di vita indotti sia da una malintesa cultura del benessere sia da un desiderio disordinato di consumare più di quello di cui realmente si ha bisogno, sia come partecipi di un sistema che ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura, pentiamoci del male che stiamo facendo alla nostra casa comune». E al pentimento, bisogna che ne segua «un fermo proposito di cambiare vita con nuovi atteggiamenti e comportamenti concreti, più rispettosi del creato.» Trattare la Terra, il suo suolo, il suo sottosuolo, e soprattutto i suoi abitanti come stiamo facendo tutti e ovunque, è la prima e mondiale causa, personale e strutturale, della distruzione del Creato: Persone, animali, vegetazione, ricchezze. E ci rende complici dei mali e delle miserie esistenti, nonché di tutte le assurde, innaturali guerre ed ingiustizie che la cupidigia e la cattiveria dei suoi abitanti abbiano favorito sulla Terra.
Questa constatazione della realtà delle «cose» del mondo ci conduce, anzi ci costringe, ad esempio, a un uso oculato della plastica e della carta, a non sprecare acqua, cibo ed energia elettrica, a differenziare i rifiuti, a utilizzare il trasporto pubblico, a condividere un medesimo veicolo tra più persone, e così via, liberandoci, finalmente, dall’ossessione del consumo. Dobbiamo prendere coscienza che di quel fiume di persone di ogni età e di ogni colore che vediamo arrivare, quotidianamente, sulle nostre coste siamo responsabili noi che troppo facilmente ci rassegniamo a questo scandalo… Se don Milani fosse ancora tra noi, quanti «I care» ci direbbe…
In occasione della prossima Marcia Perugi-Assisi, potremmo limitarci a rispondere a questa domanda: «Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a chi verrà dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo oggi?»
E mentre cammineremo da Perugia ad Assisi, anche magari per solo un tratto data l’età o altro, non potremo dimenticare la terribile, inaccettabile ingiustizia, autentica guerra (!), che sta avvenendo, nel silenzio di tutti, col commercio illegale e profitti criminali legati ai minerali «di sangue» principalmente in Burundi, Uganda, Tanzania e Sud Sudan. E che dire dello scandalo disumano che si compie nell’altra guerra tra vari popoli che migrano, in cerca di «Libertà» dalla fame, dalle persecuzioni, dai diritti negati, dai massacri razziali, dall’assurda follia religiosa, e tanti altri «assurdi» che si «scontrano» con persone, per diverse ragioni divise tra soccorrere questi disperati o lasciarli annegare in mare o ricacciarli a casa loro, impedendo loro di fuggire da realtà comunque disperate. E ancora, come chiamare, se non atti di guerra, di pazzia omicida, quei diversi «muri» di ferro e di cemento che spudoratamente si sta moltiplicando alle frontiere di alcune nazioni per «difendersi dall’invasione dei profughi»?
Quali reazioni generano in noi queste «follie omicide»?
Siamo capaci di fare, ad ogni costo, anche le «piccole cose di poco conto» che dipendono da noi, e che (almeno) «rammenderebbero il mondo», impedendo che il mondo continui a peggiorare?