Italia
Povertà, sì della Camera a reddito inclusione. Caritas, «un primo passo»
La povertà in Italia colpisce sempre più le famiglie numerose, gli stranieri, la fascia d’età tra i 45 e i 50 anni, chi vive in città e non risparmia nemmeno il Nord. Sono 4 milioni e 598 mila le persone in povertà assoluta, il 7,6%, secondo i dati diffusi dall’Istat relativi al 2015, con un aumento di quasi 500 mila in più rispetto all’anno precedente poiché collocati all’interno di famiglie numerose. Il dato sulle famiglie in povertà assoluta infatti rimane stabile: 1 milione e 582 mila. Sono «poveri assoluti» tutti coloro che non hanno risorse sufficienti per una vita dignitosa e coprire i fabbisogni essenziali come il cibo, la casa, l’istruzione, la sanità. A soffrire maggiormente sono dunque le famiglie con quattro componenti (in aumento dal 6,7% al 9,5%) o cinque e più (da 28% a 31,1%) e le famiglie di soli stranieri (da 23,4% a 28,3%), normalmente più numerose. Al Sud vivono 4 famiglie povere su 10.
Poche ore dopo la diffusione dei dati la Camera dei deputati ha approvato, nell’ambito del disegno di legge delega con le misure di contrasto alla povertà e il riordino delle prestazioni sociali, l’emendamento per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà, denominata «reddito di inclusione». La misura include anche gli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno due anni sul territorio italiano. L’iter legislativo continuerà a settembre con il passaggio al Senato. Se non ci saranno troppe modifiche il governo conta di chiuderlo entro l’anno. Altrimenti si potrebbe creare un problema sull’utilizzo delle risorse stanziate dalla legge di stabilità per il 2017, pari a 1 miliardo di euro. Commentando in generale i dati Istat, il direttore di Caritas italiana don Francesco Soddu, chiede «un deciso passo in avanti del nostro sistema di protezione sociale, che non ha retto all’urto della crisi economica e ha lasciato cadere in povertà migliaia di famiglie».
Caritas, «un primo passo, non soddisfacente ma inizia un percorso». Per Caritas italiana, tra i promotori dell’Alleanza contro la povertà che da tempo propone l’introduzione del Reis (il Reddito di inclusione sociale), la misura approvata gli assomiglia molto ma ne differisce principalmente per le risorse stanziate. Si tratta dunque di «un primo passo – afferma al Sir Francesco Marsico, responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana -. Certo, non è soddisfacente. Ma non farlo, con un dato sulla povertà assoluta così alto, sarebbe una responsabilità grave per qualsiasi forza politica». L’organismo pastorale per la carità della Cei apprezza che si stia finalmente discutendo una legge per contrastare la povertà in maniera organica, non più a colpi di sperimentazioni, bonus e provvedimenti temporanei, che si sono rivelati costosi e inefficaci. L’interlocuzione con governo e forze parlamentari ha infatti funzionato a sufficienza; molte indicazioni della società civile sono state recepite. Come la previsione di un sostegno economico che va di pari passo con forme di accompagnamento sociale e occupazionale. Questo la rende «una misura avanzata, né assistenziale né spot». Le criticità, ovviamente, riguardano il sostegno economico: 1 miliardo di euro per il 2017, quando invece il Reis ne chiedeva almeno 5/6 miliardi a regime, dopo tre anni. «Partendo da 1 miliardo vuol dire che ci vorranno sei anni – osserva Marsico -. Inizia un percorso importante su cui vigilare, sperando sia una misura in grado di incrementare negli anni, per contrastare l’intero fenomeno povertà».
«Diventi una misura per tutti i poveri». Anche se la legge delega non definisce questi particolari, Caritas italiana azzarda una ipotesi su quanto potrebbe essere, a partire dalle risorse stanziate, il sostegno economico ad una famiglia: 80 euro per ogni componente di nucleo familiare, con un max di 400 euro per cinque componenti. Il target di destinatari sarà però ristretto alle famiglie con figli, o con figli disabili. «Ma non vogliamo che diventi una misura categoriale – precisa Marsico -. Il nostro obiettivo è avere una misura universalistica per tutti, altrimenti non sarà una vera riforma». L’altro nodo problematico non ha niente a che vedere con la politica ma riguarda la struttura-Paese, con grandi disuguaglianze tra i servizi e le strutture nelle diverse Regioni. Considerando che la povertà è in aumento, la speranza è che in futuro ci sia «un investimento di risorse più marcato» e che i tempi per la conclusione dell’iter legislativo siano rapidi e «con meno cambiamenti possibili»: il richiamo alle forze politiche è «al senso di responsabilità».