Italia
Terra e mare inquinati, per i geologi «la situazione in Italia è critica»
Non solo l’Ilva di Taranto e la Terra dei Fuochi. Da Casale Monferrato, Venezia Marghera e Brescia a Crotone, Brindisi e Gela, passando per Piombino, Terni e Porto Torres. Sono solo alcuni esempi di siti inquinati in Italia. Nel nostro Paese, infatti, c’è un problema di inquinamento del suolo per 160.680 ettari e del mare per 133.060 ettari; per un totale di 293.740 ettari da bonificare.
A lanciare l’allarme sono i geologi italiani in vista del loro congresso nazionale, che si terrà a Napoli dal 28 al 30 aprile. Oltre ai siti di interesse nazionale per quasi 300mila ettari, ci sono altri 6mila siti regionali soggetti a interventi di bonifica. In occasione del congresso i geologi hanno istituito, tra gli altri, il Tavolo tecnico sulle bonifiche e inquinamento, di cui è coordinatore il presidente dell’ordine dei geologi delle Marche, Andrea Pignocchi. «In Italia – spiega – la situazione è davvero critica, come mostrano i dati forniti dal ministero dell’Ambiente, che, pur risalendo a un paio di anni fa, offrono una fotografia esemplificativa del nostro Paese. Ci sono siti che per estensione e grado di inquinamento determinano delle vere e proprie emergenze per l’ambiente e che compromettono gravemente la salute pubblica, come ad esempio la Terra dei Fuochi in Campania».
Siti di interesse nazionale e regionale. I siti di interesse nazionale, come l’Ilva di Taranto e Porto Marghera e il cui elenco completo è consultabile sul sito del ministero dell’Ambiente, «sono stati inseriti in un programma dedicato che viene seguito dallo stesso ministero. La scelta deriva dal fatto che questi siti hanno un’estensione ampia e, quindi, anche una ricaduta particolarmente grave sulla salute del cittadino – chiarisce Pignocchi -. I siti di interesse regionale derivano dall’anagrafe che ogni Regione ha, o dovrebbe avere, aggiornata di quei luoghi di dimensioni più piccole che ugualmente causano problemi al cittadino. La differenza tra i primi e i secondi è determinata dalla dimensione dei siti. I nazionali possono estendersi tra più comuni o riguardare grandi complessi industriali; quelli regionali, ad esempio, possono essere vecchi insediamenti industriali abbandonati e dismessi, distributori di benzina, aziende artigiane fallite per la crisi.
Le Regioni storicamente più industrializzate, come la Lombardia, sono quelle che hanno qualche problema in più con aree industriali dismesse che magari ora si trovano inglobate nelle zone urbane». C’è, poi, «la questione delle discariche dei rifiuti da bonificare, come in Campania».
Bonifiche urgenti. Di fronte a questo quadro, sembra urgente procedere alla bonifica dei siti inquinati, ma non è così semplice: «C’è un problema della disponibilità di risorse – afferma Pignocchi -: gli interventi di bonifica sono estremamente onerosi. Perciò, occorre trovare una formula, attraverso incentivazioni, per rendere questi siti appetibili per un lavoro di conversione in centri residenziali, commerciali, aree dedicate allo svago e al tempo libero».
Questo tipo di incentivazione, prosegue, «comporterebbe anche un aspetto che per noi geologi è molto importante: la drastica riduzione del consumo del suolo, perché, piuttosto che andare a costruire su aree agricole o verdi, si recuperano zone su cui è opportuno intervenire anche dal punto di vista sociale. Molto spesso, infatti, le aree dimesse sono fortemente degradate, rendendo la stessa zona urbana e suburbana a cui appartengono degradata.
Ridurre, fino ad annullare il consumo del suolo, significa anche ridurre il rischio idrogeologico di cui tanto si parla da anni, ma per il quale, in concreto, si fa davvero poco, a livello regionale e nazionale». È necessario anche «rivedere l’iter procedimentale e autorizzativo, attualmente abbastanza complesso e articolato: questo non significa una semplificazione tout court senza controlli, ma avere tempi e metodi certi per arrivare alla conclusione del procedimento».
Migliorare la qualità della vita. Questi accorgimenti rilancerebbero le bonifiche «migliorando la qualità della vita dei territori interessati e trasformando la gestione delle bonifiche e delle discariche da passività ambientale a opportunità di crescita economica, derivata dal risanamento del territorio, in un periodo di crisi socio-economica strutturale come il nostro».
Per i geologi «è urgente intervenire in tutte le aree inquinate, partendo da quei siti industriali dismessi, che magari non sono di interesse nazionale o non sono sotto i riflettori, per avviare un circolo virtuoso di miglioramento della qualità della vita».
Per quanto riguarda i siti di interesse nazionale, sostiene Pignocchi, «non solo vanno gestiti, ma anche conclusi gli iter per le bonifiche. Serve quel coraggio politico per dare disponibilità finanziarie per recuperare queste zone».
Obiettivi. L’obiettivo del Tavolo tecnico sulle bonifiche e inquinamento, istituito in occasione del congresso dei geologi di fine aprile, è «fare proposte a chi è chiamato a governare il nostro Paese e le Regioni . Attualmente abbiamo norme che si sovrappongono. Noi chiediamo di renderle organiche e omogenee in un unico quadro normativo dedicato proprio alle bonifiche e all’inquinamento del terreno e delle acque», conclude Pignocchi.