Italia
Profughi impiegati in lavori socialmente utili: Forti (Caritas), «non è lavoro ma volontariato, un bel segnale»
Forti precisa al Sir che “non si tratterebbe tecnicamente di lavoro ma di volontariato. Ciò che invece ha creato un po‘ di chiacchiere e di equivoci è il termine: ‘facciamoli lavorare‘”.
La proposta di ieri del ministro dell‘interno Angelino Alfano si rifà, in realtà, ad un circolare del 27 novembre scorso inviata dal Viminale a tutte le prefetture, che invitava a superare l‘”inattività dei migranti” nelle strutture di accoglienza tramite protocolli d‘intesa con gli enti gestori per attività di volontariato “di pubblica utilità”, anche per favorire “maggiori prospettive di integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese, scongiurando un clima di contrapposizioni nei loro confronti”.
La circolare era stata frutto di una esperienza della Caritas di Bergamo che aveva funzionato bene. “I profughi in accoglienza stanno intere giornate inattivi, in attesa della procedura di richiesta asilo. Sono loro stessi a chiederci di rendersi utili – puntualizza Forti -. La circolare del Ministero dell‘interno permette solo a chi vuole, su base volontaria, di prestarsi per opere di volontariato, come accade in altri Paesi e come accaduto in passato quando c‘è stata l‘emergenza neve a Bergamo”.
Nelle strutture di accoglienza in Belgio, ad esempio, c‘è un sistema di riattivazione delle persone, con una lista dei possibili lavori. Gli ospiti si rendono disponibili in cambio di un piccolo contributo. In questo caso, precisa Forti, “non avrebbe per noi nessun costo aggiuntivo: la Caritas o un altro ente fanno un accordo con l‘ente locale per far lavorare gli immigrati, su base volontaria, con una assicurazione. È un vantaggio per tutti”. Secondo Forti “ci sarebbe molta disponibilità da parte degli ospiti: da un lato serve a valorizzare il tempo che perderebbero; poi a calmierare le situazioni di eventuale conflitto interno, perché dopo mesi senza fare niente si creano tensioni; in più hanno un alto valore sociale, perché molti di loro vogliono ripagare la generosità con cui si sentono accolti. Dobbiamo solo permettere loro di farlo”.
Caritas italiana tempo fa aveva anche paventato l‘ipotesi di forme di autogestione interna, anche se non complete. “Tante attività che adesso vengono appaltate all‘esterno, come le pulizie – spiega Forti -, potrebbero farle gli ospiti. Non possiamo accoglierli e considerarli dei bambini incapaci: sia perché non lo sono, sia perché è ingiusto moralmente”. Favorevole al lavoro volontario anche la Fondazione Migrantes, secondo cui “la circolare può diventare una buona prassi e cambiare la normativa”, afferma monsignor Giancarlo Perego, direttore della Migrantes.