Italia

Primo maggio, Furlan (Cisl): «Chiediamo al governo di costruire insieme un progetto di crescita»

Oggi, 1° maggio è la festa dei lavoratori, ma in Italia, benché s’inizino a registrare alcuni dati positivi, la crisi si fa ancora sentire. È di ieri, infatti la conferma dell’aggravarsi della disoccupazione che torna a salire al 13%. Con il dato gravissimo che riguarda i giovani senza lavoro (43%). Per non parlare del Sud, dove ci sono industrie che rischiano di chiudere, come nel caso della Whirpool-Indesit di Carinaro, dove potrebbero perdere il lavoro in ottocento. Inoltre il nostro è un Paese in cui sono ancora forti le discriminazioni verso le donne per quanto riguarda la retribuzione, come ha denunciato Papa Francesco, nell’Udienza generale di mercoledì 29 aprile. E ancora, in Italia arrivano tanti immigrati che sono sfruttati dal punto di vista lavorativo… Sono questi i temi dei quali abbiamo parlato con Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl.

Primo maggio: cosa serve per aumentare il lavoro e ridare slancio al Paese?«Soprattutto al Sud ci sono un’altissima disoccupazione e una desertificazione industriale, ma l’Italia non cresce se una parte del Paese continua ad avere così tante difficoltà. Il tema dello sviluppo è essenziale per darci un futuro e creare giustizia sociale attraverso interventi mirati sul lavoro. Quello che manca in Italia è proprio un progetto di crescita, ma per fare questo bisogna guardare innanzitutto a quello che non c’è nel nostro Paese: un progetto industriale, l’identificazione dei settori nodali per la vita del Paese, gli investimenti adeguati nelle infrastrutture, in modo particolare al Sud, e quelli in formazione, in ricerca, in innovazione. Non a caso come Cisl da molti mesi chiediamo al presidente del Consiglio di farsi promotore di un grande patto sociale che veda assieme tutti i livelli istituzionali e tutte le parti sociali per disegnare finalmente il progetto della crescita di cui il nostro Paese si deve dotare. Oggi è il momento giusto per farlo, perché abbiamo dei fattori esogeni positivi: penso alla politica della Bce di Mario Draghi con grandi iniezioni di liquidità a favore della crescita in tutti i Paesi europei; al costo dimezzato del petrolio; al rapporto di svalutazione tra dollaro ed euro. Sono tutti fattori positivi, ma momentanei: bisogna subito coglierli con un progetto industriale del Paese molto forte. L’altra questione per creare più equità e sviluppo è una grande riforma del fisco. Noi come Cisl stiamo promuovendo una legge popolare che chiede mille euro di tasse in meno a chi è sotto la soglia dei 40mila euro lordi, per aiutare le famiglie e rilanciare i consumi».Mercoledì scorso il Papa ha detto che è «un puro scandalo» la differenza di retribuzione tra uomo e donna per uguale lavoro…«Il Papa ha detto parole assolutamente vere, in modo molto diretto e chiaro, per toccare il cuore delle persone, ma anche per interrogare le coscienze. In Italia le donne sono meno occupate, spesso meno pagate degli uomini, anche se non siamo il peggiore Paese d’Europa. Infatti, la media europea di differenziale di retribuzione oraria è drammaticamente più alta dell’Italia, dove comunque si attesta oltre il 6%. Da noi, poi, quando le aziende sono in crisi, non capita raramente che siano innanzitutto le donne a perdere il posto di lavoro. Ma le parole del Papa vanno anche al di là di questa amara riflessione: c’è una cultura nel nostro Paese, e non solo, che ancora non riconosce il ruolo importante della donna nella società come nel lavoro».Cosa si può fare in questo senso?«Occorre mettere la donna nelle migliori condizioni nell’ambito lavorativo. In Italia da tanti anni ci sono tagli ai servizi sociali: per gli anziani, l’infanzia e la famiglia. Siccome culturalmente è affidata alla donna e nella famiglia la maggioranza delle incombenze nella cura degli anziani e dei figli, le donne devono rinunciare nel loro lavoro a essere protagoniste. Anche nella contrattazione la differenza di genere va recuperata. Una donna non deve essere costretta a scegliere tra famiglia e lavoro. Per far questo sono necessari una legislazione di sostegno, investimenti nel sociale, ma anche un cambio culturale per cui maternità e paternità devono essere vissuti con pari dignità e responsabilità».Qual è il suo auspicio per la Festa del lavoro?«Dedicheremo questo 1° maggio soprattutto ai temi dell’accoglienza, dell’integrazione e della solidarietà. Abbiamo migliaia di persone che ogni giorno disperatamente tentano di arrivare nel nostro Paese. L’Italia e l’Europa devono sapere accogliere: i profughi non sono un peso, ma vite da salvare e speranze da donare».Un pensiero va anche ai tanti immigrati che prestano lavoro nel nostro Paese…«Lo sfruttamento del lavoro degli immigrati è una piaga sociale in tutta Europa, ma anche nel nostro Paese. Stiamo dando un pessimo esempio ai nostri figli. Dobbiamo creare condizioni di cittadinanza, rispetto e dignità per gli immigrati. Non è vero che vengono in Italia a rubarci il lavoro; anzi, spesso sono chiamati a svolgere, malgrado abbiano alti livelli di istruzione, i lavori che gli italiani non vogliono fare. In un Paese a natalità zero come il nostro, gli immigrati che fanno famiglia diventano la vera speranza per il futuro. Credo che il Paese abbia bisogno anche di loro. Occorre iniziare ad avere una politica diversa, a partire dal diritto di cittadinanza per ogni bimbo che nasce sul suolo italiano. Bisogna anche cambiare la legge sull’immigrazione, che lega il permesso di soggiorno alla certificazione del lavoro: questo ha dato luogo, senza tutele, a tanti abusi. Nella globalizzazione… chiudersi è la cosa peggiore: dobbiamo, invece, saper accogliere e valorizzare i talenti. Tanti immigrati hanno competenze alte e a loro dobbiamo offrire un futuro nel nostro Paese».