Italia
Tutti in coda per le primarie
Il centrosinistra riesce a farsi del male anche quando vince. Nel giorno in cui anche i leader del centrodestra sono costretti ad applaudire, riconoscendo il successo oltre ogni aspettativa di queste primarie del centrosinistra, la commissione elettorale blocca la pubblicazione online dello spoglio alle una di notte di domenica, per poi tirar fuori dal cappello alle 17 del lunedì i risultati definitivi. Cosa sia successo in quelle 16 ore nessuno lo sa. O meglio, non lo sanno i cittadini che si son fatti anche due ore di coda ai seggi, dopo aver già perso del tempo per preregistrarsi, pagato due euro al Pd ed essersi esposti alla possibile pubblicazione online dei loro nomi. Il responso finale parla di 3 milioni e centomila votanti, di 1.395.096 voti per Pierluigi Bersani (44,9%), 1.104.958 per Matteo Renzi (35,5%) e 485.689 per Nichi Vendola (15,6%).
Distanziatissimi Laura Puppato (80.628, 2,6%) e Bruno Tabacci (43.840, 1,4%). Domenica notte sembrava che il distacco tra il segretario Pd e il Sindaco di Firenze fosse di appena 5-6 punti e la partecipazione ancora più alta. Non che cambi molto, visto che al ballottaggio, come ha rimarcato Renzi, si «riparte dallo 0 a 0». Ma la trasparenza in queste cose è un imperativo e tante cose non son filate per il verso giusto. Non solo. Dopo aver bisticciato per mesi nell’inventar regole che imbrigliassero il tentativo di Matteo Renzi di sfidare l’establishment del partito, adesso si vuol chiudere a doppia mandata la porta del ballottaggio di domenica. La regola c’era già, accettata ob torto collo anche da Renzi. Ma finora si era fatto capire che sarebbe stata interpretata con il buon senso. Invece adesso si arriva a ipotizzare una sorta di «tribunale provinciale» al quale nelle sole giornate di giovedì e venerdì chi non si fosse ancora registrato per le primarie può rivolgersi, implorando di essere ammesso dietro presentazione di prove concrete della sua impossibilità a farlo nei tempi stabiliti. Cose da «tribunale rivoluzionario». Come se il rischio da esorcizzare per tutti i partiti non fosse il vento dell’antipolitica che spira forte e che allontana i cittadini dal voto (vedi Sicilia).
Con queste regole, al ballottaggio di domenica, recuperare 290 mila voti a Bersani sarà dura per Renzi. Ma non impossibile. Se ha stravinto a Castelfiorentino, a Sesto Fiorentino e perfino a Pontedera (cioè a casa del governatore Rossi), pur avendo contro tutto l’apparato del partito (erano con lui solo il 2% dei segretari di sezione e il 3% dei parlamentari del Pd), può farlo anche nel resto d’Italia. Nonostante fosse dipinto dai suoi avversari come un «berlusconiano travestito» è riuscito a convincere le regioni rosse e a sfondare al Nord. Il suo punto debole rimane il Sud del Paese. Ma se anche uscisse sconfitto per la candidatura a premier del centrosinistra, la sua battaglia un po’ folle e un po’ sfrontata, sarà almeno servita a dare una scossa a tutto il centrosinistra. L’attuale leadership, sia in Toscana che in Italia, ne esce infatti con le ossa rotte. Pierluigi Bersani, a cui va riconosciuto il coraggio di essersi messo in gioco contro il parere degli altri leader del partito, ne terrà conto di sicuro. Adesso aspettiamo che anche nel centrodestra si dia spazio e voce agli elettori. Le primarie del Pdl fissate per il 16 dicembre non possono certo risolvere i gravi problemi che attraversa in questo momento quell’area politica. Ma almeno sarebbero un segnale di ritorno alla politica, quella vera.
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