Italia
Fratres, trent’anni di donazioni
Tra le «memorie storiche» dell’associazione c’è sicuramente Rigoletto Pugi che per 25 anni, dal 1966 al 1990, è stato segretario generale e che ancora oggi, alla tenera età di 94 anni, partecipa per quanto gli è possibile alla vita associativa. «La Fratres? Io l’ho vista nascere e svilupparsi. E nei prossimi anni non potrà che continuare a crescere, perché i valori su cui è fondata sono eterni e universali». «A Lucca nel 1971 – racconta – c’ero anch’io. E con me c’erano tante persone che hanno lavorato in quegli anni per lo sviluppo della Fratres. Eravamo un gruppo affiatato, unito da una grande amicizia e dalla condivisione degli stessi ideali. Molti di noi provenivano dalla Gioventù Cattolica, erano cresciuti con una solida formazione cristiana. Lo spirito era quello di una fede cristiana che non deve rinchiudersi nelle sacrestie: i cristiani devono essere impegnati nel mondo, nella società, per promuovere con la loro azione concreta gli ideali del Vangelo».
Nella sua storia, racconta ancora Rigoletto, la Fratres ha contribuito a far affermare in Italia il principio della gratuità della donazione di sangue. L’associazione si è diffusa rapidamente in tutta Italia, seguendo la diffusione delle Misericordie: prima tutta la Toscana, poi anche Sicilia, Puglia, Veneto «Dovunque le Misericordie arrivavano per interventi di solidarietà, lì lasciavano un seme che faceva germogliare nuove confraternite. E lì nasceva anche la Fratres, perché la carità deve essere totale, e la donazione di sangue non può mai essere dimenticata». Un cammino lungo e costante: «Ma siamo appena all’inizio commenta Pugi la Fratres è una bambina, ancora deve crescere tanto».
Un altro «testimone» è il dottor Paolo Paoletti, che ha iniziato a frequentare la Fratres cinquant’anni fa come medico: «Mi chiesero di seguire le giornate di raccolta. Erano tempi pioneristici, si andava in giro per far conoscere alla gente quanto fosse semplice e importante donare sangue. A Firenze don Armando Corsi organizzava gli Equipaggi della Speranza, che avevano lo scopo di raccogliere sangue ma soprattutto di diffondere la cultura del dono e di stimolare nelle parrocchie la nascita di gruppi Fratres».
Il dottor Paoletti ricorda quegli anni con nostalgia: «Era un momento di grande fervore, c’era tanta buona volontà, tanta voglia di fare. Si andava nei paesi, nei quartieri, erano momenti di festa, c’era sempre una grande accoglienza. Attraverso la Fratres conobbi Mario Nava, grande animatore dell’associazione, e rimasi affascinato dalla sua grande umanità: è anche a causa sua se sono rimasto impigliato nella rete Fratres, con mia grande soddisfazione».
Trent’anni fa, racconta ancora Paoletti, il bisogno di sangue era molto più forte di oggi: «la donazione era ancora poco diffusa, c’era l’abitudine di donare solo se un proprio parente o amico ne aveva bisogno. Erano donazioni occasionali che non garantivano né la quantità né la qualità del sangue». Molte persone, allora, si rivolgevano alla Fratres se avevano bisogno di una trasfusione ma non avevano nessuno che potesse donare sangue per loro. Fu messo su, ricorda Paoletti, una sorta di «conto corrente del sangue» in cui chi aveva disponibilità «versava», e chi aveva bisogno poteva attingere.
«Oggi, per fortuna – commenta Paoletti – non c’è più bisogno di queste iniziative». In questi ultimi trent’anni proprio l’impegno della Fratres ha contribuito a far crescere la maturità e la consapevolezza dei donatori: «Oggi chi dona non si preoccupa di sapere a chi andrà il suo sangue; si punta sulla fedeltà del donatore. Il donatore periodico è una persona responsabile, che sicuramente evita quei comportamenti che possono mettere a rischio la sicurezza del sangue. E questo, nonostante tutti i possibili controlli che le moderne tecnologie permettono di fare, è ancora l’unico modo per poter garantire a chi riceve trasfusioni la massima sicurezza di ricevere sangue pulito».